Da Il Giornale. Basso, un lunghissimo giro di vita

| 29/05/2010 | 10:34
E’ vero che tempo e spazio sono concetti relativi. Per andare dall’Aprica all’Aprica, distanza in sé pari a zero, Ivan Basso ha impiegato quattro anni. Lì era arrivato in maglia rosa nel 2006, mostrando a tutti la fotografia del figlio: sembrava l’ingresso a braccia alzate verso la terra promessa della celebrità perenne, invece era solo l’anticamera dell’inferno. Pochi giorni dopo, il campione si rotolova nella polvere di una storiaccia sin troppo nota, ormai, per essere nuovamente raccontata.
Quattro anni, è servita un’era di quattro interminabili anni. Prima il castigo, poi l’espiazione, infine il lento e doloroso riscatto. Un lunghissimo giro di vita, tutto in salita, per tornare proprio lì all’Aprica, e ritrovare tutto quanto intatto: la maglia rosa, il Giro d’Italia, la stima della gente. E’ questo terzo patrimonio che adesso gli importa di più.
L’ultima tappa di questo difficile viaggio è una delle più belle, più emozionanti, più toccanti degli ultimi anni rosa. Basso applica lo schema già sperimentato sul monte Grappa e sullo Zoncolan: la squadra che tiene altissima l’andatura già a ottanta chilometri dalla fine, quindi il suo attacco sul Mortirolo, la madre di tutte le salite. La scalata è uno spettacolo di forza, di agilità, ma soprattutto di intelligenza. Mentre demolisce i diretti concorrenti, Basso ha l’accortezza di non strafare, tenendosi vicino il campione di domani, ora scudiero fedele e leale, Vincenzo Nibali. Per allargare il circolino, graditissima anche la presenza di Michele Scarponi, non un avversario di classifica, ottimo alleato per il finale.
Il Mortirolo, che non mente mai e assegna solo oscar di grido, incorona Basso come miglior scalatore del Giro. Il problema è che anche il Mortirolo presenta una discesa, per di più dannatissima, per di più stavolta insaponata dalla pioggia. Qui Basso si leva la corona e veste temporanemanete le solite orecchie d’asino. Non c’è verso: dopo la paurosa caduta al Tour di qualche anno fa, scende a spazzaneve. E difatti restituisce più di un minuto ai suoi avversari (sui due guadagnati), soprattutto alla maglia rosa Arroyo, che questo Giro potrebbe vincerlo soltanto se continuasse a scendere (su tutte le salite, immancabilmente, rincula pietosamente).
La tappa-show si chiude con un finale pazzesco, al altissima intensità emotiva. E’ un duello feroce, a mani nude, tra i tre italiani davanti – per una volta incredibilmente alleati, amici, affiatati – e i poveri resti della concorrenza dietro, da Arroyo a Evans, da Sastre a Vinokourov (alle volte, le combinazioni: tutti stranieri). Il clamoroso Italia-Resto del mondo diventa una festa nazionale. Basso pedala come un forsennato, neanche dovesse scappare una volta per tutte dal passato. Al suo fianco, reggono la parte il grande Nibali e il leale Scarponi. Alle loro spalle, una volta tanto, litigano gli stranieri, peraltro bollitissimi, così che il risultato finale vale un punto di Pil, in chiave tricolore: tappa a Scarponi, Basso in maglia rosa, Nibali terzo da podio.
Giro finito? E’ lo stesso Basso a fare il punto della situazione: “E’ una giornata incredibilmente felice per me. Ma si chiude qui. Ho corso troppi Giri per non sapere che tutto può ancora succedere. Ci aspettano il Gavia e il Tonale, ancora tanta salita e tanta discesa. E poi la cronometro di domenica a Verona. Adesso si va a riposare, da domani si ricomincia…”.
Caro diario, questa maglia rosa non recita a soggetto. Non fa il juke-box del buonsenso. E’ così di suo. Un pezzo originale. Gli ultimi quattro anni di tormento hanno soltanto acuito un Dna già ben preciso. La religione della famiglia, del lavoro, del dovere ne fanno idolo eccentrico e anticonformista, nel tempo degli idoli sportivi che tacchinano veline e svernano all’”Hollywood”. Casualmente, Basso è nato, cresciuto, residente a Cassano Magnago. E’ il compaesano più celebre di Bossi. E’ anche il campione più amato da Bossi. Tra Basso e Bossi sembra risuonare persino un’assonanza. Ma non sarà mai Basso a fare il campione di parte. Essere lumbard è una pura questione di anima e di testa, anche di orgoglio e di carattere, non di tessera. “Ho faticato tutto questo tempo – racconta nel momento della riscossa – per riconquistare la passione e il perdono degli italiani. In questi giorni, di valle in valle, di borgo in borgo, ho ricevuto tanti applausi. Ho letto tanti cartelli. In Trentino come in Campania, in Piemonte come in Puglia. Se lo vincerò, il mio Giro sarà davvero d’Italia”.
Ivan Basso è di un rosa particolare. Pantani era Romagna mia, eccessivo e imprevedibile, godereccio e nottambulo, sfrontato e guascone: rosa shocking. Basso è misurato, concreto, equilibrato: rosa antico. Ma quattro anni dopo, proprio qui all’Aprica, proprio questa stessa maglia sembra di una tonalità leggermente diversa. E’ un rosa particolare e luminoso. Dopo quattro anni di duro candeggio, splende di un rosa più pulito.

da Il Giornale del 29 maggio
a firma di Cristiano Gatti
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COMMENTI
IO VORREI
29 maggio 2010 13:54 jaguar
Vorrei che la benevolenza, che in alcuni momenti è stata vera e propria esaltazione, con la quale è stato trattato Basso venga usata nella stessa maniera per tutti gli altri incappati nel doping.I giornalisti dovrebbero capire che le regole valgono per tutti e i due pesi e le due misure sono imbarazzanti e con Basso ( che oltretutto non ha collaborato ed è stato omertoso)questo è stato applicato.Ed in questo frangente di giusti complimenti per Basso molto meritati facciamo tutti un passo avanti.

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