
Per il settore fuoristrada, ed in modo particolare per la disciplina olimpica del mountain-bike, il veneziano Marco Bui è stato e continua ad essere un punto di riferimento. Nonostante i suoi 48 anni (è nato a Mestre il 17 ottobre 1977) continua ad ispirare le nuove generazioni soprattutto per la sua seconda vita sportiva. Bui, che era un ragazzo sorridente, dall'aria furba, fece sognare i numerosissimi sostenitori ai Giochi Olimpici di Atene, dove si classificò decimo nonostante una pericolosa caduta.
“Anche quando ci incontriamo - ha sottolineato Luciano Martellozzo, suo maggiore sostenitore e curatore dell’atleta sin dalla giovanissima età - Marco sorride e mostra con orgoglio il suo maggiore trofeo che ha quattro anni e si chiama Alessandro, il suo bimbo, scalpitante e tifoso quasi consapevole della grandezza sportiva del passato del papà che è accompagnato dalla mamma e Giorgia, una bella ragazza schiva e quasi pronta per tenere a bada una famiglia in continuo fermento a dimostrazione che il mestrino non è cambiato nonostante ne abbia passate tante”.
Nel 2004 Marco Bui fu considerato il più forte biker in circolazione in Italia dopo aver vinto un titolo Mondiale nel 1999 battendo Cadel Evans, conquistato cinque titoli italiani e tutti scommetteva sulla sua straordinaria carriera. Con la complicità dello stesso Luciano Martellozzo e dell’ex prof. Giovanni Battaglin, patron allora della Full-Dynamix, si cercò di farlo avvicinare al settore strada tra i professionisti, un po' come Sagan, con il mitico Gianni Savio che puntò sulle sue attenzioni. Ma tutto si fermò nel settembre del 2005 quando un'auto lo investì mentre viaggiava a bordo del suo scooter. Il calvario di Bui iniziò in quel momento, con il rischio di un'amputazione e la paura di non poter più tornare a camminare. La sua determinazione e il coraggio lo guidarono, attraverso una lenta e faticosa riabilitazione a Ferrara nel Centro Riabilitazione sotto la guida del medico della Federazione, Giovanni Posabella. Bui sotto la spinta dei suoi tifosi ritornò a partecipare alle competizioni e a iscriversi nel club di Cento, Iema di Ferrara, diretto da Franco Bissoli.
Lo sport è risultato la sua salvezza, uno stimolo che ha dato valore alla sua vita. “Voglio restare nel ciclismo che è la mia vita” furono le sue parole dopo la consapevolezza della sua tragedia sportiva. Non fu semplice per lui trovare la voglia di mettersi di nuovo in gioco. Ora il suo obiettivo non è più quello del Campione del Mondo ma quello di trasmettere ai giovani e a suo figlio in particolare, la voglia di praticare lo sport e la grinta.
“Mi sembra doveroso ricordare la storia del fuoristrada, con il paradosso di Venezia con la mountain bike - ha proseguito con orgoglio Luciano Martellozzo - . Sembra strano ma è proprio vero, la disciplina agonistica del mountain bike è partita proprio da Venezia e allora le prime pedalate, fatte con mezzi rudimentali o assemblati, furono copiati dalla moda statunitense che molti definivano ‘un’americanata’, fino a diventare attualmente una grande e straordinaria specialità olimpica. Da questa moda è nato chi ha fatto sognare tutti gli sportivi del settore e soprattutto i veneziani, consapevoli di avere in casa un campione nato e cresciuto in un territorio privo di altimetrie”.
Nella stagione 2025 Bui è stato protagonista in Slovenia alla gara internazionale Troy Trek, alla Marathon del Montello, nel fango di Panarella nel Trofeo Serenissima e con un terzo posto nella classifica Finale della Veneto-Cup e un secondo al Serenissima e accompagnati da innumerevoli ottimi piazzamenti. Tutti risultati conseguiti con la grinta degli anni migliori.
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