Lorenzetto: cerco riscatto dopo sei mesi d'inferno
| 26/02/2005 | 00:00 È risorto dall’inferno ed ora chiede spazio, non solo sfruttando lo spunto veloce che mamma natura lo ha dotato. Mirko Lorenzetto, classe ’81, alla seconda stagione tra i professionisti, dopo il passaggio con la De Nardi di Stanga è già ripartito da Donoratico, oggi la seconda gara in Svizzera al Gp di Chiasso a cui si schiera la Domina Vacanze. Il drammatico capitombolo al Giro d’Olanda di fine agosto è un brutto ricordo che però ha lasciato i suoi segni: frattura della clavicola e del piede (scafoide e astragalo) sinistro a cui hanno fatto seguito una operazione all’ospedale di Oderzo a metà settembre, 50 giorni di carrozzina, 15 di stampelle e tanta riabilitazione per poter tornare in bici dal primo novembre. Un miracolo, se si considera che l’osso del piede gli è stato trapiantato. Il suo non esisteva più.
“Era praticamente scoppiato, si era disintegrato, nel violento impatto con il supporto della transenna. D’altronde siamo caduti in volata, la strada era bagnata e la sbandata per evitare gli uomini del «treno» che arretravano ha fatto davvero danni. Comunque adesso tutto è passato. Per le cure mi corre l’obbligo di ringraziare il professor Rebuzzi che mi ha operato, il Centro di Fisioterapia di Conegliano e la Euromed che mi hanno seguito”.
Quali le sensazioni ai primi colpi di pedale?
“Peso 2 chili in meno ed in salita ho tempi inferiori rispetto allo scorso anno senza puntarci in particolare”.
Lo scorso anno belle volate alla Tirreno-Adriatico (quarto dietro Bettini, Freire e Zabel, ma davanti a O’Grady) al Regio Tour con le piazze d’onore in Catalogna (battuto da Galvez) e al Brixia Tour dietro Metlushenko e davanti all’iridato Astarloa. Adesso la nuova avventura.
“Mi è mancata la vittoria lo scorso anno, ma già essere ritornato in bici è un successo. Sono l’unico uomo veloce (gli altri sono Quaranta, Furlan e Cadamuro, ndr) della Domina Vacanze che se la cava nella gare impegnative. Il mio sogno è la Sanremo, semplicemente spettacolare”.
Massimo Bolognini
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