DONNE. Fabretto una Diadora da "numero 1"

| 01/05/2011 | 09:14
Maurizio Fabretto ha il com­pito di rilanciare Dia­dora. Come? Attra­ver­­so lo sport, rigorosamente rosa. Da una vita nel ciclismo al femminile, il responsabile commerciale di Diadora ciclismo quest’anno ha allestito un team che punta a essere il numero uno al mon­do. La Diadora Pasta Zara Ma­n­hattan ha tutto per non deludere le aspettative dello schietto e ambizioso presidente: grandi sponsor, grandi atlete, grandi progetti e un’importan­tis­sima motivazione. Vincere per Marina!
Come si è avvicinato al ciclismo?
«Sono da sempre nel mondo delle due ruote. Ho corso da ragazzo, ma non ero assolutamente un fenomeno. Diciamo che ho smesso presto perché non capivo come fos­se possibile che tutte le domeniche il grup­po andasse in fuga senza di me (scherza, ndr)».
Tornando serio, aggiunge: «Il 26 ottobre del 1994 è stata una data fondamentale della mia carriera: la tragica scomparsa di Michela Fanini (che all’epoca correva per la Fanini Sprint sponsorizzata dalla Sara Sport Line di Fa­bret­to, ndr) mi ha legato in maniera viscerale a questo sport. Grazie all’amicizia che mi legava al papà di Michela, Brunello, l’anno successivo abbiamo fondato la Michela Fanini Top Girls, la mia prima vera e propria avventura in rosa».
Perché si è dato al ciclismo femminile?
«Ho sempre pensato che è meglio essere tra i primi tra le donne, che trentesimi tra gli uomini. Il ciclismo femminile non ha nulla da invidiare a quello ma­schile. Se guardiamo dal punto di vista dell’imprenditore, il ciclismo rosa dà molta visibilità con investimenti decisamente minori rispetto al settore degli uomini; nel ciclismo maschile si parla di milioni di euro, qui di centinaia di migliaia di euro».
Cosa hanno in più le cicliste rispetto ai lo­ro colleghi uomini?
«È innegabile che abbiano qualcosa in più: basti pensare a quanto hanno ottenuto a livello di immagine e medaglie negli ultimi anni».
Da quindici anni è a capo di uno dei team italiani più forti in campo femminile…
«Nelle ultime stagioni abbiamo perso qualcosina, ma quest’anno abbiamo allestito una formazione di alto livello, che senz’altro ci regalerà grandi soddisfazioni. Purtroppo ab­biamo dovuto affiliarci in America perché il regolamento UCI prevede che ci si tesseri nel Paese di appartenenza della maggioranza delle ragazze che formano la squadra, ma il team rimane italianissimo in tutto e per tutto».
Tante le campionesse con cui ha vinto ti­toli importanti (Zabirova, Pucin­skai­te, Ziliute, Cooke, Braendli, Dahle, Bron­zini, Bastianelli e via elencando) chi ha un posto speciale nel suo cuore?
«Le ricordo tutte con grande piacere e affetto. Se devo fare un nome però dico senza dubbio Diana Ziliute. É arrivata da me nel ’95 quando era una bambina, è cresciuta con me, ha corso con me, ha smesso con me e ancora oggi è al mio fianco in Diadora (Diana è responsabile delle cicliste e dei ciclisti sponsorizzati da Diadora, ndr). È il mio punto di riferimento per quanto riguarda la squadra, con le nostre atlete fa tutto lei, io purtroppo - a causa dei miei numerosi impegni - non riesco a seguirle molto. Vado a vederle molto volentieri quando non corrono troppo lontane, alla prima prova di Coppa del Mondo a Cit­tiglio per esempio non ho voluto mancare».
Diana Ziliute quest’anno sa­rà affiancata da Manel La­cambra.
«Sì, lui sarà il team manager, colui che dalla mattina alla sera seguirà le ra­gazze. L’obiettivo di co­struire una squadra forte passa anche attraverso la sua figura: la sua esperienza con le atlete americane che abbiamo ingaggiato sarà fondamentale per formare in fretta un gruppo affiatato».
