CASO RADIOLINE. E se l'Uci volesse fare come in F.1?...

| 13/03/2011 | 14:36
Forse sarà per via delle chiacchiere (galàni, sfrappole, bugie, cenci, rosoni, cròstoli: dolci tipici del periodo di Carnevale che a Milano è terminato ieri sera), o di qualche bicchiere di vino amabile in più, ma dietro all’estenuante disfida delle radioline noi intravediamo qualcosa di più e di diverso. Non è solo una questione di principio in nome dello spettacolo (l’Uci assicura che gli organizzatori e le televisioni vogliono corse meno controllate, meno condizionate dai tatticismi dettati proprio da questi diabolici apparecchi), ma forse dietro a tutto questo si cela una mera questione economica.
 
L’Uci chiede fermamente l’abolizione, anzi di fatto l’ha già disposta e attuata: niente radioline. I corridori e i direttori sportivi chiedono che tale provvedimento venga rivisto e revocato. In verità chiedono un confronto, un incontro, in nome di un dialogo che da tempo non c’è più perché tutto cala dall’alto, perché tutto viene deciso e disposto da Pat Mc Quaid senza colpo ferire.

Le radioline per i corridori e i direttori sportivi - ma anche per le squadre e i loro team manager - sono uno strumento tecnico utilissimo, ma soprattutto sono elemento fondamentale per la sicurezza. In questo caso, però, diventa anche simbolo di una “battaglia” che se i corridori e i direttori sportivi perderanno sarà gravissimo, per non dire letale. In pratica, questa è l’ultima occasione per tornare ad essere al centro del movimento.

Noi abbiamo un sospetto e una spiegazione: l’Uci chiede l’abolizione delle radioline perché se ne vuole impossessare. Dopo aver creato il Pro Tour, il passaporto biologico, l’omologazione dei telai e degli accessori, ora vuole mettere le mani anche su quegli oggettini che vanno nelle orecchie dei corridori. Togliere per riproporre. Levare per rimettere. Interrompere le comunicazioni per riprendere la linea: non prima l’aver fatto un bell’accordo con le televisioni di tutto il mondo. Avete presente cosa avviene in F.1? Piloti collegati con i box con i loro strateghi, e le televisioni che possono ascoltare la voce degli uni e degli altri durante le competizioni. L’Uci potrebbe voler fare la stessa cosa: per lo spettacolo e per il business. Riappropriarsi di un mezzo per rivenderlo.

Sia ben chiaro, non ci sarebbe niente di male. Basta dirlo. Basta parlarne. Basta mettersi d’accordo. Basta non prendere per i fondelli nessuno: vogliono fare del business? Sappiano che ci sono anche gli altri (corridori e squadre). Forse sono solo nostre elucrubazioni post carnascialesche, ma temiamo che di qualcosa del genere si tratti. In ogni caso Uci, corridori, tecnici e squadre, parlatevi. Posate cellulari e radioline. Sedetevi attorno ad un tavolo e parlate forte e chiaro: senza togliervi la linea.

Pier Augusto Stagi, direttore di tuttoBICI e tuttobiciweb.it
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COMMENTI
Ma perche il ciclismo non deve andare avanti siamo nel 2011 .
13 marzo 2011 15:16 Vincent
Una question di sicurezza ce qualche cose dietro non e chiaro il non di UCI che sono piu credibile .

SICUREZZA PRIMA DI TUTTO....
13 marzo 2011 19:21 stargate
...ma non deve essere un alibi per coprire gli interesi e le esigenze dei direttori sportivi e delle squadre. Sulle radioline si parla molto da tempo, molteplici sono i parere, anche degli addetti ai lavori. Cito Cassani e Savoldelli, favorevoli all'abolizione, e Martinello, invece contrario, proprio in nome della sicurezza. E' proprio tanto difficile immaginare che la sicurezza, oltre che con i metodi tradizionali, può essere gestita anche attraverso le radioline, senza che i direttori sportivi facciano da ponte? In altri termini, corridori con gli apparecchi, ma la trasmittente in mano alla direzione di corsa. Se si continua a invocare il problema della sicurezza, si gioca sull'equivoco. I ciclisti di oggi, con la radiolina incollata all'orecchio fin dalla culla della loro carriera, sono terrorizzati all'idea di perdere il riferimento del direttore sportivo, ma passerà. E' ora che comincino a sapersi parlare tra loro, a valutare con un colpo d'occhio le situazioni favorevoli,a mostrarsi autonomi e non automi.
Quanto al Suo articolo, egregio direttore, Le dirò che a pensare male si fa peccato.... con quel che segue, ma non sempre è così. In ogni caso vedremo. L'importante è non ciurlare nel manico, presentando i problemi in maniera distorta. Ho sentito Savoldelli, in sella fino all'altro giorno, quindi figlio del ciclismo moderno, dire che, a proposito delle tattiche, è sufficiente la riunione del mattino, poi i ciclisti devono organizzarsi e decidere in proprio. Perchè non essere d'accordo? (Alberto Pionca - Cagliari)

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