
Novant’anni fa: 3425 km, 14 tappe, 50 corridori. La prima Vuelta. Beppe Conti continua a pedalare nella storia con “C’era una Vuelta” (Graphot, 176 pagine, 15 euro), la storia e le storie del grande giro spagnolo, fino all’edizione del 2025, cominciata nella sua terra, sulle sue strade, quelle del Piemonte. E lo fa con il suo passo, riconosciuto e riconoscibile, da divulgatore, grato e gradito, cartaceo e televisivo.
Da Vicente Trueba: “Pare fosse il preferito anche dal giovane avvocato Agnelli, il quale in realtà non ha mai amato troppo le corse in bicicletta. Trueba era alto 1,54 e pesava 50 kg, lo chiamavano ‘la pulce di Torrelavega’. O dei Pirenei. Aveva inaugurato la classifica degli scalatori al Tour de France ’33, la prima volta che venne proposta la graduatoria, passando per primo su tutti i colli, dall’Aubisque al Ballon d’Alsace, dal Galibier al Tourmalet. Il problema era che poi in discesa perdeva tutto il terreno guadagnato in salita. O quasi. Aveva paura e scendeva pianissimo. Alla prima Vuelta, poi, si accorse di aver la tenia. Addio speranze”. A Edoardo Molinar: “Era di Rocca Canavese, classe 1907. E in quel piccolo borgo ci ha lasciato il 22 settembre ’94. Correva fra gli indipendenti, andava forte in salita, vinse anche una corsa sul Puy de Dome, prese parte tre volte al Giro (settimo nel ’37) e due volte al Tour (tredicesimo nel ’34) sempre nella categoria degli isolati. In quegli anni Molinar si era trasferito a vivere in Costa Azzurra. Alla Vuelta ’35 vinse la tredicesima e penultima tappa da Caceres a Zamora, proprio davanti al leader della corsa Deloor (all’epoca vestiva una maglia arancione). Molinar chiuse al quarto posto in classifica e si aggiudicò la graduatoria degli scalatori davanti a tutti gli spagnoli, entrando così nella storia della Vuelta di Spagna”.
Fra statistiche: “Fausto Coppi non ha mai vinto una classica nella sua regione, il Piemonte. Mai una Milano-Torino, mai un Giro del Piemonte. Lui che trionfò cinque volte al Giro, due volte al Tour, realizzando due volte l’accoppiata fra le due grandi gare a tappe, ciò che all’epoca non si pensava fosse possibile dal punto di vista fisico. Ma non solo Coppi. ‘Miguelon’ Indurain ha vinto ben cinque Tour de France consecutivi, ha vinto due Giri d’Italia, ha colto due volte la doppietta di stagione. Ma non ha mai vinto la Vuelta di Spagna, la corsa a tappe fra la sua gente. Incredibile! Sempre sconfitto, a volte neppure presente, quasi per dispetto. La sfiorò in una sola occasione, nel ’91, sconfitto da un corridore che una volta nella vita seppe andar più forte di lui addirittura a cronometro. Si chiamava e si chiama Melchor Mauri, due anni più giovane di ‘Miguelon’, classe ’66, nato a Vic in Catalogna. Mauri era stato nelle stagioni precedenti un compagno di squadra di Indurain e di Delgado”. E curiosità: Vuelta 2005, positivo all’antidoping, “Heras licenziato dalla sua squadra, due anni di squalifica, l’addio alle corse. Ma andò avanti con la giustizia ordinaria spagnola, fin quando nel 2012 un tribunale gli diede ragione. C’erano stati errori ed irregolarità nelle analisi. Ridata la Vuelta 2005, la sua quarta Vuelta. Ma non era ancora finita. Heras andò avanti nella denuncia per ottenere una giustizia ancor più netta. E a distanza di una decina d’anni da quanto accaduto alla Vuelta ebbe ragione. Lo stato spagnolo, ritenuto responsabile di quanto accaduto, dovette anche risarcirlo con una somma di circa 720 mila euro”.
Beppe Conti può permettersi il lusso di scrivere anche di sé, in prima persona: “Ero al seguito del Giro di Romandia, da sempre una splendida corsa d’una settimana di messa a punto in vista del Giro d’Italia. C’era da seguire il protagonista delle classiche, Moreno Argentin, che stava facendo qualche pensierino anche alla maglia rosa. Ma d’improvviso Argentin sta male, problemi alle vie urinarie, molto forti. E si ritira. Proprio nel giorno in cui Giovannetti balza al comando della Vuelta. Che fare? Oggi si seguirebbe il tutto davanti alla tivù. All’epoca per fortuna no. Avverto il giornale, decido io, avevo questo privilegio a Tuttosport. Lascio la Svizzera e con l’auto a noleggio vado a Linate. M’imbarco sul primo volo per Barcellona. E seguo la Vuelta. Il direttore, il grande Piero Dardanello, giornalista di razza, al telefono minaccia: ‘Guarda che se Giovannetti non vince la Vuelta le spese di viaggio e soggiorno le paghi tu’. Non l’avrebbe mai fatto. E poi Giovannetti la vince la Vuelta e lo spazio non manca mai sul giornale ogni giorno per raccontare la sua strenua difesa, gli assalti degli spagnoli, dei colombiani, dei russi, dei tedeschi, dei francesi”.
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