JAN ULLRICH. «POGACAR CICLISTA PERFETTO, ARMSTRONG UN AMICO PREZIOSO, IL GALIBIER MI RESE MIGLIORE...»

STORIA | 17/04/2025 | 09:20
di Guido La Marca

Torna a parlare Jan Ullrich e lo fa con Cosimo Cito di Repubblica, che ieri ha pubblicato una bellissima intervista al campione tedesco. Come scrive Cito  “a 51 anni, dopo aver toccato tutti i fondi possibili, Jan Ullrich ha ritrovato una grazia postuma. Quella dell'eroe traditore e colpevole che prova a redimersi con la verità. Un Tour vinto nel 1997, uno perso da Pantani l'anno dopo, una Vuelta ('99), un oro olimpico. Il doping, la droga, la dipendenza dall'alcol. Oggi chi è Jan Ullrich?”


«La mia vita è cambiata molte volte. Mi sono concentrato sulla mia famiglia e sulla mia salute personale - ha spiegato Ullirich -. Ho ancora qualche idea da portare nel ciclismo, ma in maniera molto più "quieta" di un tempo e da un'altra prospettiva. Sto cercando di usare il mio tempo in modo diverso. Sto provando a mettermi gli errori alle spalle e a guardare oltre».


Cos'era il ciclismo negli anni delle sue battaglie sulle montagne con Armstrong e Pantani?

«Il ciclismo, a quei tempi, era fortemente influenzato dalla pressione e dalle aspettative di tanti: tifosi, sponsor, tv, case produttrici. Il doping era il mondo in cui dovevamo muoverci, il mare in cui dovevamo nuotare, era dovunque. Il ciclismo ha imparato molto da quegli anni. I sistemi di controllo sono migliori ora e più organizzati professionalmente e i ciclisti sono più consapevoli, più sensibilizzati e informati. Credo che quell'epoca in cui purtroppo mi sono trovato a vivere non tornerà mai più».

Il Galibier, il Tour'98. Pantani che parte, lei che evapora nella pioggia. Per molti italiani è uno dei più straordinari ricordi sportivi della vita. E per lei?

«La sorprendo: sul Galibier nel 1998 ho vissuto uno dei momenti più emozionanti della mia carriera. E stata una giornata estremamente dura e ho dovuto affrontare molte sfide fisiche e mentali in quei minuti. Quando sono arrivato in cima ho vissuto un misto di sollievo e orgoglio. E anche se alla fine ho perso il Tour, quello è stato un momento che mi ha mostrato quanta strada avevo fatto come corridore e come persona. Quella sconfitta mi ha cambiato in meglio».

Parla molto di Marco Pantani, anche di Lance Armstrong che da rivale e diventato un grande amico, sul quale contare. E annuncia: «Per il 17 e il 18 maggio ho organizzato una pedalata con Lance, Mario Cipollini, Bradley Wiggins e altri grandi corridori del passato a Bad Dürrheim, nella Foresta Nera. Una festa: lo "Jan Ullrich Cycling Festival", un raduno di amatori e campioni che non si vedeva da decenni, unico nel suo genere. Sono elettrizzato».

Segue il ciclismo di oggi?

«Certo. Pogacar, Van der Poel e Vingegaard sono tutti davvero impressionanti. Tadej è il ciclista perfetto. Van der Poel è una ventata di energia e Vingegaard ha una grande costanza. Una qualità che apprezzo in un corridore è la sua versatilità, la capacità di essere competitivo su più terreni».


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COMMENTI
Lo Jan Ullrich cycling festival
17 aprile 2025 10:31 Miguelon
Ovvero l'ultima reunion dei ciclisti "banditi". Oggi tutti più razionali, simpatici a prescindere e volutamente, misurati, leali. Tempi lontani quelli dei ciclisti border line. Non tutto è oro ciò che luccica.

Un grande
17 aprile 2025 12:16 Bullet
Peccato per l'introduzione del giornalista in cui si deve sempre inquadrare in un certo modo alcuni corridori. Kaiser Jan sempre #1, quando arrivò dalla ex ddr sembrava veramente il prototipo del ciclista robot, alto, biondo, fisico d'acciaio, però anche lui aveva un punto debole e ci volle un corridore di 56 kg, calvo, che veniva dal mare per trovarlo. Ciclismo di livello altissimo dove nei momenti decisivi si vedeva ancora l'uomo con tutti i suoi limiti.

Comunque un grande
17 aprile 2025 16:25 frankie56
Ho avuto il piacere di vederlo e scambiare qyuattro chiacchere al museo del Ghisallo l'anno scorso. Beh.. devo dire che mi ha spiazzato. Una persona veramente piacevole, disponibile ed allegra. Fisicamente mi è parso in forma e comunque ben messo. E' stato veramente gratificante ricordare qualche episodio. Avevo con me il suo libro, sul quale mi ha fatto una dedica, e leggendolo, alla fine ho capito tante cose di quel ciclismo. A me, comunque, aveva provocato grandi emozioni, a prescindere da com'era il ciclismo di quei tempi. Forza Jan. Viva tutti.

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