Attenzione a Uran Uran: non è una ripetizione, né un gruppo musicale anni Ottanta. Trattasi di scalatore colombiano che a 25 anni ha già molte cose da raccontare: le più belle sono un quinto posto alla Liegi e un terzo al Lombardia, la peggiore è una caduta in cui nel 2007, dopo aver lasciato il suo scopritore Bordonali, si fratturò entrambi i gomiti. Per questo è uno che non ha l’abitudine di gesticolare o di far gestacci, e men che meno di alzare le mani sugli altri: l’impassibilità, che in questo Giro si sta dimostrando la sua vera forza, non è solo un fatto di carattere. Dallo scorso anno, Uran Uran (si chiama davvero così, non è colpa di un ufficiale dell’anagrafe balbuziente), veste la maglia di Sky. Pare che il superteam inglese lo abbia voluto per un motivo: fa paura in salita e non solo in salita. Suo malgrado, il colombiano ha una faccia di quelle che, se sbucano di notte da un angolo buio, sono tutto fuorchè rassicuranti: per questo la tv satellitare gli ha già proposto, nel tempo lasciato libero dalle corse, di fare da testimonial a Fox Crime oppure di provare a recitare in una delle series più in voga, tipo Law and Order o Criminal Mind. Non deve preoccuparsi, il caro Rigoberto, che vedendo aumentare le sue quotazioni presto sarà ribattezzato Uran Uran Uran Uran: l’immagine di un ciclista non è certo la sua faccia. Altrimenti il Giro non avrebbe come direttore l’ottimo Allocchio, che da corridore in gruppo chiamavano Magilla: soprannome che pare non gli abbiano dato per la somiglianza ad Alain Delon. E in carovana non si aggirerebbe uno in moto che assomiglia al Trota. Di volti strani storicamente se ne vedono parecchi: fra i tanti, negli anni Novanta, il belga Van den Abbeele, un lungagnone che oggi fa il massaggiatore alla Rabobank. Come già allora, anche adesso lo invitano a non aggirarsi di notte nei corridoi degli alberghi: il perché è facile da immaginare. Restando nelle retrovie, Uran Uran, che la Rai si guarda bene da mostrare in primo piano limitandosi ad inquadrarlo di spalle, si è infilato nelle zone nobili del Giro: con le montagne, minaccia di far meglio. Intanto si è già messo indosso la maglia della classifica dei giovani, che aveva vestito anche al Tour: è l’unico errore strategico. Non solo perché l’ha fatto uscire dall’anonimato, ma perché chi non è Brad Pitt non deve far sapere che va in bianco.
La frase della settimana. «E’ stata una tappa difficile come quelle che abbiamo affrontato fin qui». (Ivan Basso dopo la prima, la seconda, la terza, la quarta, la quinta…).
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