CINA. La bici è vicina

| 16/10/2011 | 09:27
In Italia s’inaugura il Giro della Padania, in Cina va in scena il Tour of Beijing. Prima tappa, mercoledì 5 ottobre, Pechino-Pechino (dal Bird’s Nest al Water Cu­be), cronometro individuale, 11,3 km. Seconda tappa, giovedì 6 ottobre: Pe­chino-Mentougou, 133,5 km. Terza tap­pa, venerdì 7 ottobre: Shuangyu Island-Yongning Town, 162 km. Quar­ta tappa, sabato 8 ottobre: Pechino-Pechino (da Guichuang Square a Shunyi Olympics Aquatic Park), 189,5 km. Quinta (e ultima) tappa, domenica 9 ottobre: Pechino-Pechino (da Piazza Tienanmen al Bird’s Nest), 118 km. Cen­tottanta corridori (nove per ciascuna delle 18 squadre ProTour, previste forti penalità per chi non risponde all’invito, ma c’è la fila di squadre Professional che farebbero carte false per prendere il via; in più le nazionali cinese e australiana), 850 persone fra responsabili, atleti e staff, un costo che - a occhio - potrebbe arrivare a 10 milioni di euro. L’anno. Che per quattro anni fanno 40 milioni di euro. Un investimento record, un budget senza precedenti.
Con un miliardo e mezzo di persone, qui sono abituati a dover fare le cose in grande. Anche stavolta: spese a carico del governo cinese, commissione pagata all’Uci che s’impegna a obbligare le squadre a partecipare anche se si tratta dei tempi supplementari di un calendario perfino esagerato (viaggi e sistemazioni sono comunque pagati), un comitato organizzatore locale affiancato da una ventina di tecnici dell’Aso (la so­cie­tà che organizza Tour de France, Pa­rigi-Roubaix, Freccia Vallone...), e una febbre - gialla, ovviamente - che sta con­tagiando Pechino e città ormai sa­telliti.
La via della seta ha finalmente portato il ciclismo, che è solo l’espressione sportiva e spettacolare di una filosofia sociale ed economica. Il Tour of Bei­jing ha gli obiettivi di promuovere bici e ciclismo, sport e spettacolo, salute e ambiente, vita sostenibile ed energie pulite e rinnovabili.
«Pechino - spiega Li Yingchuan, direttore dell’Ufficio sport di Pechino - ha una strategia ben definita per quanto riguarda le politiche dell’ambiente e dell’energia. E noi vediamo il Tour of Beijing come il mezzo più adatto per supportare questa strategia. Il Tour of Beijing sarà il modo più convincente per tirare fuori i cittadini dalle macchine e riportarli sulle bici, il mezzo tradizionale di trasporto in Cina».
A ingigantire, moltiplicare e globalizzare l’evento, ci penseranno anche la Beijing TV, con la trasmissione dei 90 minuti finali di ogni tappa, con un programma riassuntivo di 52 minuti e con una serie di servizi di aggiornamento di 3 minuti.
In 52 anni di attività ufficiale, la Chi­nese Cycling Association (la federciclo ci­nese è nata nel 1959 a Pechino) ha prodotto le corse a tappe del Qinghai Lake (in luglio), di Hainan (in novembre) e del South China Sea (in dicembre), frequentate da squadre non sempre di prima fascia, anzi, a volte composte più da avventurieri che da professionisti. Tant’è vero che la formazione cinese più nota, la Marco Po­lo, anche se valorizzata da alcuni professionisti europei (come gli olandesi Leon Van Bon e Maart Tjallingi) e africani, si è sempre misurata in competizioni che ancora sanno molto di esplorazione (come il Tour du Faso, in Bur­kina Faso). E se il primo approccio con il grande ciclismo mondiale non è stato certo felice (Li Fuju, il primo professionista cinese nel ProTour, ingaggiato da RadioShack, è stato trovato positivo per il Clenbuterolo e sospeso due an­ni), questo Tour of Beijing promette di essere molto più fortunato. Intanto i cinesi appaiono nelle rassegne iridate, anche se in fondo al gruppo: un paio di concorrenti nella prova cross country donne elite del Mondiale di mountain bike a Champéry, in Svizzera, tre uomini under 23 nella gara su strada al Mondiale di Copenaghen, in Dani­mar­ca, mentre indoor i cinesi da tempo sono scesi in pista.
Ma la Cina è vicina? Nel ciclismo no. Un secolo di corse e di storie, un secolo di corridori e biciclette, un secolo di “suiveurs” rappresentano un distacco incolmabile. Un po’ come succede per il rugby italiano rispetto a quello inglese e britannico, un po’ come succede per il calcio statunitense rispetto a quel­lo europeo o sudamericano. Ma lo strano matrimonio fra comunismo e capitalismo, un fenomeno soltanto ci­nese, sta producendo risultati formidabili: una fabbrica di idee, un patrimonio di voglie e volontà, un motore e un popolo che sembrano non arrestarsi mai. Solo per rimanere a Pechino, che sta alla Cina come New York sta agli Stati Uniti, cioè come qualcosa di uni­co, di particolare, di originale: interi quartieri sorti negli ultimi anni, il go­tha delle firme occidentali come marchio dell’economia multinazionale ca­pitalistica e, allo stesso tempo, livelli di disoccupazione quasi inesistenti come eredità di una politica comunista. Per dirne una: ai semafori non si vedono questuanti, lavavetri o clochard. Ma quan­do questa macchina organizzativa e lavorativa si accende, le distanze sembrano scomparire, dileguarsi, evaporare. E la Cina non solo si avvicina, ma rischia di superarci presto.
