L'ORA DEL PASTO. ADDIO A FULCO PRATESI, IL PAPA' DELL'ECOLOGIA... ANCHE PEDALATA

LUTTO | 01/03/2025 | 12:06
di Marco Pastonesi

E’ morto Fulco Pratesi. A Roma. Aveva 90 anni. Nel 1966 fondo il Wwf Italia. Si occupava di ecologia quando si ignorava la parola smog e l’effetto serra. Per decenni è stato l’ambientalista più convinto, più battagliero, più rappresentativo. Architetto, urbanista, ma anche illustratore, giornalista e scrittore, deputato tra i Verdi. E, a suo modo, ciclista. Ciclista urbano, oggi si direbbe metropolitano, a Roma. Nel suo blog ricordava che “quando nel 1973, con la prima grande crisi petrolifera, decisi di muovermi per Roma solo in bicicletta, le cose non furono affatto facili”. E raccontava: “A quel tempo, l’agile ed elegante ‘cavallo di ferro’ era considerato un veicolo da poveracci affannati e sudaticci. Molti androni e cortili esponevano il cartello di divieto alle biciclette, dal finestrino delle auto venivano grida di scherno e la maggior parte delle persone invitate da me a provare (anche per ragioni ecologiche) la bici, adduceva come scusa le troppe salite di Roma, il non voler arrivare sudati in ufficio, la pericolosità del traffico. Ancora oggi vedere ciclisti per le strade di Roma è difficile”.


A Pratesi piaceva “moltissimo” pedalare: “Non si fa rumore, non si inquina, si può vedere il cielo, il volo degli uccelli e le facciate dei monumenti che dai finestrini delle auto è difficile. Certo, gli inconvenienti per un ciclista urbano non sono pochi, come insegna la mia ultratrentennale esperienza. Mi sono stati rubati ben sette velocipedi, una caduta mi ha causato la rottura di un incisivo e lo smog non perdona. Anni fa, mia moglie, che era andata a ritirare una radiografia del mio apparato respiratorio, si sentì dire dal radiologo ‘Signora, suo marito fuma troppo! Gli dica di smettere’”.


Pratesi spiegava come, per incentivare ancora una già promettente evoluzione, “occorrerebbero alcune altre iniziative. Accanto alle ancora rare piste ciclabili bisognerebbe creare, come in molte città estere, dei ‘marciapiedi promiscui’ in cui, accanto a un settore dedicato ai pedoni, ve ne sia un altro per il passaggio delle biciclette. Penso ad esempio a uno di questi che potrebbe andare dal Cimitero del Verano al Villaggio Olimpico, passando per i viali Regina Margherita, Liegi, Parioli, Pildsusky. Oppure ai viali Mazzini, Delle Milizie e Giulio Cesare, tutti con marciapiedi facilmente attrezzabili”. Qualcosa, nel frattempo, si è fatto, molto resta da fare.

L’ambientalista aggiungeva: “Ma, prima di tutto, sarebbe necessario far opera di convinzione tra i cittadini, lanciando appelli, facilitando il trasporto della bici sui mezzi pubblici e sui treni (oggi ancora molto problematico) rendendo più diffusi i meccanici abilitati alle riparazioni. Senza illudersi però: le salite dei Sette Colli fanno ancora paura e i romani sono pigri”.

foto da wwwItalia


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