I 100 ANNI DELLA COPPA SAN VITO, I RICORDI DI CESARE BENVENUTO E UNA STORIA CHE...

DILETTANTI | 11/10/2023 | 07:54
di Massimo Pighin

Se dalla finestra di casa vedi il bar che per decenni è stato l’epicentro del paese per gli appassionati, innamorarti del ciclismo non è difficile. Quella di Cesare Benvenuto, però, non è una passione indotta, modellata dal tempo e dalle circostanze: il suo è amore vero, al quale ha dedicato un pezzo importante della sua vita e che gli ha regalato tante, meritate, soddisfazioni.


Parlerebbe di ciclismo per ore, e chi, come lui, non smette di rimanere affascinato dinanzi allo sport che meglio di altri sa raccontare la vita, per ore lo ascolterebbe. Il tempo, però, chiede di andare avanti, meglio se si riesce a non disperdere quello che è stato.


 

Benvenuto, direttore di gara e molto altro in tante corse prestigiose, tra le quali Tirreno Adriatico e Giro del Friuli, solo per citarne alcune, ha fatto un viaggio nel tempo per ripercorrere i cent’anni della Coppa San Vito, che quest’anno vivrà l’edizione numero 84.

Una storia lunga e piena di tante cose, iniziata nel 1923, quella della classica friulana di fine stagione per dilettanti che è la corsa più antica della regione e tra le più longeve d’Italia. Qualche interruzione, dopo la Seconda guerra mondiale e qua e là negli anni successivi, ma il filo che la lega al territorio e agli appassionati non si è mai spezzato.

Si diceva di un bar. Il Gran bar Cattaruzza, che oggi non esiste più, ha ospitato momenti di storia del ciclismo sanvitese. La casa dove è cresciuto e dove ancora abita Benvenuto è a pochi metri di distanza. Oltre che figura di spicco in tante gare, l’ex dipendente dell’ospedale sanvitese per anni è stato tra gli organizzatori della Coppa San Vito con il Club ciclistico Lino Stefanutti, la cui sede, manco a dirlo, era al bar Cattaruzza.

Sul suo lavoro, Benvenuto dice: «Mi sono sentito in dovere di ricostruire un pò di storia della Coppa San Vito: era una mancanza del mio club. Ho consultato l’archivio del Messaggero Veneto e mi hanno dato una mano anche Lamberto Righi e Franco Rovati, oltre ad altri amici».

Così, insieme all’albo d’oro, ci sono ritagli di giornale, locandine, foto, tra cui una della prima edizione organizzata dall’Unione velocipedistica Sanvitese che poi passò il testimone a Us Labor, Unione sportiva Sanvitese e, dal 1928, a Cc Lino Stefanutti.

«A San Vito – ricorda Benvenuto – organizzavamo 25 gare all’anno, ma la Coppa San Vito, avendo il nome del comune, era la più importante». Troppi gli aneddoti per sceglierne anche soltanto uno, la storia della gara si intreccia con quella personale di Benvenuto, memoria storica preziosa, lucido osservatore del presente, innamorato del ciclismo.

Dal 1996 l’organizzazione è curata dal Pedale Sanvitese, che porta avanti un patrimonio prezioso che negli anni è stato palcoscenico di giovani talenti divenuti poi corridori di alto livello. Benvenuto, tra i tanti, ne cita cinque. Raffale di Paco vinse a San Vito nel 1929 prima di diventare professionista e vincere cinque tappe al Tour de France 1931; Gino Pancino, nato a Domanins, si impose nel 1965 e 1966, anno in cui si laureò campione del mondo col quartetto azzurro dell’inseguimento a squadre.

E ancora, la Coppa San Vito è stata firmata, nel 1971, anche da Claudio Bortolotto, che dal 1979 al 1981 vinse la classifica dei Gpm del Giro d’Italia, conquistando anche qualche tappa; nel 1991 fu la volta di Nicola Minali, poi vincitore di due Parigi Tours oltre che di tappe a Giro e Tour. Infine, nel 1993 toccò a Luca Colombo, campione del mondo e argento olimpico nella 100 km a squadre.

«Un tempo il ciclismo era vissuto diversamente – osserva alla fine della chiacchierata Benvenuto –. C’erano tante persone ad assistere alla Coppa San Vito, a un certo punto decidemmo di abbandonare il tracciato in linea introducendo un circuito, per dare la possibilità al pubblico di vedere più volte i corridori. Raccogliendo la storia della corsa non credo di aver fatto nulla di eccezionale, ma semplicemente qualcosa che ritenevo giusto». Certi amori il tempo non li cancella.

dal Messaggero Veneto

 

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