È così anche per il Tour of Beijing. Il Comitato organizzatore ha ospitato i tecnici della logistica un mese prima della corsa. Partendo da zero. Senza sapere come si fa a tracciare una partenza, ad allestire un arrivo, a proteggere il percorso, a prevedere le richieste dei giornalisti e dei fotografi, a immaginare che il menu dei corridori non è 1 per 180, ma è - più probabilmente - 180 diviso 1, personalizzato. Ma nulla, as­so­lutamente nulla, sembra poter minimamente scalfire il loro ottimismo della volontà. Se si può fare, e si può, allora si farà, e si fa.
Pechino è una “polis”, una città-stato, una “metropolis”, uno stato nello sta­to: a seconda di dove si considerino i con­fini, la “metropolissima” ha 12, o 15, o forse addirittura 22 milioni di abitanti. E si esprime sempre di più in dop­pia lingua, cinese e inglese, già nello scritto, anche nel parlato. Eppure la punta dell’iceberg ciclistico è soltanto quel centinaio di corridori che ogni martedì e giovedì si ritrova nel quartiere olimpico, fra lo stadio dell’atletica e il cubo dell’acqua, a poche centinaia di metri dall’Hotel Intercontinental, che è il centro operativo del Tour of Beijing. Dilettanti, anzi, neanche, ma amatori. Maglie delle squadre del ProTour (anche le italiane: Lampre e Liquigas, ma pure Fassa Bortolo e Domina Va­canze…), bici al top della gamma (an­che le italiane: dalla Colnago alla De Rosa, dalla Bianchi alla Pinarello…), e poi via, un circuito di 7,7 km piatto, strategie zero, una o due ore a tutta, medie oltre i 40, fughe dissennate, vo­late improvvisate. E perdipiù alla sera: quando il traffico s’in­debolisce, quando l’afa o l’umidità si allentano, ma anche quando il buio incombe. Senza luci, sostengono, è più da macho.
Oggi il movimento e il mercato sono ancora agli albori. Il negozio simbolo di questa fascia altissima è il monomarca Look, che propone ed espone dalle biciclette all’abbigliamento, e che si trova in quel centro commerciale che cintura e fodera lo stadio del calcio del Guoam, fra agenzie turistiche e boutique cosmetiche. Ci sanno fare: la vetrina è elegantissima, il portone trasparente è caratterizzato da una ruota qua­si scolpita, l’interno è arricchito da una mostra di fotografie in bianco e nero sul­le biciclette di Pechino, e a quel punto telai e maglie, manubri e cerchi acquistano un’importanza perfino artistica. E tre quattro cinque di­pendenti, giovani e giovanissimi, s’in­sinuano per accogliere l’ospite inatteso come se fossero sempre stati lì, loro, pronti a riceverlo. Nella sterminata periferia ci so­no invece i negozi più semplici, più mo­desti, più operai: riparazioni e vendita, da alto consumo, da bassa manovalanza, da grande passione, da infinito mestiere.
E poi ci sono anche i negozi, per così dire, alternativi. Come Natooke, a me­tà fra officina e laboratorio, fra covo e club, fra emporio e accademia, parola che in Uganda significa banana verde e che a Pechino è un bilocale nato in un quartiere oggi diventato alla moda, quello vicino al tempio Lama. Tre soci e un’idea: diffondere la bici come spirito, come tendenza, come filosofia, co­me mezzo. Come mezzo di locomozione, ma anche di comunicazione ed espressione. Come stile di vita. È così che si spiega l’allegro matrimonio fra bici a scatto fisso e nasi da clown, fra cerchi e catene di tutti colori e palline colorate per giochi di prestigio, fra gare di “artistic cycling” (specialità ufficialmente riconosciuta dall’Uci) e appuntamenti degni della “critical mass”. Ovviamente, il governo cittadino vede meglio le gare che gli appuntamenti. Ma sono proprio gli appuntamenti a diffondere il vangelo ciclistico: perché anche qui si lotta per le piste ciclabili, che pure ci sono, anche qui si predica per combattere l’inquinamen­to atmosferico, che raggiunge vertici spaventosi, e anche qui si ammonisce contro l’obesità, che già incombe sulle nuove ge­nerazioni paralizzate da tutto quello che è elettronica e dunque sedentarismo. Il governo di Pechino lo sa, e in­fatti propone il Tour of Beijing proprio per rimettere in strada il suo popolo. Ma la strada è lunga. Perché la gigantesca urbanizzazione - e anche l’incre­di­bi­le esplosione economica - ha motorizzato Pechino e spazzato bici e risciò. Imponendo un’equazione tanto facile quanto sbagliata: bici come simbolo della povertà dell’antico comunismo, macchina come emblema della ricchezza del nuovo “comuconsumismo”. E se oggi l’equazione sta per ro­vesciarsi nel mondo occidentale (non solo lo “slow food”, ma anche lo “slow foot”, cioè il trionfo della len­tez­za, e la bici è il giusto compromesso tra lentezza e velocità e il perfetto mezzo - silenzioso e pulito - della “ve­lo­città”), a Pe­chino tutto deve an­co­ra accadere.
E accadrà. Chi non lo ha già programmato, adesso sta valutando l’op­por­tunità di invadere un mercato che in altri settori ha dato prova di una vitalità da noi dimenticata o sco­nosciuta. In fon­do si tratta di un ritorno alle origini, neanche tanto lontane, ma certo molto profonde. Insomma, Pechino è lontana? Zitto, e pedala.

