EDITORIA.«Road to Valor», Bartali il Giusto, sbarca negli States
| 12/06/2012 | 12:49 Nell'immaginario collettivo degli
italiani la mano di Gino Bartali resta immortalata nell'atto di
passare (o ricevere, chissà) una borraccia al rivale di sempre,
Fausto Coppi. Ma a quella mano - e a quelle gambe - si deve
probabilmente molto di più: l'aiuto di un 'giustò a centinaia
di ebrei negli anni oscuri della persecuzione nazista. Lo
documentano le nuove informazioni sulle attività clandestine
condotte durante la seconda guerra mondiale da Bartali per
salvare la vita di numerosi ebrei in Italia contenute in una
nuova biografia ('Road to Valor', edizioni Crown, pp. 318)
pubblicata in questi giorni negli Stati Uniti dalla giornalista
Aili McConnon e dal ricercatore storico Andres McConnon.
Il libro - il primo del suo genere in inglese dedicato al
campione di Ponte a Ema (Firenze) - offre una panoramica sulla
vita travagliata di Bartali fin dagli albori della gloria
sportiva, in un periodo in cui la passione per il ciclismo
diventava un vorticoso fenomeno di massa. Ma l'altra faccia
della notorietà acquisita con le prime spettacolari vittorie
(come quella del Tour de France del 1938) fu rappresentata dal
tentativo del regime fascista di utilizzarle a fini
propagandistici, mentre incombevano le Leggi razziali. I
McConnon notano che a Parigi, al termine del Tour, Bartali si
astenne ostentatamente dal rendere omaggio al Duce. Un suo
agente notò poi con disappunto, in una nota segreta, che il
campione aveva solo "farfugliato". E al suo ritorno a Firenze,
per ritorsione del regime, "nemmeno un gatto lo aspettava alla
stazione".
Influenzato dai principi di giustizia sociale instillatigli
dal padre, Torello Bartali, 'Ginettacciò traeva inoltre
ispirazione dagli insegnamenti umanitari del
cardinale-arcivescovo Elia Dalla Costa, che ancora pochi mesi
prima si era rifiutato di partecipare alle cerimonie di
benvenuto a Firenze organizzate in onore di Adolf Hitler. Fu lo
stesso cardinale - scrivono i McConnon - a convincere Bartali,
nell'autunno 1943, ad entrare in una rete clandestina
organizzata fra la Toscana e l'Umbria per salvare gli ebrei
dalle persecuzioni.
Sfortunatamente, notano gli autori, Bartali non ha mai
lasciato un resoconto di prima mano su quell'incontro decisivo
che nel frattempo è stato ricostruito grazie ai ricordi di
altri testimoni nonchè dei familiari del campione. Di
particolare rilievo risulta adesso la dettagliata deposizione di
Giorgio Goldenberg (un ebreo oggi anziano, residente in Israele)
che ha raccontato come i genitori e lui stesso con la sorella si
nascosero a lungo in un cantina messa a loro disposizione
proprio da Bartali e da suo cugino Armando Sizzi, in un cortile
presso via del Bandino (Firenze). Sulla base dei resoconti di
testimoni e superstiti, i McConnon confermano che Bartali fece
ripetutamente la staffetta con Assisi, nascondendo nella
bicicletta documenti falsi necessari per salvare le vite dei
perseguitati. Nei loro calcoli, quella rete clandestina soccorse
almeno 330 ebrei in Toscana e altri 300 in Umbria. Altri stimano
il numero complessivo in 800.
Un'attività condotta sul filo del rasoio che nel luglio 1944
lo portò fra l'altro a tu per tu con il famigerato maggiore
Mario Carità, colui il quale - osservano i biografi americani -
"voleva essere l'equivalente italiano di Heinrich Himmler", il
capo della Gestapo. I McConnon ipotizzano che Bartali abbia
temuto allora che la vera natura delle sue puntate ad Assisi o
l'aiuto ai Goldenberg fossero stati scoperti. Si salvò per il
rotto della cuffia.
"La strada del valore è fatta di avversità ", concludono
gli autori a suggello di questa avvincente narrazione. Una
biografia da cui Bartali emerge una volta di più come un
personaggio quasi da leggenda: non solo per le straordinarie
doti agonistiche, ma più ancora per il suo impegno sul crinale
d'un silenzioso eroismo in difesa di valori umani universali. (di Aldo Baquis - ANSA).
Gino era grande sulla bici e anche senza bici,il suo ideale fu l'onestà e il grande affetto e disponibilità per chi a quei tempi soffriva le discriminazioni raziali, rischiando anche la vita, andando oltre le battaglie che faceva nelle gare con gli altri Campioni suoi rivali.
Ho avuto la fortuna di conoscerlo avendo poi rafforzato un grande rapporto di stima e affetto.
Molte verità si trovano nel libro "Gino Bartali, mio papà"raccontato dal figlio Andrea.
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Loriano Gragnoli
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