LONDRA 2012. La metropolitana avrà una fermata Paolo Bettini

| 07/04/2012 | 12:03
Una bella idea con incidente diplomatico. Annunciato e rientrato a tempo di record. Il Comitato organizzatore di Londra 2012 (27 luglio-12 agosto) ha avuto l'idea di rielaborare la cartina del metro di Londra (prima linea inaugurata nel 1863), dando vita a una «Olympic Legends Map»(costo 3,99 sterline, 5 euro), destinata ad essere stampata anche sulle magliette. Le 361 stazioni della Tube hanno già preso il nome di 361 atleti che hanno vinto un oro olimpico oppure che hanno inciso nella storia dei Giochi. La scelta è stata affidata a due giornalisti sportivi, Alex Trickett e David Brooks. Nonostante la loro preparazione, si sono dimenticati di inserire il nome di Fanny Blankers Koen. L'omissione (non l'unica) ha suscitato le vivaci proteste del Comitato olimpico olandese, le scuse di quello inglese, l'assicurazione che tutto verrà corretto a tempo di record. Ma l'errore resta da matita blu, per due motivi. Perché Fanny Blankers Koen (1918-2004) ha vinto quattro medaglie d'oro in una stessa edizione dei Giochi (100, 200, 80 ostacoli e 4x100) e perché una delle più grandi imprese della storia olimpica era stata realizzata proprio a Londra '48. Senza dimenticare che Fanny è passata alla storia come la «mammina volante», perché aveva vinto a Londra, quando era già mamma di due bimbi.
Fra i 361 campioni scelti per trasformare uno dei simboli di Londra in una parata di stelle hanno trovato posto anche azzurri e azzurre. Ci sono le fermate dedicate a Nedo Nadi, sei ori nella scherma fra Stoccolma 1912 e Anversa 1920; Edoardo Mangiarotti, sei volte d'oro fra il '36 e il 60 (ma in tutto le medaglie olimpiche sono 13); Klaus Dibiasi, tre volte campione olimpico dalla piattaforma (Messico '68, Monaco '72 e Montreal '76); Pietro Mennea, primo nei 200 a Mosca; Paola Pezzo, due volte olimpionica nella mountain bike (Atlanta '96 e Sydney 2000); Paolo Bettini, primo ad Atene 2004 nella gara su strada, mentre la linea che parte dall'aeroporto di Heathrow ha tre stop uno dopo l'altro dedicati ad Agostino (tre ori), Giuseppe e Carmine Abbagnale (due ori), grandissimi del canottaggio. Non ci sono Livio Berruti (storico oro dei 200 a Roma '60), Sara Simeoni (alto a Mosca '80), i marciatori Pamich ('64) e Damilano ('80) o Stefano Baldini (maratona 2004) però si sono almeno ricordati di Dorando Pietri, che aveva tagliato per primo il traguardo della maratona 1908, ma che era stato squalificato perché, stremato dalla fatica, era stato aiutato dai giudici a tagliare il traguardo.
Pietri non è l'unico inserito nella «Olympic Legends Map» a non aver vinto l'oro: ci sono fra gli altri Ron Clarke (23 primati mondiali in carriera), che nel '68, era stato rianimato dopo aver tagliato il traguardo dei 10.000 oppure la mezzofondista Zola Budd, costretta a fare i conti con l'apartheid sudafricano. E ancora: Pamela Radcliffe, che ha corso la maratona in un tempo fantastico, ma che ai Giochi ha sempre sofferto. C'è una stazione dedicata a Seb Coe, il presidente del Col londinese, doppio oro dei 1.500 fra Mosca '80 e Los Angeles '84 e il suo rivale, Steve Ovett, oro degli 800 a Mosca.
Chi parte dalla linea Central per andare allo stadio Olimpico parte dal capolinea intitolato a Jesse Owens (la freccia di Berlino '36, quattro medaglie d'oro), cambiare alla Carl Lewis e scendere alla Michael Phelps. Al nuotatore statunitense, 16 medaglie olimpiche e 14 d'oro (otto a Pechino 2008) è dedicata la fermata dello stadio. Victoria Station è diventata la stazione di Usain Bolt; Westminster è stata ribattezzata Evelyn Ashford (4 ori nella velocità); Canary Wharf porta il nome di uno dei più grandi pugili di sempre Ray Sugar Leonard, così come è stato ricordato Cassius Clay, con il nome con il quale vinse l'oro dei massimi a Roma '60 quando aveva 18 anni. Un capolinea rende omaggio a Mark Spitz, sette ori nel nuoto a Monaco '72. Fra i cestisti ci sono Michael Jordan, Kobe Bryant e Magic Johnson; fra i calciatori ha avuto un riconoscimento anche Lionel Messi, oro con l'Argentina a Pechino 2008; fra i ciclisti, c'è Miguel Indurain, capace di vincere ad Atlanta '96 il titolo olimpico a cronometro, subito dopo aver perso il Tour. L'ultimo lampo prima di ritirarsi.


da «Il Corriere della Sera» del 6 aprile 2012 a firma Fabio Monti
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