Non so quanto davvero sarà duro il nuovo Giro, so per certo che risulterà comunque meno faticoso della presentazione ufficiale. Senza fine come il trofeo, un diluvio di parole senza mai arrivare al dunque, alla fine uno mette mano al portafoglio e chiede forza, dai, quanto devo per vedere questa benedetta cartina.
Tutto un pomeriggio al 15%. Dal chilometro zero all'arrivo. In un modo o nell'altro, qualcuno ce la fa. E alla fine scopre la solita legge d'autunno: i percorsi sono tutti belli e brutti, facili e difficili, grigi e artistici, a seconda di chi e di come li farà.
Questa volta, rispetto all'anno scorso, qualche fremito e qualche eccitazione in più: metti che davvero arrivi Vingegaard per completare la collezione dei grandi giri, metti che venga Evenepoel per variare la monotonia del terzo posto al Tour, mettici anche che noi italiani possiamo magari testare finalmente Pellizzari capitano, ipotizza tutto questo ed effettivamente avresti un gran bel Giro, salita più, salita meno.
Ma è meglio essere molto sinceri: al momento, siamo fissi nel ramo fantasia. Adesso il gioco è in mano alle programmazioni (agli interessi) delle squadre, e magari anche ai margini di trattativa dell'organizzazione con i suoi budget, per cui il Giro sulla carta è il grande interrogativo di sempre: bello, brutto, facile, difficile? La risposta è doverosamente una sola: dipende.
Se poi vogliamo spendere comunque una parola in sede di Bar Sport guardando i tracciati, così come asetticamente si presentano, emergono più che altro queste considerazioni.
E' un Giro bulgaro, sperando lo sia solo geograficamente, perchè già quello albanese ha lasciato profondi strascichi depressivi (le squadre sono talmente felici dell'improvvisata che preferirebbero passare tutte un week-end dal dentista).
E' un Giro subito definito alla portata, non massacrante, che lascia nel serbatoio tanta benzina per il Tour. Definizione ufficiale, “equilibrato”. Più democristiano che democratico.
E' un Giro che vuole piacere a tutti senza piacere a nessuno in particolare, con 40,2 chilometri di cronometro, 8 tappe di pianura, 7 nervose (prima settimana con Blockhaus, muri marchigiani, Corno alle Scale), 5 di montagna (largheggiamo), però con la Cima Coppi sul Giau.
E' un Giro con la crono per pasturare chiaramente Remco, anche se qualcuno mi deve ancora convincere che in una crono da grande Giro il Vinge gli debba poi cedere tutto questo terreno.
Questo ed altro. Ma soprattutto, è un Giro senza griffe d'autore, senza i luoghi del culto, quelli che fanno di un Giro qualunque un Giro speciale (cfr. “Il piccolo principe”). E per quanto mi riguarda, un Giro senza Mortirolo, senza Zoncolan, senza Colle delle Finestre, sarà sempre un Giro qualunque.