Team Type1, il diabete non ci ferma

| 29/01/2011 | 14:18
«I campioni non si costruiscono in palestra. Si costruiscono dall’interno, partendo da qualcosa che hanno nel profondo: un desiderio, un sogno, una visione. Devono avere l’abilità e la volontà. Ma la volontà deve essere più forte dell’abilità» disse Mohamed Alì, il grande Cassius Clay, uno dei più grandi pugili di ogni tempo.
Lui che in carriera ha perso solo 5 in­contri, che si è battuto 25 volte per il titolo mondiale vincendolo 22 volte, lui che ha battuto il diabete da cui è affetto. Con lui, tanti altri campioni dello sport come i calciatori Paul Scholes del Manchester United, Nicolas Amodio l’uruguaiano che milita nel Napoli o Mar­co Peruffo, il primo alpinista diabetico a raggiungere una vetta di oltre 8000 metri.
Per loro non esiste il limite perché la volontà è stata più forte, non si sono la­sciati nemmeno intimidire dalla ma­lattia e hanno realizzato i loro sogni.
A sostenerli, la stessa filosofia del Team Ty­pe 1 che dall’America sbarca in Eu­ro­pa e si prepara a parlare italiano con il direttore sportivo Massimo Po­den­zana e l’inserimento di corridori e staff “tricolore”. Un team che ha licenza Pro­fessional e che conta, oltre ai 5 ciclisti “speciali”, gli italiani Da­niele Cal­le­garin, Andrea Grendene e Ales­sandro Bazzana, il francese Laszlo Bo­drogi, i russi Alexander Efimkin e Alexey Schmidt, gli sloveni Jure Kocjan e Aldo Ino Ilesic, lo svizzero Rubens Ber­to­glia­ti, l’ucraino Valeriy Kob­za­renko, gli au­straliani Fabio Calabria e Ben King, gli americani Scott Stewart, Will Dugan e Kiel Reijnen.
«Quello di Type1 è un progetto che va avanti da alcuni anni e che ora è sbarcato in Italia - ha spiegato Poden­zana, spezzino, classe 1961 che dopo 14 anni di professionismo, anche al fianco di campioni come Marco Pantani, da nove stagioni fa il direttore sportivo e si prepara all’esordio con il Type 1 -: la volontà del team è dimostrare che, se controllati, anche i corridori affetti dal diabete di tipo 1 riescono a correre e ad essere com­petitivi. Nel nostro gruppo ci sono gli olandesi Olaf Ker­khof e Martin Verschoor, lo spagnolo Javier Megias Leal e gli americani Alex Bowden e Joe Eldridge. Negli States è attivo anche il Team Type2, interamente formato da atleti che soffrono di quel tipo di malattia». Ed è stato proprio Eldridge, insieme a Southerland, anche lui corridore con diabete tipo 1, a fondare nel 2004 il Team Type 1 vincendo addirittura - con otto compagni - la “Race Across Ame­rica”, corsa massacrante che attraversa gli Stati Uniti, da costa a costa senza mai fermarsi, con gli atleti che dormono a turno in un pullmino al seguito. Da qui, la missione: essere di ispirazione per i malati di diabete, Tipo 1 e 2, bambini o adulti che siano, dimostrando che possono vivere una vita normale e fare sport anche a livello agonistico.
«Soltanto con il primo ritiro in Ame­rica avrò ben chiaro il calendario e soprattutto come gestire i corridori diabetici - ha spiegato Podenzana -: so che loro devono sempre stare attenti al livello di glicemia ma in questo sono molto autonomi e si autocontrollano più volte al giorno. La squadra ha a disposizione due medici in America e uno qui in Italia, il dottor Massimiliano Manto­vani, già medico della Flaminia e della Barloworld, che si occuperà dei corridori europei. Saranno tutti sottoposti alle stesse regole previste da Uci e Wa­da, quindi controlli, passaporto biologico e, per i diabetici, certificati inerenti la necessità di iniettarsi insulina».
Et voilà un doppio team.
«Io gestirò la parte “europea” dei corridori anche se verranno fatti anche degli scambi con la sezione americana, sia per ciò che riguarda gli atleti che lo staff - ha continuato il “Pode” -: la base italiana sarà a Ceparana, vicino a La Spezia, dove abito io. Lì abbiamo preso un magazzino dove tenere i materiali e i mezzi: il pullman, il camion e le tre am­miraglie. Dello staff italiano fanno parte anche i due meccanici Antonio Pam­pa­na e Antonio Carducci e i massaggiatori Massimo Quero e Federico Ce­chi nonché gli sponsor De Marchi per l’abbi­glia­mento e Colnago, al quale è piaciuto il progetto ed è al fianco di Type 1 da tre anni. Vestiremo i colori bianco-celesti della Sanofi Aventis, l’altro sponsor e la nostra stagione europea dovrebbe in­dicativamente iniziare a fine gennaio con il Gp La Marseillaise e l’Etoile de Bessèges, visto che la sede principale della Sanofi Aventis è in Francia. Poi inaugureremo il calendario italiano con il Giro di Grosseto, Laigueglia e Giro di Sarde­gna. Le corse di categoria 1.1 dovremmo riuscire a farle mentre per quel che riguarda le corse Rcs dipenderà da un eventuale invito».
Sfida o missione?
