Il Pm Spinosa: «Il doping? Non è circoscritto al ciclismo»

| 24/08/2005 | 00:00
«Non sono sorpreso, e il vero scandalo e' l'ipocrisia di chi fa finta di scandalizzarsi, di chi pensa a un fenomeno circoscritto a poche persone o pochi sport malati». L'ex Pm di Bologna Giovanni Spinosa parla col tono di chi, la prima pagina dell'Equipe con le accuse di Epo a Lance Armstrong, l'ha gia' letta qualche anno fa: una sua inchiesta sul doping, nell'ottobre 2004, porto' alla condanna in primo grado per frode sportiva ed esercizio abusivo della professione di farmacista del dottor Michele Ferrari, che di mister Sette Tour, e' stato amico e preparatore. «Anni di indagini che per primi in Europa abbiamo svolto sulla pratica del doping nello sport - spiega Spinosa, ora giudice del Tribunale di Paola, in Calabria - impongono di non scandalizzarsi per i dati pubblicati dall'Equipe. Il vero rischio e' continuare a far finta che i grandi spettacoli agonistici siano manifestazioni di sport, cosi' confondendo in un'unica normativa, e quel che e' peggio in un'unica cultura, la pratica agonista del grande campione con l'attivita' sportiva di milioni di amatori». Qualche mese fa il magistrato lancio' una provocazione: «Quella dell'antidoping fra i professionisti e' una battaglia persa, tante e tali sono le tecniche di sofisticazione per mascherare le sostanze dopanti». Ma se si va avanti cosi'... «La mia era una provocazione, ma e' il momento di fare queste riflessioni a voce alta. Bisogna uscire dall'ipocrisia: ogni battaglia per essere vinta deve essere credibile e quando il pubblico ha un approccio piu' dal punto di vista spettacolare che culturale all'evento sportivo, e' difficile fare capire alla gente che c'e' differenza fra il grande professionista e la rock star, che eventualmente ha consumato sostanze stupefacenti. Allora ti trovi a combattere una battaglia che non e' condivisa». Pur con l'irremovibile paletto della protezione della salute, forse occorre fare chiarezza: «E' ora di prendere in considerazione la distinzione fra professionismo e il resto dello sport, non solo in relazione all'aspetto del doping, ma anche sotto l' aspetto economico delle societa'. Ai ragazzi dobbiamo far capire che fanno una cosa qualitativamente diversa dal professionista: che non e' solo uno piu' bravo di loro. Prendi la finale olimpica dei 100 metri piani, non c'e' piu' un Mennea: ed e' difficile credere che tutti quei muscoli scolpiti siano frutto solo del lavoro in palestra». Agli occhi di Spinosa, appassionato amatore ciclista, le righe dell'Equipe non hanno neppure abbattuto un mito: «Ne' sorpreso ne' amareggiato. Poi, tra l'altro, Armstrong non e' mai stato il mio campione: uno che corre solo il Tour non e' un campione, e' uno che si prepara in modo scientifico e con tecniche da uomo di spettacolo per quell'evento. Uno che ha bisogno per tutto un anno di prepararsi per uno specifico evento, evidentemente ha tecniche di preparazione che lo pongono completamente al di fuori dalla pratica sportiva. Almeno per come io la intendo».
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