Il caso Iacovozzi. Aggiornamenti e reazioni

| 05/01/2010 | 13:23
Ve ne abbiamo dato conto ieri: l'Uci - link http://www.uci.ch/templates/BUILTIN-NOFRAMES/Template1/layout.asp?MenuId=MTU4MTU&LangId=1 - ha proceduto alla registrazione, su proposta della federazione ungherese perché è così che funziona, della Betonexpressz Universal Caffè tra i team Continental per il 2010. sei i corridori italiani ma soprattutto italiano è il team manager: Antonio Iacovozzi.
Bene, Antonio Iacovozzi - contro il quale, per inciso, non abbiamo assolutamente nulla - è stato squalificato per tre anni dalla Federazione Ciclistica Italiana all'inizio del 2009 a causa di gravi illeciti amministrativi e nello specifico insolvenza nei confronti di un tesserato, produzione non autentica di documentazione, comportamenti che hanno ostacolato il lavoro degli Organi Federali (Il Mondo del Ciclismo, n. 21, pag 55).
Non solo, nell'elenco aggiornato delle disposizioni giudiziarie prese dalla Federciclismo - link http://www.federciclismo.it/giustizia/cdfn.asp - Antonio  Iacovozzi appare addirittura come "radiato".
Ma come è possibile che una persona radiata in Italia possa ricoprire lo stesso identico ruolo per la quale è stata sanzionata, in un team straniero? Portando con sè uno sponsor italiano (la Universal Caffè) e ben sei corridori italiani e probabilmente anche qualche uomo del personale?
Certo, replicherà qualcuno, per l'Uci Iacovozzi non è il referente economico del team - indicato nella signora Zsuzsanna Horvath - ma la situazione è poco chiara ugualmente.
È chiaro che il presidente della Federciclismo Renato Di Rocco deve scendere in campo: è vero che Iacovozzi è tesserato in Ungheria, ma Di Rocco - nella sua qualità di neovice presidente della Uci - deve sollecitare un intervento immediato che permetta di risolvere il problema a livello mondiale, esigendo che tutte le federazioni nazionali chiedano le medesime garanzie e i medesimi impegni alle squadre e ai singoli tesserati. Ed è necessario che anche l'Accpi, da parte sua, porti il CPA a conoscenza del problema per sollecitare una soluzione che eviti il ripetersi di queste incresciose situazioni.
Probabilmente quello di Iacovozzi non è l'unico caso del genere, ma non è una buona ragione per lasciarlo irrisolto.

Contattato da tuttobiciweb.it, Antonio Iacovozzi non ha voluto entrare nel merito della questione anche perché davanti alla Procura di Pescara si sta svolgendo un dibattimento che lo oppone proprio alla Federazione Ciclistica Italiana. La prossima udienza è in calendario a metà febbraio.
«L'unica cosa che posso ufficializzare - spiega Iacovozzi - è che ho già comunicato all'Uci che, fino a quando il tribunale non avrà pronunciato la sua sentenza, ho rinunciato ad occupare qualsiasi posizione direttiva in qualsiasi team o società».
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COMMENTI
non solo
5 gennaio 2010 14:00 raggi
Mi risulta che non è il solo, anche altri sono incasinati con INSOLVENZE, eppure la FCI e l'UCI, al momento dell'iscrizione non controllano le teste di legno (così mi risulta vengono chiati i prestanome) responsabile e danno la licenza, creando continui danni all'immagine.

Dire è vergognoso è poco
5 gennaio 2010 15:47 discesaesalita
Ma scherziamo veramente, ma dai qui hanno colpa tutti, la FCI ha non comunicare i nomi di questi Manager, ai ciclisti che pur di correre rischiano il tutto per tutto in questi team, al personale tipo i direttori sportivi che ci sono ecc, sopratutto agli organizzatori che li invitano alle gare, attenzione perchè gli organizzatori stanno redicolizzando il movimento, non vogliono più pagare i rimborsi e invitano queste fantomatiche squadre che vengono anche se devono pagarsi l'hotel e senza rimborsi compremettendo così il rispetto e l'equilibrio professionale del ciclismo e della qualità, infine la stampa che non dovrebbe dare neppure una riga di attenzione.
Basta basta vogliamo un ciclismo pulito e non solo del doping.

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