LA CORTE FEDERALE D’APPELLO RESTITUISCE A GAMBACCIANI LA CORRETTEZZA DEL SUO AGIRE

GIUSTIZIA | 18/10/2025 | 08:19
di Silvano Antonelli

Il primo ed agognato sospiro di sollievo per la categoria dei direttori di corsa era arrivato il 3 ottobre, quando la Corte Federale d’Appello comunicava di aver accolto il ricorso presentato da Rodolfo Gambacciani e quindi “l’estinzione del giudizio disciplinare “ a suo carico. Provvedimento inflittogli precedetentemente dal Tribunale Federale (18.7.25) che lo aveva ritenuto colpevole, in occasione della 72ª Firenze-Mare (3.8.2018), di non aver impedito «lo svolgimento della manifestazione ciclistica in assenza di adeguate cautele e segnatamente non imponendo all’organizzatore di predisporre barriere di contenimento con protezioni morbide… e, comunque, consentendo lo svolgimento della manifestazione nonostante la pericolosità dello specifico segmento del percorso…» laddove, in una curva in discesa, l’atleta Michael Antonelli usciva di strada riportando lesioni che poi lo avrebbero condotto alla morte seppure due anni dopo. “Estinzione del giudizio”, ovvero, “manifesta infondatezza”, o più prosaicamente imputato assolto o che il fatto non sussiste.



Si badi, un giudizio opposto a quanto lo stesso Tribunale nel 2021 aveva sostenuto ritenendo di doversi archiviare il caso, per poi riaprirlo su esposto (gennaio 2025) dei legali della famiglia Antonelli, e quindi ribaltarlo ritenendo che le motivazioni della sentenza (n. 138/2024) del Tribunale Penale di Pistoia, dove il Gambacciani in primo grado - veniva condannato a 20 mesi di galera ed una provvisionale di seicentomila euro -, avessero offerto elementi di tale portata da giustificare la riapertura di un caso già caduto in prescrizione.

Una sentenza di forte sorpresa per l’intera categoria dei direttori di corsa rimasti increduli del fatto che il Tribunale Federale avesse adottato motivazioni pressoché identiche a quella del tribunale ordinario così abdicando all’autonoma valutazione delle norme federali. Con la conseguenza di reazioni piuttosto accese tra gli addetti di cui, nelle ragioni, delusioni e aspettative, già se né dato conto su tuttobiciweb del 2 agosto , insieme all’auspicio che il pronunciamento della Corte Federale d’Appello avvenisse in tempi utili per essere eventualmente utilizzato a difesa del Gambacciani per il ricorso presentato presso la Corte d’Appello di Firenze ad interpretazione autentica delle norme federali.

Ma se per certi versi già confortava quella “estinzione del giudizio disciplinare”, ancor di più, molto di più, confortano le motivazioni del pronunciamento pubblicate dalla Corte Federale d’Appello qualche giorno fa, esattamente il 13 ottobre, un testo da leggersi preferibilmente per intero.

Il ricorso “Gambacciani” viene accolto, in via principale e “assorbente”, perché il Tribunale Federale non avrebbe dovuto riaprire un procedimento già archiviato per la sola sopravvenuta conoscenza della sentenza del Tribunale di Pistoia, a sua volta formulata su fatti e circostanze già a conoscenza del Tribunale Federale, che potevano eventualmente essere approfondite ed accertate con gli strumenti d’indagine che la giustizia sportiva consente, da svolgersi con scrupolo di istruttoria e autonomia di ruolo. E quindi, “nessun fatto nuovo” tale da giustificare la straordinaria decisione di riaprire un procedimento raggiunto da prescrizione. Ancor più quando, come nel caso di Pistoia, la pronuncia di condanna di primo grado risulti appellata e pertanto «priva del crisma della “definitività”, quale requisito imprescindibile per farla valere davanti agli organi di giustizia sportiva».

Cioè a dire che, se col primo procedimento disciplinare, il Tribunale Federale aveva ritenuto di archiviare il caso valutando il Gambacciani assolutamente estraneo a colpe e responsabilità per l’accaduto, tale sintesi rimaneva anche nei convincimenti della Corte Federale d’Appello.

La quale però, è qui viene l’interessante sorpresa, con la propria sentenza decide di non limitarsi ai vizi procedurali per andare anche ad abundantiam (oltre il bisogno e la sufficienza) nel merito dell’accaduto, per dimostrare in modo chiaro i motivi di «insussistenza della responsabilità disciplinare», ossia, in altre parole, l’assoluzione da responsabilità per fatti ascritti.

Sembra quasi, e positivamente, che la Corte Federale d’Appello, abbia fatto propria la necessità, da molti rivendicata, di dare un segno della propria specifica competenza ed autonomia nella valutazione delle stesse norme federali, contribuendo in tal modo anche ad una giurisprudenza ordinaria più attenta alla fattualità di specie oltreché al senso generale della norma.

Infatti, in primo luogo, sostiene la Corte Federale d’Appello, non si può condividere un giudizio fondato su principi generali richiamanti le responsabilità di garanzia che il direttore di corsa deve offrire, “senza tuttavia dimostrare in concreto la violazione di una specifica regola cautelare imposta dall'ordinamento federale”.

Ma ancor più, in secondo luogo e in via dirimente, «l'analisi della responsabilità deve essere condotta sulla base di un giudizio “ex ante”, valutando la prevedibilità e l'evitabilità dell'evento. Il Tribunale (Federale ndr) ha invece operato una valutazione “ex post”, fondando il proprio convincimento sulla mera "probabilità" che l'evento non si sarebbe verificato in presenza di barriere, un criterio che, se applicato in modo generalizzato, porterebbe a un'inammissibile forma di responsabilità oggettiva del direttore di corsa per qualsiasi incidente». Finanche nel caso in questione, «dove l'evento verificatosi non rappresenta la concretizzazione del rischio tipico che la norma sulla messa in sicurezza dei percorsi intende prevenire, ma un accadimento atipico e sfortunato, non ascrivibile a colpa del direttore di corsa».

Più chiari di così non si poteva essere, e questa sorta di “rimprovero accademico”, è giusto prenderlo come un significativo contributo a ciò che la FCI sta elaborando ed ha il compito di proporre, nelle opportune sedi, in materia di aggiornamento sia dei regolamenti sportivi che dello stesso codice della strada.

Resta ancora un passaggio, tremendamente pesante per il Gambacciani, quello del giudizio della Corte d’Appello di Firenze, prossimamente chiamata ad esprimersi sul ricorso presentato dallo stesso, con l’auspicio di vedersi assolto a riforma integrale della sentenza di primo grado.

Non più e soltanto una questione personale: a Firenze ci saranno in ballo anche le attese di quei direttori di corsa e di quegli organizzatori che per pura passione si caricano la responsabilità, quasi assoluta, di come mettere in strada un ciclismo di cui c’è estremamente bisogno, in ogni sua valenza, e significativamente parte del nuovo art. 33 della Costituzione, dove è stato inserito il riconoscimento del “valore educativo e sociale dell'attività sportiva”. Principio per nulla astratto e che rivendica il giusto posto anche nelle aule di giustizia chiamate a dirimere le responsabilità dei cittadini che si prestano ad essere strumento dell’interesse pubblico.

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