Il Resto del Carlino. Hanno buttato per terra il Giro

| 20/05/2010 | 16:08
Proprio qui, nell’Italia che sta faticosamente e dignitosamente rimettendosi in piedi, c’è chi riesce a buttare per terra il Giro, sfregiando la tappa che meno lo meritava. Sono le grandi firme della classifica e i loro illuminati strateghi in ammiraglia, che alla fine si litigano i meriti di quello che passerà alla storia per uno dei più colossali autogol in bicicletta. Agli uomini che vogliono (volevano?) vincere questo Giro un sentito ringraziamento per la figuraccia offerta in diretta tv nella tappa più lunga e simbolica, ma soprattutto per lo scarso rispetto verso il popolo d’Abruzzo che, sotto il diluvio, ha persino avuto la forza di attenderli.
Fuga bidone, si dice in questi casi: proprio all’Aquila si lega la più celebre di tutte, quella che nel ’54 consegnò il Giro ad uno svizzero, Clerici. Altra storia, stavolta, perché non ci sono solo bidoni: dentro la comitiva che va in gita dopo 37 chilometri si infilano nomi illustri come Wiggins e Sastre. Sono tutti ben accompagnati, perché si muovono seguendo un disegno studiato a tavolino. Soprattutto, sono tanti, per non dire troppi: cinquantasei, per la precisione. ‘Quando parte una fuga così numerosa, prima si va a prendere, poi si guarda chi c’è dentro’, ricorda un tecnico: le buone regole, dopo giornate così, hanno persino il sapore dell’ironia.
E invece: chi resta dietro, va subito in tilt. Si pensa che la rincorsa spetti a Vinokourov per dovere di rango, ma il Vino rosè, meno spumeggiante degli altri giorni, vergognosamente snobba il pericolo. Ci si giustifica raccontando di aver annusato aria di guai quando i minuti di ritardo erano già otto, ma è una colossale scusa: fra radioline in corsa e televisori in ammiraglia, la comunicazione è l’ultimo dei problemi. Ma non si spiega perché, a un distacco così, si aggiungano in fretta altri dieci minuti. Non serve essere geni per capirlo: si buttano via tempo e tappa facendosi i dispetti l’un con l’altro. Esemplare in materia ciò che dice Roberto Amadio, manager della Liquigas di Basso e Nibali: ‘Noi non facciamo i gregari a nessuno’. In sintesi: piuttosto che qualcun altro vinca il Giro, meglio perderlo tutti. Così, al danno, si aggiunge pure la beffa: il tardivo e inutile inseguimento finisce per pesare sui capitani, perché le rispettive squadre sono già disintegrate da fatica e pioggia. Vedi ordine d’arrivo: non fosse per il buon cuore della giuria, gli ultimi quaranta sarebbero fuori tempo massimo.
‘Tappa fantastica’, riesce a strillare la Rai davanti a una giornata che è solo sconvolgente. In tutti i sensi. Vittoria al russo Petrov, che indovinando il guizzo nel cuore dell’Aquila allunga il conto dei successi stranieri (dieci su undici), maglia rosa al giovane Richie Porte, ennesimo australiano di talento che arriva dalla mountain bike, e Giro rovesciato, con quella vecchia lenza di Carlos Sastre che di colpo abbandona i panni di Paperino e guarda dall’alto al basso i cosiddetti big. Ai quali adesso tocca un compito obbligato: cancellare questa figuraccia per non finire cancellati.

da Il Resto del Carlino del 20 maggio
a firma di Angelo Costa
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COMMENTI
Saltare
20 maggio 2010 20:05 discesaesalita
Bè minimo dovrebbero saltare delle panchine, ma qui non siamo nel calcio e non ci se lo può permettere, ma grande dimostrazione di incapacità, come già era successo altre volte, ma dove sono in mano i nostri Campioni ? Liquigas, Androni, Lampre......incapaci di reagire, di decidere , aspettavano Vinokurov , ma vivono proprio fuori dal mondo, ma chi li paga.

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