Chissà se ha ancora quelle due bici, una Bianchi Lusso degli anni Quaranta, appartenuta a uno zio farmacista, e una bici austriaca, che aveva acquistato con i propri soldi, la prima più comoda, la seconda più veloce, tutte e due nere. Sono trascorsi quasi 22 anni da quando fu pubblicata la prima edizione del “Manuale dell’imperfetto sportivo”. E Beppe Severgnini avrà certamente arricchito il suo patrimonio a pedali.
Ho rispolverato il suo libro nella versione tascabile (Rizzoli Superpocket del 2004, 256 pagine, 2,90 euro) in un book crossing dove novità e classici, enciclopedie e chicche, fuori catalogo e fuori memoria compongono una comunità in cerca di adozione, anche temporanea. E in questo manuale salottiero, scanzonato e spiritoso, Severgnini dedica qualche pagina anche al ciclismo, sport accomunato al calcio, ma anche al calciobalilla, dal sudore: “Uno sport senza sudore non può esistere”, “Sudano tutti. E sono contenti di farlo”, “Quelle goccioline sono infatti un segnale di ringraziamento del corpo, che dice: era ora, fratello (o sorella), che ti alzassi da quella sedia”.
Severgnini premette: “La mia cicloincompetenza è assoluta”. Non se ne vanta, ma non intende convertirsi. Sostiene che “verso la bicicletta nutro un amore ingenuo e distratto”, dichiara che “sono un disastro nella manutenzione, ed è già molto se mi ricordo di gonfiare le gomme”, confida che “non sono neppure attaccato alle biciclette che possiedo” e en passant confessa che “sono uno dei tanti Impantanati (entusiasmati e poi delusi da Pantani)”. Però una cosa gli piace da matti: “Osservare gli altri ciclisti. Quelli di Milano. I Ciclisti della City”.
Ed ecco la sua classificazione. Il Professionista: “Ha i capelli brizzolati, una bicicletta nera e una cartella di cuoio sul portapacchi”. La Signora-con-Cestino: “Che di solito non ha niente da metterci dentro (la spesa la fa la domestica, o gliela portano a casa)”. La Ragazza-Maschia: “E’ convinta che una bicicletta da uomo sia una dichiarazione esistenziale”. E l’Inguainato: “Tra tutti il mio personaggio preferito. Indossa mille euro di materiale, attillato e fosforescente. Porta un casco allungato, due scarpette buffe e un paio di occhiali fascianti come quelli del bullo che fa pubblicità alle automobili in tv. Solo che il bullo televisivo guida in abito da sera; l’Inguainato ciclistico sembra Paperoga. Ma non lo sa. Quando vede la propria immagine riflessa nelle vetrine pensa sia un altro Inguainato, e pedala forsennatamente per raggiungerlo”. E “se lo vedete passare – si raccomanda Severgnini -, non ridete di lui. Incitatelo, invece. Gridate ‘Dài che lo prendi!’, finché non sparisce all’orizzonte”.
Osservatore di costumi e malcostumi, Severgnini sorride e deride: “La bicicletta – spiega – può ridurre un product manager a vestirsi come Arlecchino e camminare come Charlot”. Ma sì, dai, è vero.
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