| 03/08/2005 | 00:00 Prima uscita ufficiale di lance Armstrong dopo il trionfo di Parigi. Ieri il campione texano è stato ospite del “David Letterman Show”, uno dei talk show più famosi della tivù statunitense.
«Non ho mai pensato a vincere l'ottavo Tour de France. Anche se quest'anno avessi perso, mi sarei ritirato ugualmente. Ad aprile ho detto che avrei smesso e non avrei cambiato idea se non fossi arrivato primo a Parigi. Non sono giovanissimo per continuare a fare il ciclista e qualcuno, in realtà, pensava che fossi anche troppo vecchio per vincere di nuovo il Tour... Questa corsa è una corsa a sé, è un misto di maratona, scacchi e gare automobilistiche della Nascar: bisogna aver resistenza, bisogna pensare ad una strategia e bisogna saper sfruttare la scia degli avversari. In genere si pensa che il ciclismo sia uno sport individuale. Bè, al Tour diventa più che mai uno sport di squadra. Il lavoro degli altri 8 compagni diventa determinante: io corro dietro di loro e in una giornata risparmio anche il 30 o il 50% di energie».
«Quest'anno - ha proseguito Armstrong - abbiamo faticato nella prima settimana, poi la squadra si è ripresa: in effetti nelle prime giornata abbiamo bluffato... I sospetti di doping? Ormai ci sono abituato. Sento dire che ho il cuore più grande rispetto alla media o che non produco acido lattico. In realtà non faccio altro che allenarmi. Con il passare degli anni, solo con il lavoro si può compensare ciò che si perde fisiologicamente. Sto diventando vecchio, ma non ho mai pensato a prendere scorciatoie per ottenere risultati».
La famiglia è una delle priorità del texano. «Quest'anno, sul podio parigino, c’eranbo anche i miei tre figli. Sono ancora piccoli ma cominciano a rendersi conto, cominciano a capire quale sia stato in questo periodo il mio lavoro. Magari tra 15 anni vedranno i ritagli dei giornali e diranno: “Ecco cosa faceva papa”. Oltre alla famiglia, l’altra priorità è la lotta al cancro».
Il settimanale “Sports Illustrated” ha reso omaggio al campione: in copertina, nel numero uscito due giorni fa, campeggia la foto di Armstrong in maglia gialla per le strade della campagna francese. Il titolo “What a ride, seven years of pain and purpose” (Che corsa, sette anni di dolore e di ambizione) rimanda all'ultima pagina, occupata integralmente da una foto scattata alla fine del 1996.
«Sono io all'epoca della malattia - spiega Armstrong -: mi sottoponevo a cicli di chemio, avevo perso tutti i capelli. Il tumore si era diffuso, avevo lesioni ai polmoni e al cervello».
Nel 1996 Armstrong ha creato una fondazione per raccogliere fondi a favore della lotta contro il cancro. «Abbiamo creato i braccialetti di plastica per raccogliere denaro: li abbiamo venduti a 1 dollaro e fino ad ora ne sono stati acquistati 55 milioni. Non scorderò mai che la guarigione è stata il primo grande traguardo della mia vita. La vittoria dei sette Tour è stata il secondo».
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