ATTACCHI & CONTRATTACCHI. Complesso d'inferiorità

| 18/05/2012 | 19:13
di Cristiano Gatti


Ha vinto Cavendish, grande Cavendish. Nel suo terzo capolavoro, trovo che l’unica sbavatura sia quella legata al nome di Ferrari. Appena dopo la premiazione, il campione del mondo riparte con il disco contro l’avversario bresciano, colpevole della famosa manovra killer di Horsens: “Goss è stato corretto, ci fosse stato Ferrari non sarebbe andata così”. E ancora: “Ho paura quando mi trovo vicino Ferrari”.
Forse sarebbe il caso di chiuderla lì. Ferrari non può smettere di esistere, si è già abbastanza flagellato. Oltre tutto, ha ricominciato a disputare sprint correttissimi. Basta, per favore. Cavendish deve provare ad essere campione del mondo anche di stile: quello che pensa di Ferrari è ormai abbastanza chiaro, provi adesso a voltare pagina. Se ce la fa.
Piuttosto, si metta un po’ nei panni del Giro. Nemmeno il tempo di chiudere la premiazione per la terza vittoria, e subito via con il solito psicodramma: tutti in ginocchio davanti a Cavendish, cercando di intuire dai suoi sguardi e dalle sue smorfie se resterà ancora un po’, implorandolo apertamente di non andarsene.
E’ dal primo giorno che questo Giro vive nel terrore, paralizzato dal suo senso di inferiorità. Ha l’incubo che i pochi big presenti lo snobbino e se ne tornino a casa. Cominciando la corsa in Danimarca, ci siamo chiesti se avrebbero corso sul serio o soltanto per preparare il Tour, per onorare obblighi di squadra, per fare un po’ di chilometri in scioltezza, magari fino ai piedi delle montagne. Poi, strada facendo, l’angoscia crescente dell’annuncio temuto: Schleck se ne va, Cavendish se ne va, questo si ferma qui, questo si ferma là.
E’ veramente una pessima situazione. Per dirla tutta, non se ne può più. Dannazione, siamo pur sempre al Giro d’Italia, non alla sagra della tinca. E va bene, tutti fanno la coda per correre il Tour, tutti si farebbero torturare pur di arrivare a Parigi. Lo sappiamo, quella è la corsa numero uno. Ma subito dopo c’è questa, la nostra amata corsa italiana, numero due al mondo. Non dico che i campioni dovrebbero picchiarsi per esserci e per restarci, ma quanto meno dovrebbero avvertire l’onore e l’orgoglio di calpestare quel palco. E’ vero, le stagioni sono lunghe e stressanti, quest’anno ci sono pure le Olimpiadi. Ma non credo che le vittorie di Cavendish al Giro siano poi così secondarie, nel bilancio di un’annata. E neppure la maglia rossa di Milano, se mai ci arriverà.
Che cos’è, allora, che manca? Cos’è che ci obbliga a fare da zerbini sotto i piedi di queste star? E’ una domanda che giro per competenza ai creativi creatori della corsa rosa. Intendono andare avanti ancora a lungo, negli anni, in ginocchio davanti ai Cavendish, cercando di intuirne le intenzioni, cercando di mendicare un po’ di compassione? Oppure si può fare qualcosa di più e di meglio perché un giorno non troppo lontano siano loro a chiedere di venire in Italia, con le migliori intenzioni di restarci fino all’ultima tappa? Non so bene quale sia la soluzione. So per certo che non possiamo più sopportare di alzarci tutti la mattina con la chiara sensazione d’essere presi in giro.

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COMMENTI
c'e' sempre una prima volta
18 maggio 2012 19:23 true
Per la prima volta concordo con Cristiano Gatti, non che debba interessarvi.
Saluti :-)

Ma alla fine...
19 maggio 2012 06:03 donromano
Scusami, Cristiano: ma chi sarà mai questo tal "cavendisc"?
L'anno prossimo non avrà più quella maglia con l'iride addosso, e resterà solo uno che vince corse lunghe 3 km dopo essere stato portato in carrozza dai compagni fino a lì, non è il padre eterno, non è neanche uno di quelli che cambiano il corso della storia, un benefattore dell'umanità. È solo uno che mena i pedali un po' più forte di qualcun altro in certe condizioni. Forse, se quando si attacca alle ammiraglie lo si mandasse a casa, diventerebbe un po' più umile, e gli farebbe bene. A lui e al giro, che ne guadagnerebbe in dignità. Tu che sei lì, diglielo: è solo un ragazzino presuntuoso. Buona terza settimana, chissà che cominci a divertirti. E anche noi.

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