di Marco Pastonesi
da tuttoBICI di ottobre, in edicola

Copyright © TBW
COMMENTI
Hai dimenticato i tuoi dati, clicca qui.
Se non sei registrato clicca qui.
TBRADIO

00:00
00:00
Mark Valent, scalatore ungherese nato l’11 giugno 2004, entra ufficialmente nel professionismo con il team MBH Bank Ballan CSB Colpack dopo una stagione in cui ha mostrato solidità, determinazione e una crescita costante. Il ragazzo di Bükkszentkereszt nel 2023 ha...


Tre nuovi acquisti, sette nazioni diverse e 17 volti noti per il Team Novo Nordisk nel 2026: la prima e unica squadra ciclistica professionistica al mondo composta esclusivamente da diabetici, ha annunciato oggi la sua rosa di 20 atleti per la...


Middelkerke si prepara a ospitare gli Europei di ciclocross 2025, in programma sabato 8 e domenica 9 novembre. La località belga sarà teatro di una delle rassegne più affollate di sempre: 283 atleti in rappresentanza di 25 nazioni si confronteranno...


Dal Belgio all’Olanda, dalla AG Insurance – Soudal alla Picnic PostNL: Gaia Masetti da gennaio difenderà i colori della formazione neerlandese guidata dal General Manager Iwan Spekenbrink. Era il 2022 quando l’atleta di Fiorano decise di accettare la proposta di...


Plurimedagliato, plurititolato e ora anche "pentacampeon": per la quinta volta negli ultimi sei anni, infatti, Marco Villa è il miglior tecnico italiano della stagione e si aggiudica l'Oscar tuttoBICI Gran Premio Fondazione Iseni y Nervi. Come da tradizione, abbiamo chiesto...


La VF Group Bardiani-CSF Faizanè comunica il rinnovo biennale, fino al 2027, di Manuele Tarozzi e Vicente Rojas, e il rinnovo annuale, per il 2026, di Alessio Martinelli. Manuele Tarozzi ha chiuso la stagione 2025 confermandosi tra i...


Tempo di vacanze, ma anche di riflessioni e programmazione. Tempo per valutare e scegliere. Tempo di guardare a quello che verrà. In casa Polti VisitMalta è tempo di spostare, inserire ed elevare. Stefano Zanatta, 61enne tecnico trevigiano di lungo corso...


Pascal Ackermann vestirà nelle prossime due stagioni la maglia del Team Jayco AlUla e sarà uno degli elementi chiave del treno dei velocisti della formazione australiana. Il 31enne tedesco ha vinto 45 corse UCI nel corso della sua carriera, tra...


La data in cui tutto verrà rivelato è vicina, si parla infatti del 4 dicembre, ma una piccola anticipazione possiamo farla. Q36.5® stupisce ancora una volta per la continua voglia di innovare e lo fa con una precisa e fruttuosa collaborazione con...


Quello del ritiro o meno di Primoz Roglic al termine della prossima stagione sarà uno degli argomenti che, almeno finché non lo sloveno non prenderà ufficialmente una decisione in merito, maggiormente terrà banco in casa Red Bull-BORA-hansgrohe. A questo...


TBRADIO

-

00:00
00:00





DIGITAL EDITION
Prima Pagina Edizioni s.r.l. - Via Inama 7 - 20133 Milano - P.I. 11980460155




Editoriale Rapporti & Relazioni Gatti & Misfatti I Dubbi Scripta Manent Fisco così per Sport L'Ora del Pasto Le Storie del Figio ZEROSBATTI Capitani Coraggiosi La Vuelta 2024