«Non è una sfida, per me. È un’espe­rien­za nuova. Sono molto contento di poter dare il mio apporto ad un progetto che ritengo importante e che, quando me l’hanno proposto, mi ha subito conquistato. Non credo sarà complicata la gestione dei diabetici perché tutti loro sanno come non farsi fermare dal diabete. E poi io avrò soltanto lo spagnolo Megias, peraltro un buon corridore che ha militato tra le fila della Sau­nier Duval. Sarà dagli States che mi da­ranno le dritte per come guidarlo al me­glio. Di certo in corsa dovrò stare particolarmente attento che non gli manchino mai il contatto con lo staff e qualcosa da mangiare, visto che il problema del diabetico è l’alterarsi dei livelli del­la glicemia. Può capitare che anche in ga­ra abbia bisogno di controllarne il livello e dobbiamo essere pronti a dargli l’aiu­to di cui necessita. È la mia prima esperienza e di certo avrò mille attenzioni in più».
Di certo un’insulina ben dosata sarà il cardine di tutto, unitamente a una dieta equilibrata e mirata e alla regolarità nei controlli ematici e della glicemia.
«Un atleta diabetico si allena normalmente come tutti, è soltanto più controllato e lui stesso dovrà tenersi monitorato 24 ore su 24 per ciò che riguarda il livello della glicemia, una pratica facile e veloce che necessita di appena una goccia di sangue»..
È direttamente Joe Eldridge, fondatore del team, che spiega com’è avvenuto l’avvicinamento all’Italia e la conseguente apertura verso le corse europee.
«Il nostro attuale direttore tecnico Vas­sili Davidenko ha corso in Italia nella prima parte della sua carriera sportiva ed è allora che ha iniziato a stringere rapporti con Massimo Poden­zana, del quale era compagno di squadra: forti della loro esperienza, hanno creato un’organizza­zione molto professionale e ben gestita. In più, ab­biamo al nostro fianco uno sponsor come Ernesto Colnago che ci ha fornito una meravigliosa bi­cicletta e ci affianca al me­glio. L’avventura italiana ci entusiasma, pensate che stiamo anche cercando di imparare tutti a parlare italiano. E con gli accenti giusti!».
Di certo il salto dagli States all’Euro­pa non sarà cosa facile.
«Le nostre aspettative sono di essere pronti e di gareggiare bene in Europa fin dal primo giorno. Abbiamo un buon programma e di­sponiamo di buoni corridori con esperienza in campo europeo che sapranno aiutare gli altri compagni, che finora hanno corso solo in Australia o negli States - ha specificato Eldridge, che è team manager e corridore -: le gare europee sono simili alle più importanti competizioni americane ma sono più veloci. Di certo in Eu­ro­pa c’è molto più sostegno dei fans e la maggiore esperien­za, data dal loro background, acquisita dai corridori europei».
Un progetto, il vostro, che non è soltanto agonistico.
«Con l’altro nostro sponsor, la Sanofi Aventis, terremo campagne di sensibilizzazione non solo in Italia ma in tutto il mondo, ovunque andremo a correre:  vogliamo coinvolgere le popolazioni locali e divulgare sempre più il messaggio che una vita attiva e l’esercizio fisico fanno parte della gestione del diabete: gareggiare è un’esperienza molto eccitante ma per molte persone è già molto riuscire ad essere consapevoli di poter continuare ad avere una vita normale anche se soffrono di diabete».
Tra i tanti stranieri però ci sono anche tre italiani.
«Li abbiamo scelti insieme Davidenko ed io - spiega Podenzana -: Bazzana ga­reg­giava in un team australiano, Cal­legarin, ex Cdc l’avevo visto correre be­ne nel 2010 e sapevo della sua ambizione di pedalare per un team Professional mentre Grendene, ex Lampre, l’avevo visto fare grandi cose da dilettante mentre nel professionismo, entrato in un team con più di un velocista ha faticato. Così ho pensato che gli si poteva dare una possibilità. Se guardo nella globalità, posso dire che non abbiamo dei grossi nomi ma che sicuramente questa squadra ci farà vedere delle belle co­se perché sono tutti ra­gazzi molto motivati: Efimkin sarà il nostro leader nelle corse a tappe, Gren­dene per le volate, Kocjan ha già dimostrato di essere un buon corridore, Bo­dro­gi e Bertogliati sono uomini d’espe­rienza e i giovani han­no tanta voglia di met­tersi in luce».
Di certo quelli del Team Type1 stanno già vincendo nella loro missione umana di dimostrare che an­che chi soffre di diabete non è diverso ma può essere “speciale” e stanno dando una vera scossa anche in Italia, dove pure ci sono enti molto attivi come l’Associazione Italiana Atleti Diabetici e Ciclismo e Diabete di cui Alfredo Martini è presidente onorario: sono realtà che stanno perseguendo la stessa mission con varie iniziative come, ad esempio, la pedalata che nella tappa di Porto Recanati ha preceduto l’arrivo dello scorso Giro d’Italia.
Mohammed Alì disse «Un gallo canta soltanto quando vede la luce. Mettilo nell’oscurità e lui non canterà mai. Io ho visto la luce e sto cantando...». Tra poco si sentirà alto anche in Italia il canto della Type 1.

da tuttoBICI di gennaio a firma di Laura Guerra
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