
Avrà luogo domani (sabato) alle 16, presso la Sala Dorata del Comune di Ivrea, la presentazione del libro "Nell’ombra di Fausto - La vita sportiva di Riccardo Filippi", che, a distanza di oltre mezzo secolo, ripercorre la carriera del ciclista canavesano, oggi ottantenne, che nel 1953 a Lugano si laureò campione mondiale dei dilettanti ventiquattr’ore prima del successo iridato, tra i professionisti, di Fausto Coppi. Con il protagonista, ci saranno alcune vecchie glorie del ciclismo piemontese, tra cui Franco Balmamion, Pino Favero e Walter Martin.
Scritto dal giornalista eporediese Sergio Calvi, con la collaborazione di Tiziano Passera, il volume edito da Bradipolibri (144 pagine, 15 Euro) è il racconto fedele della vicenda sportiva e umana del corridore di Alice Superiore, legata a doppio filo, nel bene e nel male, con quella del Campionissimo di Castellania. Dopo l’accoppiata vincente di Lugano, i due campioni del mondo disputarono insieme, in maglia iridata, il prestigioso Trofeo Baracchi a cronometro, e lo vinsero con quasi 6’ di vantaggio sulla coppia francese formata da Louison Bobet e dall’astro nascente Jacques Anquetil. Racconta Marco Pastonesi nella sua bella prefazione: "Quando gli comunicarono che avrebbe corso con Coppi, Riccardo non ci poteva credere, la notte non chiuse occhio, e solo al mattino si convinse che non era un sogno, o un incubo. Prima del via, quasi per giustificarsi, gli disse che ce l’avrebbe messa tutta. Quel giorno scoprì che tutto non era mai abbastanza. Comunque vinsero. "Ho fatto il mio dovere?", gli domandò? Coppi non rispose, ma fece di più: lo abbracciò".
In coppia, Filippi e Coppi vinsero anche le due successive edizioni del Trofeo Baracchi. Nel ‘56 mancarono il poker e il rapporto preferenziale con il grande Fausto, oltretutto non favorito dall’intricata vicenda sentimentale del Campionissimo, cominciò ad attenuarsi. Da futura stella del pedale, come era stato definito al termine di quel suo magico 1953, Filippi si vide inesorabilmente relegato a livelli di gregariato. Al di là delle tre vittorie consecutive nel "Baracchi", va comunque riconosciuto che tra i professionisti Filippi non riuscì mai, per una serie di fattori non tutti a lui imputabili, ad esprimere compiutamente il suo enorme potenziale atletico. Dopo qualche cocente delusione (nella Milano-Sanremo del ‘54 venne raggiunto all’ultimo chilometro dopo una lunga fuga a tre con il belga Ockers ed il francese Remy) e qualche buon piazzamento (secondo in due tappe della Parigi-Nizza del ‘54 e nel Campionato di Zurigo del ‘57) il canavesano abbandonò l’attività alla vigilia del Giro d’Italia del ‘60, a soli 29 anni. Solo ora, a ottant’anni suonati, Filippi si lascia andare ad una moderata polemica verso Coppi: un campione-padrone, egocentrico, ma capace di slanci, nei confronti del quale Riccardo sente di aver sempre adempiuto ai propri doveri.
da La Stampa a firma Franco Bocca
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