Senza peli sulla lingua continua: «Non lo conosco molto, se si comporterà be­ne continueremo a lavorare assieme, se no vedremo il da farsi. Sono famoso per aver già mandato a casa tanti direttori sportivi…».
Parliamo delle sue atlete per la stagione 2011: io le dico i nomi e lei me le presenta. Sono ammessi suggerimenti dalla ds e dal team manager…
Alona Andruk. «Ucraina di Kiev, classe ’87, ci ha regalato la prima vittoria della stagione alla quinta tappa del Giro della Nuova Zelanda, è con noi da due anni, l’abbiamo confermata perché ha dimostrato di essere un’atleta che può avere un futuro brillante. È un terremoto».
Amber Pierce. «Arriva da San Fran­ci­sco, ma è austriaca d’adozione, è una passistona adatta alle corse del nord Europa, ma fino a qualche anno fa riusciva a vincere anche corse in volata».
Claudia Hausler. «Tedesca di Mo­naco di Baviera, classe ’85, è una certezza. Nel 2009 ha vinto il Giro d’I­ta­lia, è un’ottima scalatrice, fa gruppo e ha fame e voglia di arrivare sia in corsa che nella vita».
Eleonora Patuzzo. «Ventunenne di Bovolone (Vr) è una ragazza in cui credo molto, una delle nostre azzurre migliori. Ha vinto il mondiale su strada tra le Juniores nel 2007; in questi anni ha accumulato la necessaria esperienza tra le grandi, mi aspetto che questo sia il suo anno».
Francesca Stefani. «È la piccola del gruppo, ha solo vent’anni e viene da Bertinoro (Fc): al primo anno tra le Elite, a lei chiediamo di mettersi a di­sposizione delle compagne più esperte e di imparare il più possibile».
Inga Cilvinaite. «Lituana di Vilnius, è da tre anni nella nostra squadra, dovrebbe pretendere sportivamente di più. È adatta alle cronometro, se credesse maggiormente in se stessa potrebbe fare ancora meglio».
Jessica Uebelhart. «Giovane svizzera di San Pietro di Stabio, ha tanta grinta ed è sempre sorridente. Le piacciono le cronometro, ma è una ragazza ancora da scoprire».
Mara Abbot. «È la vincitrice dall’ultimo Giro d’Italia e la campionessa americana in carica (è di Boulder, Co­lo­­rado), è una scalatrice pura, ha fatto vedere le sue qualità nella scorsa edizione della corsa rosa. Una curiosità? È istruttrice di yoga».
Olga Zabelinskaya. «Russa di San Pietroburgo, mamma di due figli, è cresciuta sotto il regime rigido dell’ex URSS. Ha uno spirito di adattamento molto alto, si impegna molto e conosce i suoi limiti; è una passista che non molla mai, ha un recupero eccellente e se la cava su tutti i terreni. In una parola: professionale».
Oxana Kozonchok. «Russa di Tula, quando non è in gara è spesso “sulle nuvole”, ma quando c’è da la­vorare è sempre la pri­ma a sacrificarsi per le compagne. È una gregaria di lus­so, indispensabile per far arrivare al suc­cesso le nostre punte».
Rachel Neylan. «Australiana di Adelaide, si difende bene sia sul passo che in sa­lita. Ac­cumu­lan­do esperienza nelle corse in Europa si­cu­ramente potrà migliorare ancora e regalarci dei buoni risultati».
Shelley Olds. « È la nostra velocista. È di Los Gatos (California), campionessa panamericana, in America è una star. Le manca un po’ di esperienza, ma sono sicuro raggiungerà presto un buon livello su tutti i terreni».
Sinead Miller. «Americana di Pitts­burgh (Pennsylvania), classe ’90, ha fatto vedere buone cose nella categoria Under 23. Purtroppo non si è ancora ripresa del tutto da una caduta al Giro d’Olanda dello scorso anno, ma la aspettiamo al più presto tra noi».
