Dopo "Giallo Uno". Mamma Tonina: «Me l'hanno ucciso ancora»

| 01/09/2005 | 00:00
L'ultimo sfregio. Quello forse più doloroso, perchè - con la glaciale crudeltà delle immagini - riapre, diciotto mesi dopo, una ferita che ancora sanguina. E sì, perchè un conto è leggere i commenti scomodi di critici con poca sensibilità, un altro è vedersi spiattellato sullo schermo il cadavere esanime del proprio figlio con la testa riversa sul pavimento. Tira aria di bufera nei corridoi Mediaset all'indomani della messa in onda della terza puntata di "Giallo Uno", trasmissione giornalistica condotta da Irene Pivetti. Il momento incriminato è la messa in onda del video della Procura di Rimini, in cui si vede chiaramente - nella stanza 5D del Residence Le Rose - il cadavere di Marco Pantani. Un'immagine-choc, che ha sollevato un vespaio risentito di polemiche. In molti, infatti, si sono interrogati sull'opportunità di mandare in onda un video così duro, che appaga solo la morbosa curiosità dei voyeur da telecomando, senza aggiungere nulla al valore cronicistico della vicenda. E la più infuriata, ovviamente, è lei, mamma Tonina che, sulla trasmissione della Pivetti, lancia un durissimo anatema: «In quel momento ero in ospedale - racconta la madre di Pantani - ero anche andata nella stanza della tivù, ma poi, per fortuna, ho preferito non fermarmi. Ma, alla fine della trasmissione, mi ha telefonato mia figlia, che si è detta indignata per quanto detto e visto in quel programma. Hanno presentato la russa come l'ultima compagna di mio figlio, quando tutti sanno che lei era solo una prostituta, che ha contribuito a rovinare mio figlio. So che mio marito ha registrato la puntata, la guarderò al mio rientro con grande attenzione, ma è uno scandalo che ancora qualcuno si permetta di gettare fango sul nome di Marco. Ma perchè non vanno ad indagare su altre cose? Per esempio, in quella stanza del Residence sono state trovate cose che non appartenevano a mio figlio. E allora, chi ce le ha portate lì? E perchè Cristina è scappata in Svizzera per non farsi interrogare? Queste sono le cose che dovrebbero chiarire. Con la messa in onda di quel video hanno ucciso ancora una volta la memoria di mio figlio. E‚ stata una totale mancanza di rispetto». Dello stesso tenore le parole del padre, Paolo Pantani: «Chi ha voluto incastrare mio figlio è anche dietro alla regia di questo programma. Marco è stato condannato dopo aver detto che tutti gli sport dovevano avere la stessa visibilità. Il giorno dopo ha ricevuto due raccomandate, una dal Coni e l'altra dalla Formula Uno, che gli consigliavano di ritrattare quello che aveva detto. Ho visto la trasmissione, comprese le immagini incriminate. Non è stato portato rispetto nè a lui nè alla nostra famiglia. Marco è stato distrutto dai poteri forti di questo Paese, che prima lo hanno portato alle stelle e poi lo hanno lasciato cadere a picco, condannandolo ad una morte in solitudine. Con questa trasmissione, ancora una volta è stato infangato il suo nome. Morto o vivo, continuano a strumentalizzarlo senza ritegno».
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