L'ORA DEL PASTO. IL FASCINO DELLA SALITA: LA PIU' DURA, LA PIU' DOLCE, LA PIU' DRITTA, LA PIU' STERRATA...

LIBRI | 21/01/2025 | 08:12
di Marco Pastonesi

La più breve è il Muro di Ca’ del Poggio, quello del Prosecco: 1,16 km, con una pendenza media del 12,3 percento e una massima – una stilettata – del 18.


La più lunga è quella del Sellaronda, non uno ma quattro passi (Campolongo, Pordoi, Sella e Gardena), un anello dolomitico (e da Maratona dles Dolomites), totale 51,6 km, più di metà (26,3) all’insù.


La più a tornanti (e che porta anche più in alto) è quella dello Stelvio: 48 curve a gomito da Prato al passo per una pendenza media del 7,5 in 24,8 km, fino a quota 2757 metri.

La più dolce è quella del Poggio: 3,7 di pendenza media per 3,7 km dall’Aurelia al balcone che sa di primavera e da dove ci si lancia per conquistare la Milano-Sanremo.

La più sterrata (ed eroica) è quella del Monte Sante Marie: da Asciano fino a Torre a Castello sono 11,5 km che salgono di oltre 400 metri con due rampe al 18 e altri strappi eroici.

Le più numerose sono quelle del Monte Grappa: dieci versanti, un parco ciclistico, ciascun versante con la sua fisionomia, altimetria, chilometraggio, storia e fascino.

“Salite d’Italia”, le cento scalate in bici da fare almeno una volta nella vita. Del libro scritto da Gabriele Brunetti e Alberto “Lupo” Ferraris, introdotto da Davide Cassani, tracciato Gps e pubblicato da Ediciclo (272 pagine, 25 euro) per Tuttobiciweb ne ha già scritto Giuseppe Figini (leggi QUI). Ma l’opera merita, come tutte le salite, almeno un altro punto di vista.

La folgorazione per le montagne da scalare in bicicletta l’ho avuta nel 1976 – scrive Cassani -. Avevo quindici anni, correvo come allievo e andai in vacanza a Moena. Felice Gimondi aveva appena vinto il suo ultimo Giro d’Italia. Era il mio mito. Nel cuore delle Dolomiti non persi l’occasione di andare a scalare il Pordoi, il Sella e il San Pellegrino”. Non tutti sono d’accordo. Scherzando, ma non troppo, Dino Zandegù sostiene che non ha mai amato una salita, anzi, tiene precisare, “le salite sarebbero tutte da abolire, ma rischiando così di abolire anche le discese che invece sono immuni da colpe”, e sentenzia che “le salite sono un crimine contro l’umanità”. Ma è vero che le salite sono non solo ascese ma anche ascensioni, che in salita ci si spoglia di tutto fino a scoprire e proteggere solo l’essenziale, che in salita si fa la resa dei conti innanzitutto con sé stessi, che le salite sono il regno della fatica, della solitudine e del silenzio. I ciclisti vanno in salita come attratti da una calamita istintiva e primordiale, gli spettatori vanno in salita a vedere i corridori per poterli più a lungo ammirare e anche per capire fino a che punto possa arrivare la sofferenza umana, quel rapporto sadico (da parte degli spettatori) e masochistico (da parte dei corridori) presente come in nessun altro sport.

Per stilare la loro classifica, Brunetti e Ferraris hanno adottato diversi criteri: lunghezza, pendenza e difficoltà, quota e dislivello, ma anche qualità e sicurezza, premiando le salite non a senso unico ma quelle ad anello. Perciò, “le salite sono state considerate come un prodotto”. Salvo specificare che “la classifica finale riflette comunque il pensiero degli autori, e per questo ha soltanto un valore indicativo”. Insomma: “Non è una graduatoria ufficiale”. Perché le salite hanno anche aspetti affettivi, romantici, emotivi, spettacoli, geografici, naturali, familiari, letterari. In una sola parola: sentimentali.

E allora le salite più religiose sono quelle della Madonna della Guardia (vicino a Genova), della Madonna del Ghisallo (in Lombardia), della Madonna di San Luca (sopra Bologna), anche quella del Santuario di Oropa (sopra Biella). E allora la salita più legata a Bartali è il Rolle, la più ricordata da Massignan è quella del Gavia (da Ponte di Legno), la più amata da Pantani è quella del Carpegna, la più dura (o meglio: quella con il tratto più duro) è la Colma con il Muro di Sormano, la più claustrofobica è lo Zoncolan (da Ovaro), la più drittona (un rettilineo verso la Capanna Bill che sembra non finire più) è quella del Fedaia, la più vulcanica è quella dell’Etna (ma c’è anche quella del Vesuvio), la più a nord è quella del Passo del Rombo (dalla Val Passiria fino ai ghiacciai dello Stubai, in Alto Adige), la più a sud è ancora quella dell’Etna...


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COMMENTI
La più rovinata
21 gennaio 2025 15:03 canepari

è la salita del Monte Beigua da Varazze, che è anche la più trascurata dai “cantonieri”. Se è brutta in salita.. figuratevi la discesa… 30 anni fa ci passò il Giro. Da allora l’asfalto non è stato più rinnovato. Percoso ideale per esperti di autosuicidio.

Nel 97 ci furono polemiche
21 gennaio 2025 15:28 pickett
Un po' meno di 30 anni fa.I corridori si lamentarono per la pericolosità della discesa e ricordo che zomegnan la prese male:"Si lamentano al Giro-furono le sue parole-perché al Tour non osano farlo"Per essere precisi il Tour non lo nominò direttamente,disse: "un'altra corsa".

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