
Lunedì 11 gennaio Franco Balmamion, l’ultima maglia rosa torinese, festeggerà il suo 70° compleanno. Un traguardo importante per il popolare campione di Nole Canavese, oggi residente a Ciriè, che con Italo Zilioli, di un anno più giovane, è stato l’ultimo esponente di spicco del ciclismo piemontese a livello internazionale. Personaggio schivo e riservato, anti-divo per eccellenza, Balmamion è diventato famoso soprattutto per aver conquistato due Giri d’Italia consecutivi (nel ‘62 e ‘63) senza vincere neppure una tappa. Nipote di Ettore Balmamion, detto il "Magninot", che fu buon corridore degli anni Trenta, Franco passò professionista nel ‘61, appena ventunenne, con i colori della Bianchi e fu subito protagonista al Giro, che quell’anno prese il via da Torino per festeggiare il Centenario dell’unità d’Italia. Dominò sulle strade di casa il "Trittico Tricolore" d’apertura e sul traguardo, posto al Parco Ruffini, venne preceduto in volata solo dal velocista spagnolo Miguel Poblet. Nella primavera dell’anno successivo, passato alla Carpano, si impose nella Milano-Torino, beffando sulla pista del Motovelodromo il compagno di fuga Adorni, che era molto più veloce di lui. "Sapevo che in volata con Vittorio non avrei avuto scampo - ricorda Franco - così nell’ultimo chilometro non ho più tirato e poi sono scattato a sorpresa già all’interno del Motovelodromo, sulla rampetta che immetteva in pista, conquistando la mia prima vittoria da professionista".
Qualche mese dopo, ecco il primo successo al Giro, che a dire il vero creò qualche problema all’interno della Carpano, in particolare con Nino Defilippis, che della formazione torinese era l’elemento più rappresentativo. "In realtà - racconta Balmamion - gli accordi iniziali erano che io avrei puntato alla classifica e Nino alle vittorie di tappa, come del resto aveva sempre fatto. Ma il secondo giorno andai in crisi e arrivai a 10', e allora i piani della vigilia dovettero cambiare. Poi però ho cominciato a rimontare e a Casale, con una fuga da lontano, ho conquistato la maglia rosa". E Defilippis si è arrabbiato, minacciando anche il ritiro.... "Proprio così, anche se non ce l'aveva con me. Ma Giacotto, il manager della squadra, ha saputo gestire bene la situazione, anche se probabilmente alla Carpano, sotto il profilo pubblicitario, una vittoria di Defilippis avrebbe fatto più comodo. Con Nino, comunque, l’amicizia è rimasta".
Dodici mesi dopo Balmamion fece il bis al Giro, e nessuno potè più parlare di vittoria a sorpresa. "Presi la maglia rosa sulle Alpi - ricorda il canavesano - ma poi dovetti cederla a Ronchini dopo la crono di Treviso, il giorno della morte di Papa Giovanni. La riconquistai definitivamente nel tappone dolomitico di Moena, a due giornate dal termine. Nessuna polemica, quella volta".
Ma poi, al Tour, la fortuna gli voltò le spalle. Franco cadde nella quarta tappa, venne ricoverato in ospedale e fu costretto al ritiro. "E’ forse il più grande rammarico della mia carriera. Non dico che avrei battuto Anquetil - ammette Balmamion - ma con la condizione ed il morale che mi ritrovavo senza quella caduta avrei sicuramente potuto aspirare ad un ottimo piazzamento". Invece Franco dovette aspettare quattro anni per salire sul podio della "Grande Boucle". "Nel ‘67 - ricorda - l’Italia andò al Tour con due squadre nazionali, una capitanata da Gimondi e l’altra da me. Se avessimo unito le forze il mio piazzamento sarebbe forse stato migliore. Invece ci correvamo contro e così ho dovuto accontentarmi del 3° posto". Ma una settimana dopo, tornato rodatissimo dalla corsa a tappe francese, Franco vinse per distacco il campionato italiano in Toscana, conquistando la maglia tricolore: il fiore all’occhiello, con i due Giri, di una carriera che, sotto l’aspetto qualitativo, non ha più avuto uguali in Piemonte.
Se sei giá nostro utente esegui il login altrimenti registrati.