Petacchi: vado come un razzo e la Spagna tiferà per me

| 19/09/2005 | 00:00
Petacchi el Conquistador: ''L'ultima settimana della Vuelta i corridori spagnoli in corsa non facevamo che ripetermi 'Peta, suerte per domingo'', buona fortuna per il Mondiale insomma. Beh, qui mi amano, se finisce in volata e non c'e' uno spagnolo ad infastidirmi, loro faranno il tifo per me''. Alejet ha un paese intero ai piedi, anche se i corridori di casa faranno di tutto per farlo perdere perche' l'occasione di vincere un mondiale in casa e' ghiotta. Ma la Spagna non dimentica il sorriso garbato e la signorilita' di un corridore cresciuto immensamente. A sei giorni dalla corsa iridata si scopre cosi' un Alessandro Petacchi trasformato nell'io, solidificato nella personalita': da umile vincitore con gli occhi bassi per averla fatta piu' grossa del previsto, scusate se ho vinto, ad un capitano che parla a voce bassa - il vizio e' duro da perdere - ma con contenuti durissimi: ''Con un Petacchi cosi', anche io avrei fatto le scelte del ct Ballerini, convocato gli stessi uomini, adottato le stesse strategie''. E' la prima volta che si sente Petacchi parlare di se alla terza persona e in questi termini: 'con un Petacchi cosi'...'. ''La mia sicurezza e' aumentata, mi aiuta a ragionare. Il commento dei miei colleghi, stranieri o italiani, e' il frutto della realta' - insiste AleJet - chi mi ha visto correre alla Vuelta sa come vado...''. Come un razzo. E lo sanno sopratutto i padroni di casa: ''Si', gli spagnoli faranno di tutto per attaccare, faranno casino dall'inizio. Se io fossi uno spagnolo non vorrei arrivare in volata, con un Petacchi cosi'... Ma comunque ripeto che domenica non correro' fuori casa, non sentiro' l'ostilita' di una nazione contro: la Spagna l'ho conquistata con la mia correttezza. Quando ho detto che avrei finito la Vuelta, ho rispettato la parola. E senza fare polemiche con nessuno, io quando ho detto che avrei finito i Grandi Giri, ho sempre mantenuto la parola. E sono arrivato a Milano, a Parigi e a Madrid...''. A qualcuno, cioe' a Mario Cipollini, forse fischeranno le orecchie, lui che non ha mai concluso un Tour o una Vuelta: ''Ma siamo diversi e lo sapete. Lui ha vinto una Sanremo e un Mondiale, a me ora manca solo la maglia iridata per poter dire di aver fatta la sua carriera. Se mi ha chiamato? No, non ancora, non so se lo fara', ora e' impegnato col... ballo - scherza lo spezzino - Non lo sento da dopo il Giro d'Italia, ma se mi chiamera' mi fara' piacere. Perche' io sono diventato Petacchi anche perche' l'ho battuto''. Pero' Alessandro non dimentica l'impresa di Zolder 2002, quando fu proprio lui a lanciare Cipollini sul traguardo del circuito mondiale. Quel giorno poteva vincere lui, e invece obbedi', col magone pero', al gioco di squadra. Stavolta a Madrid ha la sua chanches iridata, tre anni dopo: ''Di Zolder bisogna ripetere lo spirito e la disciplina di squadra, ma il resto e' tutto diverso - fa Petacchi - Qui la squadra sara' piu' importante, piu' decisiva che allora, perche' il circuito e' impegnativo e gli spagnoli non ci staranno a farsi battere da me senza reagire''. Ieri pomeriggio Petacchi ha vinto l'ultima tappa della Vuelta proprio sul circuito madrileno del mondiale. Mc Ewen, l'altro grande rivale, non conosce il circuito, non ha visto quella linea stampata sull'asfalto. Un vantaggio? ''E credo che la potra' vedere solo domenica prossima in corsa - ironizza Alessandro - Perche' e' una strada cittadina e il traffico va contromano: se ci va in bicicletta, lo arrotano... Io e Zabel l'abbiamo gia' visto e questo anche solo mentalmente e' un bel vantaggio. Certo, ieri ho passato il traguardo vincendo a 60 km all'ora, mentre in certe tappe che ho vinto quest'anno ho anche superato il 73 km all'ora. E' un arrivo duro per le gambe, grande velocita' non la protremo fare''. Come dire che se potesse lanciarsi veramente non ce ne sarebbe per nessuno.
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