| 13/12/2012 | 09:10 Non ha certamente perso la grinta e il modo diretto d’esprimersi, senza molti giri di parole, senza troppi minuetti verbali, Giancarlo Ferretti, in arte “Ferròn”, figura di particolare spicco e ben definita personalità nella categoria dei direttori sportivi di ciclismo dove vanta una carriera ultratrentennale, sempre alla guida di formazioni di primissimo piano. Squadre che si sono ogni volta connotate e plasmate sullo spirito e sulle convinzioni strategiche e tattiche del d.s. romagnolo. Pensando di conoscerlo, crediamo non dispiaccia per niente a Giancarlo Ferretti d’essere paragonato a un altro romagnolo, della vicina Russi, poi trasferitosi a Dozza, Luciano Pezzi che ha precorso e, in un certo senso, gli ha indicato la strada. Entrambi sono stati gregari di lusso, nel senso più compiuto del termine, mettendo da parte anche legittime ambizioni personali per dare tutto in favore della squadra per poi mettere a frutto, praticamente senza soluzione di continuità, con vero spirito di servizio, le esperienze nel ruolo di direttore sportivo. Definizione che, visto lo spessore dei due personaggi, può sembrare, anzi lo è, riduttiva, almeno nell’accezione moderna. Impegno costante, rapporto diretto, assiduo, giornaliero, con i propri corridori, meticolosa organizzazione e cura di ogni particolare sono alcune fra le caratteristiche che hanno unito i due romagnoli della bassa ravennate che, seppure in anni diversi e con stili diversi (più diplomatico e paternalistico Pezzi, più diretto e imperativo Ferretti), hanno esercitato, con spiccato carisma, quella che oggi si definisce “leadership”. Del resto, in un certo senso, Ferretti ha raccolto il testimone da Pezzi avendo quale straordinario anello di congiunzione Felice Gimondi. E qui il discorso investe, oltre all’aspetto puramente tecnico, un rapporto di stima e d’amicizia che traspare con grande evidenza e con ricchezza d’episodi e momenti significativi nelle pagine del libro. In ordine cronologico sono ricordati i 12 anni alla Bianchi, gli 8 con l’Ariostea, i 4 con la MG per terminare con i 6 anni alla Fassa Bortolo che hanno totalizzato 870 (ottocentosettanta, è meglio scriverlo anche in lettere, come per gli assegni….) vittorie complessive per le squadre sotto la direzione di “Ferròn”. Il libro offre, con grande profusione, ricordi, considerazioni, valutazioni, giudizi e sentimenti che hanno contraddistinto la carriera di Ferretti che conclude il libro con: “Grazie Alessandro, Michele, Ivan, Pascal, Moreno, Gianni, Felice e alle centinaia di altri corridori e collaboratori che hanno condiviso con me queste straordinarie avventure”. I cognomi collegabili ai nomi citati da Ferretti sono facilmente individuabili. Sono ricordati anche tutti i corridori, i direttori sportivi, i massaggiatori, i meccanici, gli autisti che l’hanno accompagnato negli anni e a tutti Ferretti non fa mancare il suo grazie così come alla sua famiglia che l’ha sempre sorretto nel “cammino di un uomo che ha fatto del ciclismo la sua ragione di vita”, come recita il sottotitolo del libro e, nello specifico della pubblicazione, la Banca di Romagna e la Edit Faenza che, con il loro apporto, hanno notevolmente favorito la realizzazione del libro. Gianni Mura e Marino Bartoletti, nella prefazione, hanno tratteggiato con il loro personale stile la figura e i ricordi che li legano a Ferretti mentre l’introduzione di Felice Gimondi è la testimonianza di un affetto e un’amicizia cinquantennale. E, in linea continua diretta, esplicativa del titolo, in copertina è proposto il ritratto del “sergente di ferro” con espressione decisa e occhiali Ray-Ban, proprio come sovente è rappresentato il sergente addestratore dei marines della cinematografia USA. Un sergente che ha fatto carriera Ferretti, proprio come certi sottufficiali di Napoleone che, sul campo, hanno conquistato il bastone di generale. Il libro è disponibile presso le Librerie dello Sport o si può richiedere a www.editfaenza.com
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