
I fondi affondano il colpo. Altro che ciclismo povero, questo ormai è uno sport per ricchi destinato a diventarlo sempre di più, ad ogni latitudine, in ogni luogo, in ogni lago.
I fondi avanzano lentamente, anche nel grande circuito del ciclismo che conta, in quello dell’Uci World Tour, nel “circus” più blasonato, quello dei Pogacar e degli Evenepoel, di Van der Poel e Vigegaard, per arrivare a Roglic. L’ha scritto ieri mattina sul “Sole 24 Ore” Marco Bellinazzo, che di cose finanziarie dal risvolto sportivo se ne intende come pochi, diciamo pure che è firma di riferimento. E ci rende edotti di un fatto che non è solo cronaca, ma storia: «per la prima volta, un fondo di investimento, il Quantum Pacific Management, guidato dal miliardario israeliano Idan Ofer, ha acquistato una quota in un team ciclistico. Nello specifico, Quantum, che già detiene partecipazioni in diverse squadre di calcio, tra cui il 28% nell'Atlético Madrid, ha acquisito il 43% di Abarca Sports, proprietaria della Movistar, storica formazione spagnola che gareggia nell'Uci World Tour, il massimo circuito mondiale di ciclismo su strada. Eastern Pacific Shipping (EPS), affiliata a Quantum, ha anche sottoscritto un accordo di sponsorizzazione con Abarca, fondata da Eusebio Unzué e Francisco Fernández Maestre, per fornire supporto finanziario e logistico al team e il logo EPS apparirà sulle maglie delle squadre maschili e femminili».
Un fondo di private equity che entra nel mondo delle due ruote al fianco di una delle formazioni più storiche del ciclismo, apre di fatto un nuovo corso. Dire che il mondo della finanza è in fermento è poco: il ciclismo interessa e questa operazione non nasce dal nulla, ma è la logica conseguenza di un percorso iniziato ormai un paio di lustri fa.
D’altra parte il mondo delle due ruote ha già attratto colossi industriali e finanziari di livello come la Red Bull, la formazione che qui al Giro punta al bersaglio grosso con Primoz Roglic, e che ha fatto ingresso nella tedesca Bora-Hansgrohe un anno fa. Ma è altresì vero, come ricorda sempre Bellinazzo, che «l'Astana, sostenuta dal Kazakistan e da quest'anno dai cinesi di XdS, gli australiani del Team Jayco-AlUla appoggiati dai capitali sauditi della Royal Commission for AlUla, il Bahrain Victorious, supportato dal fondo sovrano, ovvero la Ineos Grenadiers che fa affidamento sulle risorse del miliardario Jim Ratcliffe», sono tutti investitori di primissimo livello, che hanno accelerato negli ultimi anni la crescita dei budget a dismisura. «Nel 2025 complessivamente le 18 squadre del World Tour – aggiunge Bellinazzo - hanno stanziato per i propri fabbisogni operativi 570 milioni, quasi 200 milioni in più all'anno rispetto al 2021, con un budget medio che ha raggiunto i 32 milioni (contro i 20 del 2021)». Cifre da capogiro, se si tiene conto che sono costi vivi, visto che i team non hanno al momento alcun introito, sono cifre imponenti.
E siamo solo all’inizio, perché sempre secondo il quotidiano di Confindustria, «sono in atto colloqui con diversi team da parte di intermediari che operano per conto di altri fondi di investimento, molti dei quali - come Quantum - hanno già in portafoglio partecipazioni "sportive" (soprattutto in ambito calcistico) interessati a rilevare quote anche di maggioranza».
L’interrogativo, a questo punto, sorge spontaneo. Ma se i team di ciclismo non hanno incassi, se non possono beneficiare di biglietti e merchandising, diritti tv e quant’altro, perché questi colossi industriali si stanno avvicinando sempre di più al nostro sport? È sempre Bellinazzo a venirci in soccorso. «I fattori attrattivi appaiono di due tipi: da un lato, legati alla visibilità delle manifestazioni ciclistiche; dall'altro lato, derivanti dalle sinergie attivabili lungo la filiera industriale. Sotto il primo profilo, il ciclismo rappresenta un palcoscenico unico. Con 250 giorni di gare all'anno in più di 30 paesi e con un pubblico diffuso lungo i percorsi, che ha gratuito accesso all'evento, offre agli sponsor presenti sulla maglia dei team - oltre che a quelli che danno il proprio nome alla formazione, anche questa una specificità del ciclismo - una "vetrina" impareggiabile. I fondi che hanno in pancia partecipazioni in decine di aziende, in effetti, puntano a sfruttare questi spazi "personalizzandoli" in base ai mercati di riferimento delle società partecipate, facendo quindi delle divise il proprio volano mediatico».
Insomma, il ciclismo è un veicolo pubblicitario eccezionale, che molti marketing manager per troppo tempo hanno sottovalutato, ma in questo momento è anche conveniente, diciamo che per entrare non serve svenarsi. E poi questi fondi sono molto attenti al know-how ciclistico e alle filiere industriali che possono essere create. Basti pensare al più forte team del mondo, la UAE Team Emirates del fenomenale Tadej Pogacar – appartenente al fondo sovrano degli Emirati – che ha deciso di investire pesantemente nel mondo dell’industria della bicicletta comprando la Colnago del neo ingegnere Ernesto Colnago (giovedì scorso il Politecnico di Milano gli ha attribuito la laurea honoris causa, ndr) attraverso un fondo di Abu Dhabi, Chimera Investment e lo stesso ha fatto il magnate sudafricano Ivan Glasenberg che nel 2023 ha comprato la cicli Pinarello e ha investito nel Q36.5 Pro Cycling Team, che corre nell'UCI Professional, il secondo circuito internazionale. Così come la Tudor - gruppo Rolex - di Fabian Cancellara, che sta crescendo esponenzialmente anno dopo anno e ha tutto per diventare nei prossimi anni uno dei team di riferimento.
Sempre il “Sole” fa sapere che tra i team più appetibili c’è proprio il Team Polti VisitMalta di Alberto Contador e Ivan Basso. Un'altra formazione del circuito Professional, che si avvale anche di una «società che offre servizi di ospitalità che in questo Giro d’Italia accoglierà oltre 350 persone e soprattutto una realtà come Aurum che produce bici ad alte prestazioni e ha raggiunto in soli quattro anni un fatturato vicino ai 10 milioni di euro». Questa formazione ha attirato negli ultimi anni sponsor di assoluto livello e grandi potenzialità come Carpisa, Yamamay e Fineco, tutte aziende che stanno “provando” il ciclismo, per un salto di qualità al fianco di Polti.