Da «Il Giornale». Vittima del passato, la carovana snobba Nibali

| 14/05/2010 | 09:03
Caro diario, quanta voglia di futuro. O almeno di presente. Purchè sia finita col passato. Dopo pochi giorni di Giro, del passato già non se ne può più. Certo può sembrare sgradevole lanciare questo scocciatissimo “basta” proprio a Novi Ligure, sul traguardo che rende omaggio alle terre di Coppi, al mito di Coppi, al museo di Coppi. Ma credo che proprio Coppi, ovunque egli sia, per primo comprenda e condivida il senso: lui, ai suoi tempi così avanti, così fuori dagli schemi, così contro la polvere del conformismo e della tradizione. Lui, così giovane dentro.
Non c’è nemmeno bisogno di specificarlo: il culto della propria storia e della propria tradizione è qualcosa di sacro, guai rimuovere e dimenticare il passato con indifferenza da sfasciacarrozze. Ma c’è un limite. Un conto è il ricordo, un altro è la nostalgia. Qui sembra di vivere costantemente sulla macchina del tempo, con la barra fissa su cinquanta o sessant’anni fa. Opinionisti e trasmissioni tv parlano, pensano, sognano in bianco e nero. Hanno occhi, anima, emozioni seppiate. Per la miseria, si va avanti con la testa sempre rivolta all’indietro. Pure gli ospiti che arrivano ad ogni tappa, su invito del Giro, pure loro: attori, cantanti, calciatori, veline e figli di, tutti a ricordare Coppi e Bartali, Moser e Saronni, al massimo Pantani in una botta di modernità. Quando c’è la domanda sul perché sono al Giro, su che cosa amino del ciclismo, puntualmente cominciano a prenderla larga: ma, sai, è un po’ che, a me piaceva Gimondi, ultimamente non seguo proprio tutto, sono così pieno d’impegni…. E via con il filmato su Massignan, e via con la frase celebre d’anteguerra, e via con il parere dello storico Beppe Conti su Romeo Venturelli.
Quanta tristezza, quanta mestizia. Il passatismo è un virus feroce e incurabile, perché paralizza l’organismo e abbassa la vista fino a spegnerla. Resta solo nebbia. Non si riesce più a vedere fuori dalla finestra.
Ma al diavolo, questo compiacimento crepuscolare. Provassimo una volta, tutti quanti, a vedere anche quello che ci tocca nel nostro tempo, sotto al naso. Vedere, non solo guardare: c’è una differenza abissale. Ogni tempo ha le sue storie, e noi oggi ne abbiamo una finalmente viva, non morta, con gli ingredienti di sempre, umani e in particolare italiani, questo terrunciello Vincenzo Nibali che difende la maglia rosa con i denti, lui che se l’è venuta a prendere come un vero emigrante, salendo da Messina in Toscana a 16 anni, accolto come un figlio dalla    famiglia del suo diesse, pane e bicicletta, pane e scuole a Empoli, pane e tanti sogni di arrivare. Non capisco perché questa non debba essere una storia amabile e raccontabile. Secondo me lo è più di tante seppiate, perché se vogliamo dirla tutta costruirsi una storia simile nell’epoca allegra delle city-car e dell’happy-hour rappresenta per un ragazzo un triplo merito, rispetto a chi allora sceglieva la bicicletta come vera emancipazione sociale. Questo Nibali è ancora capace di stupori bellissimi, a 25 anni dice “la maglia rosa ha dormito vicino a me, stesa sulla valigia, e poi in gara mi è sembrata leggerissima, altro che pressioni della maglia rosa…”.
E come celebriamo noi contemporanei, a Novi Ligure, un così promettente campione del futuro? Ponendogli domande in sala stampa di questo tenore: “Che cosa sa di Girandengo?”. Lui, imbarazzato: “So che lo pagavano per non vincere…”. Indignazione in sala: “Noooooo, quello era Bindaaaa”.
Caro diario, l’abbiamo bocciato in storia. Capisci l’ambiente? Lui sta provando a costruire il domani, noi lo mortifichiamo con un pedante passatismo seppiato. E dovrebbe pure sentirsi in colpa. Che dire: spero trovi la forza di chiudere le orecchie e tirare dritto. Ma sarà dura. Prima di battere Evans e Vinokourov, dovrà battere la muffa.

da Il Giornale del 14 maggio
a firma di Cristiano Gatti
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COMMENTI
Grande Cristiano Gatti
14 maggio 2010 10:13 Ruggero
E'una questione che si ripete non solo in TV ma anche sulla carta stampata (vedi la rivista B.S.)il ciclismo sta morendo e nessuno sembra voler far nulla per modificare gli eventi,se si va in giro a chiedere di Giro D'Italia alla gente comune ci si rende conto che non conoscono un solo nome dei partecipanti,al limite ti parlano di Armstrong ovviamente,ma loro nulla,passato solo passato.
Vero è che i corridori hanno molte colpe visti i tristissimi avvenimenti di questi anni,però santo cielo se uno è così interessato al passato si compra un bel libro o una videocassetta e si documenta,che la smettessero di assillarci con i ricordi.
Si è mai visto che a un giovane calciatore durante un'intervista abbiano chiesto se si ricorda di Piola o Cuccureddu ?

prudenza
14 maggio 2010 14:32 pickett
Forse gli addetti ai lavori,prima di cantare le gesta di Nibali,preferiscono aspettare un po',ricordando quanto diceva Fanini riguardo lui e Pellizotti,e i loro strani allenamenti in altura.Su Pellizotti,Fanini ci ha preso in pieno...

100% con Gatti
14 maggio 2010 15:15 mdesanctis
... come quasi sempre.
Passa il Giro e nessuno conosce i corridori. Pensate un po' che differenza anche solo fino a 10 anni fa. Siamo sempre meno. E audience e share sono sempre più bassi. Non perchè noi appassionati siamo al lavoro e rubiamo, come adesso, 5 min. x vedere gli aggiornamenti. Eravamo al lavoro anche lo scorso anno e 10, 15 anni fa. Quando studiavo, il Giro era la festa che mi consentiva di accendere la tv alle 15 e vedere sport. Adesso ai giovani cosa gliene frega di questo sport di "dopati" (pensiero comune ormai diffuso)?!
E questi parlano ancora di Girardengo...
mdesanctis

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