
Novanta oggi, per una vita incominciata in un ieri di tanti anni fa. Novant’anni per un uomo che di paura non ne ha, ma cammina ancora oggi fiero a testa alta e a petto in fuori. Novant’anni per Dino Signori, il Signor SIDI per una vita, uno di quei signori che ha contribuito a creare uno stile nel mondo dell’industria italiana della bicicletta.
Scarpe grosse e cervello fino, ma è meglio non dirgli delle scarpe grosse, perché lui quelle le ha fatte, progettate e costruite per bene, per anni. Cervello fino tanto, volontà di ferro anche, scarpe a misura, guai farle male. Mani forti, fortissime, come tenaglie, che per una vita hanno tastato, piegato e accarezzato con cura cuoio e pelli.
Una vita a lavorar con le mani e con il cuore, pensando ai piedi: degli altri. Quante suole consumate, ma soprattutto quante da cucire. Una in fila all’altra, in piena guerra, con le bombe che tolgono l’appetito, e la fame che morde lo stomaco. Anni di vita agra, prima con l’incoscienza di un bimbo che per gioco incomincia subito a lavorare con i grandi, e poi con la speranza e la consapevolezza che il domani gli avrebbe riservato un mondo migliore.
«Ho sempre amato le addizioni ma soprattutto le moltiplicazioni. Mi piaceva da pazzi far di conto, ma guai andare indietro, sottrarre o dividere qualcosa: quello non mi piaceva e non mi piace neanche un po’». Dino Signori inizia così a raccontarsi ne “Dino Signori, dalla testa ai piedi”, Prima Pagina Edizioni, 2014. Figlio di mamma Rosetta e papà Martino, viene alla luce a Maser il 7 ottobre del 1935. «Papà era di buona famiglia: avevano terreni e commerciavano cavalli a Caerano San Marco, a due passi da casa. Poi tutto è cambiato e papà soleva ripeterci sempre la stessa cosa: sono andato a militare ricco e una volta tornato a casa non avevamo più nulla».
Tosto, cocciuto e determinato come pochi, Dino Signori. Poche parole e tanti i fatti: un po’ come tutta quella generazione di ferro che si è trovata di colpo ad avere «fiero l’occhio e svelto il passo». Poche manfrine o piagnistei, tanta voglia di fare. C’era da aiutare in casa, e soprattutto da imparare un mestiere che garantisse a tutti un futuro.
Poco pane e tanti sogni: in questo clima Dino Signori è cresciuto, si è formato e misurato. Mai timoroso di nulla, con la consapevolezza che con la volontà tutto era possibile. Non ha perso tempo a piangersi addosso, ma fin da bimbo si è rimboccato le maniche. Dice un proverbio cinese: «prima di giudicare un uomo cammina per tre lune nelle sue scarpe». Ecco, Dino Signori non ha mai speso tanto tempo a giudicare l’operato degli altri, ma ha dedicato una vita a far camminare bene, tutti. In un certo senso si è sempre messo nelle scarpe degli altri. Il suo sogno, come molti in questo lembo di terra, punto d’incontro fra pianura e montagna, era quello di far scarpe. E farle bene. E, soprattutto, che potessero essere comode e durare il più a lungo possibile.
Lavora come un musso, corre anche in bicicletta, con quello spirito battagliero che lo contraddistingue. Ha i numeri per poter diventare qualcuno in sella alla sua “Freccia d’oro”. Corre in pratica fino al ’55, categoria dilettanti. Vince anche 22 gare. Nella sua ultima stagione ne corre 17 e ne vince 11: il ragazzo ha stoffa. Fisico possente da grande passista, e spunto da “finisseur”, capace di tramortire tutti con le sue brucianti progressioni. «Ero bravo a rilanciare l’azione, a non mollare e a tenere una velocità elevata per lungo tempo, fino al traguardo», racconta ancora oggi con orgoglio.
Oggi un altro traguardo non lo taglia ma lo raggiunge, lo aggiunge, lo cataloga per metterselo alle spalle, anche se lui è solito guardare solo davanti al suo naso, possibilmente anche più in là. Noi gli auguriamo ogni bene, rinnovandogli quello più prezioso: stare bene per ancora un po’, per aggiungere traguardi a traguardi, uno dopo l’altro, da vero passista, con meno ferocia di un finisseur.
Non c’è fretta, anche se lui è sempre in pena, sempre in movimento, sempre lì per essere un attimo dopo da un’altra parte. Un passo indietro e soprattutto lontano dagli sguardi indiscreti, per una sua innata discrezione o idiosincrasia a stare in una agorà, preferendo un’ombra che illumina e non adombra il suo cuore. Oggi i suoi cari - Rosella e Daniele, Giulia e Alessia, Raffaele, Anna e Nicoletta - è probabile che metteranno in scena una festa che lui accetterà borbottando come al suo solito, inducendo a scuse inimmaginabili per concedersi a dosi omeopatiche. Un pranzo frugale, un brindisi appena accennato, una stretta di mano che si fa sentire, come sempre e più di sempre. Una stretta al cuore, per novant’anni pieni di molto e arricchiti da tutto. Tanti auguri Dino, tanti auguri al Signori del ciclismo.