Per il 2011 ha ingaggiato atlete plurititolate, quali gli obiettivi da centrare?
«Siamo al top a livello mondiale, ho scelto le atlete più forti in circolazione. L’imperativo è vincere. L’inizio è stato buono, dobbiamo continuare su questa strada. Vogliamo il Giro, ma puntiamo a far bene dovunque, sempre in maniera onesta e leale. Passatemi la parola, se non vinciamo mi incazzo (ride, ndr)».
Poi c’è Marina, la “sua” Marina…
«L’ho detto già chiaramente: senza di lei, non avrei fatto la squadra. Così sarà finché lavorerò nel mondo del ci­clismo. Le starò sempre vicino, lei lo sa. Le auguro con tutto il cuore di realizzare il suo sogno e un giorno spero si esaudisca anche il mio: averla in ammiraglia».
 
Manel Lacambra
Manel Lacambra è il tecnico plurivittorioso che ha conquistato le ultime due edizioni del Giro d’Italia donne con Mara Abbot (2010) e Claudia Hausler (2009). Quest’anno è team manager del team Diadora Pasta Zara Man­hat­tan e punta a un traguardo ambizioso: il tris rosa.
Nonostante i prestigiosi successi collezionati in ammiraglia, nel nostro paese non è ancora molto conosciuto. Ca­ta­lano, classe ’75, ha corso nelle categorie minori finché da dilettante ha capito di non essere un fuoriclasse: «Sono decisamente più forte in ammiraglia» ci ha confidato ridendo alla presentazione della sua nuova squadra. Da sempre nel ciclismo, da dodici anni si dedica al cento per cento a quello femminile.
È in Italia dal 1995, con un buon italiano ci racconta del suo passato da meccanico: «Ho iniziato nel ’99 nella Polti, che vantava atleti del calibro di Re­bel­lin, Gotti, Virenque, Martinello… Mi piaceva come lavoro perché ero nel mondo che amavo, ma a differenza dei miei colleghi che in ammiraglia si appisolavano, io ero molto interessato alle dinamiche della corsa. Ascoltavo affascinato i commenti del direttore sportivo, facevo domande, cercavo di capire e di imparare…».
La scoperta delle due ruote rosa è av­venuta quasi per caso: «Il mio amico Alessandro Calzolari (ex pro della Ma­pei) mi ha proposto di lavorare per il team Aliverti nel 2003, poi per la Prato Marathon Bike, la Let’s Go Finland e la Bigla. La mia carriera da ds è iniziata solo cinque anni fa con la Univega Pro Cycling Team, che in un anno ho portato ad essere la prima squadra al mon­do, è proseguita alla Cervélo Lifeforce e alla Cervélo Test Team, mentre l’anno scorso sono stato tecnico della Nazionale USA».
In pochi anni si è tolto parecchie soddisfazioni, ha ricevuto offerte da diversi team maschili (tra cui la Cervélo, ndr), ma non ha mai pensato di accettarle nemmeno per un attimo perché «le donne sono vere professioniste e quando arrivano alla massima categoria hanno ancora molto da imparare, farle crescere e raggiungere con loro traguardi importanti è una soddisfazione impareggiabile».

Diana Ziliute
La campionessa lituana ha appeso la bici al chiodo da due anni, ma non ha abbandonato il ciclismo, neanche per un istante. Grintosa come quando vinceva campionati del mondo, titoli europei e nazionali, tappe al Giro e la classifica generale del Tour ’99, si aspetta per la sua Diadora Pasta Zara Man­hat­tan una grande stagione.
«Cercherò di dare il massimo per le ra­gazze, per la loro serenità e per permetter loro di raggiungere risultati importanti. Quest’an­no sarò il braccio destro di Manel, sono sicura che insieme a lui e a tutte le nostre atlete talentuose, fa­remo bene sia nelle corse a tappe che nelle prove di un giorno. Ne sono certa, non deluderemo chi ci ha dato fiducia».

da tuttoBICI di Aprile a firma di Giulia De Maio
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