DA TUTTOBICI. Il doping e un sogno in più

| 26/12/2011 | 09:35
C’è un mondo conosciuto che ci turba ancora, nello sport e nel ciclismo. Anche, se non ancora più, in queste ultime settimane che dall’agonismo maggiore hanno naturale distanza, se non nostalgia.
E sono le voci che da più palcoscenici, ed anche da ambiti totalmente differenti, si levano su questa problematica.
Voci roboanti che possono anche durare lo spazio e l’apertura di un quotidiano, certo, e nello specifico essere sommerse l’indomani, ma che pure incidono una traccia perdurante in chi sul doping e sui suoi aspetti molteplici ha dedicato impegno ed ingegno.
E allora non è possibile sottostimare una volta ancora, alla luce delle ultime pagine di cronaca, il distinguo che esiste nel doping tra sport e sport. Vogliamo dire meglio: tra ciclismo e calcio.

Bene - o male... -, l’au­torevole Le Monde è appena stato condannato dal Tribunale Supremo Spagnolo a pagare una cifra, pur non esorbitante per il giornale più acclamato dell’universo, di 15.000 euro, per essersi permesso di accostare in due articoli il Barcellona calcio all’Ope­ra­cion Puerto e a quel dottor Fuentes che ne era il fulcro, sulla base di “do­cu­menti confidenziali”. La cui veridicità, secondo la Cas­sa­zione spagnola che quantomeno ha ridotto di parecchio una iniziale sanzione di 300,000 euro, non sarebbe stata sufficientemente controllata dal giornalista.
Ma è altresì stridente che un paio di giorni dopo Oscar Pe­reiro, lo spagnolo che vinse il Tour 2006 per la squalifica di Floyd Landis e successiva­mente fu coinvolto in una “que­relle” al salbutamolo, va­da a stigmatizzare a voce piena, proprio in una trasmissione televisiva dedicata al calcio, la incredibile disparità di trattamento al ri­guardo tra calcio e ciclismo: se non un sacro timore reverenziale, an­che nei media, verso il pianeta football. Facendo menzione di una “storica” positività al nandrolone per il guru Guardiola e di un trattamento di “ringiovanimento” del sangue cui si sarebbe sottoposto a suo tempo Zidane. «I ciclisti tutti dopati, e i calciatori tutti superdotati...».

Basta così, davvero ci viene voglia di smettere di leggere e descrivere la realtà di questo argomento, tan­to ci feriscono tuttora queste VE­RITÀ che tali esistono per noi da sempre e per altri contano un giorno. E non hanno un giudizio terzo che non ci appaia di parte: pure i giudici, mica solo gli avvocati, di­fensori dei poteri più forti. E non sono rivendicabili.
Se non facendo nostro quanto ha osservato con lucida ironia - ancora su Le Monde, e non per caso, certamente - il tennista Yannick Noah. «Se gli spagnoli, da atleti prima normali, sono diventati oggi i dominatori in tutti gli sport, eb­bene forse sarà perchè assumono davvero una pozione magica». Ed a questo punto, cari amici, la be­vanda di Cagliostro o l’intruglio diabolico di Totò al Giro d’Italia, non è forse meglio liberalizzarli anche per gli altri, senza dolerci di coinvolgere il calcio? «Free do­ping», per lo sport professionistico. Come disse quindici anni fa, in una intervista a Titta Pasinetti che suonò provocatoria, do you remember?, un intenditore che di queste cose era testimone, e non martire: il dottor Michele Ferrari. Senza più gridare allo scandalo, ormai.

Noi ci teniamo per buo­no quanto emerso al recente Convegno di Faenza e ratificato dal p.m. Ettore Torri: «i ciclisti non sono più tutti dopati». È una verità umile. Ma utile. Per il futuro, purtroppo. E non per il presente che non ha avuto franca discontinuità - come in certa politica, d’altronde - con il passato. E continua a pagarne il dazio.
Ma non possiamo ovviamente rassegnarsi che sia questo - una riduzione dei suoi peccati - il valore del ciclismo, come sport e come fantasia.

Per fortuna che c’è an­cora lo spirito di Mar­co Polo, a bordo del suo Cycling Team, a darne buon con­to. Con la straordinaria interpretazione olandese di Gudo Kramer che ha an­nunciato che l’anno pros­si­mo il suo Marco Polo Cy­cling Team, una formazione che  ha fatto conoscere in ciclismo in Asia, con Dahlberg e Van Bon, l’anno prossimo cambierà continente. «Ormai la Cina e l’Asia il ciclismo lo hanno imparato bene, ci sono corse su corse, squadre su squadre...». Cominceranno ad esplorare l’Africa. Correndo con licenza etiope. Dalle falde del Ki­limangiaro fino al Capo di Buona Speranza.
La bici, nel mese di Natale, è an­cora un amore in più. (Non un peccato in meno).
 
di Gian Paolo Porreca
da tuttoBICI di dicembre

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COMMENTI
PIANO PIANO...................
26 dicembre 2011 20:42 ewiwa
Daccordissimo su queste tesi.....prima era una provocazione ora piano piano si inizia a parlare di doping libero "per eliminare disparità" e questo è il punto....non credo che tutte le altre nazioni si conportano con il doping come fa l'Italia e penso che di noi ridono tutti....

Dicevano i latini..... Dottor Porreca.
27 dicembre 2011 17:20 Bartoli64
Egregio Dott. Porreca,

ho ancora in mente un Suo articolo degli anni ’90 nel quale denunciava il preoccupante ricorso di numerosi ciclisti alla clinica del Prof. Chevalier in Francia, struttura nella quale si facevano operare - in quegli anni bui del doping più selvaggio - per evitare trombosi ad una particolare vena della gamba, che ha la maledetta caratteristica di compiere un tortuoso percorso nei tessuti muscolari e che perciò mal si coniuga con un sangue troppo denso.

Oggi, però, leggo su Tuttobici.web di una Sua (velata) ipotesi di doping libero……..

Cos’è? Anche Lei si è dato al “giornalismo provocatorio”? Per favore…. mi dica di no anche se è si!

Lei è una persona troppo sensibile, troppo intelligente, troppo medico per avvalorare un tesi così sciagurata, ragion per cui voglio considerare il sovrastante report come una prova piuttosto infelice di una carriera (medica e giornalistica) sin qui davvero esemplare.

Com'è che dicevano i latini Dott. Porreca? “Primum non nocere”!

Ma questo Lei lo sa benissimo senza che io stia qui, in questa sede, a ricordarglieLo.

Bartoli64

P.S. a fronte di un Procuratore come il Dr. Torri che afferma come nel ciclismo le cose stiano pian, piano, cambiando (e basta con lo strazio di quella famosa frase - peraltro incompleta - del “i ciclisti sono tutti dopati”), c’è sempre un Presidente della WADA che denuncia tutta la sua seria preoccupazione per una vera e propria galassia di sostanze dopanti che ancora sfuggono ai controlli(!)

Ma, anche questo, non c’è bisogno che glielo rimembri io Dottore…..

Certi “pezzi” li lasci scrivere ai “provocatori di mestiere”, perché Lei ha molto di più da perdere rispetto a loro.

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