Controreplica Katusha: cara ACCPI, noi dobbiamo difenderci
| 09/06/2009 | 18:40 Il team Katusha, a firma del suo presidente Andrei Tchmil, ha risposto immediatamente al comunicato dell’Accpi, scrivendo a sua volta il comunicato che pubblichiamo:
In merito al comunicato ufficiale dell’ACCPI di oggi (9 giugno 09), non possiamo esimerci dal precisare alcuni aspetti sostanziali della questione che, evidentemente, sfuggono a chi ha scritto e sottoscritto la nota. In primo luogo questo Team non ha ovviamente nulla contro la categoria dei corridori. Anzi l’intendimento è quello di salvaguardare quelli che fanno onestamente la propria professione. In secondo luogo non possiamo fare a meno di segnalare il perfetto tempismo con cui questi comunicati vengono divulgati: denunciando sempre “cosa non va bene", senza fare mai nulla di concreto a scopo preventivo. Come se dovessero far sentire la loro voce ogni tanto. Infine vorremmo sottolineare come questi signori probabilmente dimenticano che anche se la legge del 2001 (D. Lgs. 231/01) non è applicabile formalmente alle società sportive, lo è a tutti gli affetti. Evidentemente ai signori dell’ACCPI è sfuggita la fuga di sponsor dal ciclismo (Saunier Duval, Gerolsteiner, T-Mobile per esempio) per colpa degli scandali doping. Ma per quale bizzarra ragione, sessanta dipendenti, che vivono e mantengono le loro famiglie con questo lavoro, devono essere alla mercè di un singolo corridore che decide, nonostante tutte le raccomandazioni, di affidarsi a pratiche illecite? Per quale ragione un team, che investe milioni di euro in un progetto sportivo, dovrebbe rinunciare a cautelarsi? Per quanti controlli interni una squadra possa organizzare ci sarà sempre qualcuno che, a casa propria, cercherà la strada per rovinare se stesso e questo sport e noi stiamo cercando di evitarlo, almeno nella nostra squadra, anche se sappiamo che servirà a poco.
Sono fermamente convinto che il metodo che sta’ introducendo il team Katusha, se purche’ in buona fede, non possa di certo risolvere i problemi che ci sono al giorno d’oggi nel ciclismo moderno.
Forse e’ sfugito a loro, che e’ inutile martellare i corridori anche se giustamente vanno tenuti controllati. Ma sanzioni di questo genere dovrebbero metterle a tutto il personale del Team. No non avete capito male!!!! Perche’ devono pagare solo i corridori? Se come dite da tutti i controlli che fanno si possono vedere notevoli sbalzi sia del sangue che di altri valori come puo' non accorgersi nessuno?.....Quindi e’ responsabile anche il medico della squadra che segue i corridori, sia il direttore sportivo che e’ a contatto con loro, perche’ no i massaggiatori, meccanici ecc... che se anche per assurdo potrebbero benissimo, inserire qualche sostanza in panini e borracce d’acqua!!!!! Sara’ assurdo e spero fantascientifico questo ragionamento ma visto che la possibilita’ esiste perche’ non sanzionare tutti?
Poi caro Tchmil, non e’ con questi stratagemmi che si lotta il doping, la cosa e’ molto piu’ complessa, l’ho detto e scritto molte volte, ormai e’ diventato un problema culturale, quindi va colpito fino dalla radice, giustamente dovete essere aiutati dalle autorita’ competenti, ma fino che voi squadre “potenti” accettate che diventano professionisti, corridori che non hanno i giusti requisiti, e fate fare i direttori sportivi a persone incapaci solo perche’ portano uno sponsor, in piu’ non vi affidate a dei veri Manager, mi dispiace ma il movimento fara’ fatica a risanarsi. E’ inutile prendersela sempre con l’ultima ruota del carro i corridori, anche se ammetto hanno per la maggior parte torto!!!!! Volete risolvere il problema? Fatevi tutti un bel esame di coscienza, siate contenti non solo delle vittorie dei vostri atleti, ma anche dei piazzamenti, e delle persone che lavorano da professionisti, se poi vogliono entrare sponsor che vogliono la vittoria a tutti i costi bisogna avere il coraggio di lasciarli andare, sono loro la rovina, ci vogliono sponsor pazienti con un programma serio. Penso che questo sarebbe un buon inizio.......www.guidotrenti.it ex ciclista 2008.
OK Andrei
9 giugno 2009 21:14castellano
Coraggio Andrei . Continua e difendi il tuo sponsor.
Non ho mai sentito dalle Associazioni Corridori proposte concrete per combattere questo problema che sta impoverendo il ciclismo. Se le Istituzioni non concordono una difesa comune ben vengano i singoli operatori. E mi auguro che anche gli organizzatori la smettano con le chiacchiere e vadano al sodo.
Castellano
Specchietto per le allodole
10 giugno 2009 11:59ciclistas
Apparantemente sembrerebbe un ottimo deterrente: molto più ad esempio di una squalifica a vita perchè molto più penalizzante economicamente soprattutto per i corridori di una certa età e di nome.
Ma poi dal punto di vista pratico come la mettiamo se il corridore in questione è per esempio colombiano e tesserato per una squadra francese? Oppure restiamo in italia: quanti anni ci vorrebbero tra processi e ricorsi vari per ottenere i soldi da un ciclista che nel frattempo ha trovato il modo di intestare tutti i suoi averi a moglie, figli ecc. e risulta nulla tenente?
Ultima considerazione ma non meno importante: potrebbe essere solo "facciata" perchè si puo' benissimo far capire al corridore che "un contratto si puo' anche strappare"
Saluti, Claudio Pagani
La ragione come sempre sta nel mezzo...
10 giugno 2009 15:37The rider
Anche io la penso come Andrei Tchmil, perchè è successo molte volte che a causa di qualche corridore scellerato, a perdere il lavoro siano solo le persone dello staff della squadra, ed è quello che è successo ultimamente anche con la Saunier Duval.
Però il ragionamento di Guido Trenti non fa una grinza, ha ragione anche lui, sopratutto quando scrive che gli sponsor dovrebbero accontentarsi anche dei piazzamenti e non pretendere solo vittorie.
Maurizio Ponti.
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