Reverberi: «Ale è grande, ma un po' di merito è anche mio»

| 20/03/2005 | 00:00
Petacchi ha sentito parlare per la prima volta nel '93. Aveva 19 anni, Alessandro. ''C'e' un ragazzino delle mie parti che va forte'' disse Massimo Podenzana a Bruno Reverberi, direttore sportivo di lungo corso specializzato in squadre da mezza classifica. Una specie di Mazzone del ciclismo. ''Poi me ne parlo' bene anche Sandro Lerici, ds della Velutex dilettanti. 'Se lo prendi fai un affare' mi disse'' racconta l'attuale team manager della Ceramiche Panaria. Che al vincitore della Milano-Sanremo, erede di Cipollini ed aspirante campione del mondo, nel 1996 offri' il primo contratto da professionista. Alla corte di Reverberi, Alessandro resto' per quattro stagioni, con una sola vittoria tanto esotica quanto insignificante: la tappa di Mersing nel Giro di Malesia del 1998. ''Le qualita' fisiche le aveva anche allora. Da quel punto di vista aveva le possibilita' del campione - racconta Reverberi - ma penso che neanche la mamma avrebbe creduto che potesse diventare quello di adesso''. ''Aveva qualche problema di carattere - rivela il navigato ds - era un po' introverso. Ed in piu' sentiva molto il peso di un incidente che aveva avuto in macchina. Era morta una persona. Non so se fosse stata colpa di Alessandro o meno, ma lui se ne portava dentro il peso. Cio' nonostante al secondo anno aveva cominciato a dimostrare di essere veloce abbastanza da poter tirare le volate di Guidi. Andava forte anche in salita. Era uno che poteva arrivare a vincere le volate dei gruppetti ristretti. Francamente era inimmaginabile che diventasse questo Petacchi''. Cosa e' successo quando nel 2000 e' passato alla corte di Giancarlo Ferretti? Una volta entrato nello squadrone Fassa Bortolo, la progressione di Petacchi e' stata inesorabile: 9 vittorie nel 2000, 5 nel 2001, 12 nel 2002, 30 nel 2003 (con 6 tappe al Giro, 4 al Tour, 5 alla Vuelta), 21 nel 2004 (con il record di 9 al Giro, ma anche la delusione della Sanremo). ''Evidentemente e' cambiata la testa, e' cresciuta la convinzione - afferma Reberberi - Senza contare che e' molto diverso tirare la volata ed essere tirati. In uno sprint la differenza a volte la fa un metro, o due. E lui era gia' veloce quando era con noi. Una volta in Spagna tiro' per Guidi ma rischio' di vincere. Lo stesso Ferretti rimase sorpreso e quando me ne parlo' gli dissi: 'stai sicuro, e' un ragazzo serio'''. Nel ricordo si lascia scappare un sorriso. ''La cosa buffa e' che a volte si perdeva per cose da ragazzino - racconta Reverberi - Quando andammo a vedere la Roubaix si spavento' a vedere il pave': 'abbiamo sbagliato strada, torniamo indietro, qui non ci si puo' mica andare in bici...'. E quando una volta gli scappo' un pappagallo, voleva lasciare la corsa e andarsene a casa... Ma ora e' maturato''. ''Io non mi aspetto ringraziamenti - conclude Reverberi - ma io sono convinto che essere stato in una squadra come la mia gli abbia permesso di maturare. Da me ha potuto farlo senza che gli venisse chiesto piu' di tanto. Fosse capitato subito in una grande squadra avrebbe smesso dopo un paio d'anni. Era un ragazzo sensibile, me lo disse subito Lerici. E c'era persino un massaggiatore che adesso se lo liscia ma allora mi chiedeva 'che te ne fai?'... Ma io tenni duro ed eccolo li'''. Un giudizio sostanzialmente condiviso dalla stesso Petacchi, che di fatto e' emerso solo a 29 anni, all'ottava stagione da professionista. Pero' di ringraziamenti non se ne parla. Perche' e' esploso solo in eta' matura quando un Cipollini vinse la sua prima tappa al Giro a 22 anni? ''Nei primi quattro anni con Reverberi - ha raccontato Petacchi - fisicamente ero maturo, mentalmente no. Ci ho messo qualche anno a venire fuori psicologicamente. Solo nel 2000 Ferretti mi ha capito di piu' e ha cominciato a darmi piu' responsabilita'. Ma nel 2001 mi sono rotto una clavicola e nel 2002 arrivai al Giro gia' stanco dopo aver battuto tanta gente forte nei primi mesi dell'anno. Dopo il Giro del 2003, quando ho cominciato a vincere ed ho continuato fino alla Vuelta, ho dato pero' una svolta alla mia carriera''. E ieri l'ha consacrata. Con un urlo da campione in Via Roma, a Sanremo.
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