FILIPPO GANNA A 360°, VIAGGIO NEL MONDO DI UN CAMPIONE

INTERVISTA | 15/10/2021 | 08:10
di Francesca Cazzaniga

I velodromi sono luoghi unici, nei quali possono nascere sogni che poi si trasformano in bellissime realtà. Al velodromo di Montichiari, in provincia di Brescia, di sogni ne hanno realizzati tanti ma ci sono ragazzi in maglia azzurra che stanno lavorando per inseguirne altri. Con lo sguardo che ora guarda al domani, leggi Mondiali su Pista di Roubaix, ma che già è rivolto lontano, alle Olimpiadi di Parigi 2024.


Ed è qui, all'interno del velodromo dei sogni, che abbiamo incontrato Filippo Ganna a pochi giorni dalla partenza per la Francia e ne abbiamo approfittato per fare una lunga e interessante chiacchierata.


Come stai Filippo?
«Bene dai, ultime battute finali poi finalmente un po’ di meritato riposo».

Ad oggi tu hai vinto tantissimo. Qual è il momento più bello della tua carriera?
«La medaglia olimpica è stato qualcosa di eccezionale. E’ un evento che capita poche volte nella vita e riuscire ad azzeccarla alla mia seconda partecipazione è stato qualcosa di veramente straordinario, soprattutto per come ci abbiamo creduto e come l'abbiamo portata a casa».

E quello più brutto invece?
«Momenti brutti ce ne sono stati, quando cadi soprattutto».

Qual è stata la sconfitta più pesante?
«Credo il mio secondo Mondiale su pista quando sono arrivato secondo. C’è gente forse che pagherebbe per arrivare secondo ad un Mondiale, ma per me è stata una sconfitta morale. Non sono riuscito a rendere come volevo per la tensione e così mi sono promesso che non avrei mai più perso una corsa a causa della tensione».

Hai qualche rimpianto?
«Il Mondiale in cui ho fatto secondo è sicuramente un rimpianto, così come quando non riesco a rendere come vorrei. Bisogna essere forti però e superare questi momenti».

Il rimprovero più duro che ti hanno fatto?
«Quando mi hanno detto che non sono andato abbastanza forte o che non sarei mai diventato un corridore. Ad oggi credo di aver fatto qualcosa di dignitoso in questo sport».

C’è qualche vittoria che ricordi in particolar modo?
«I due Mondiali a cronometro (Imola 2020 e Lovanio 2021) sono le due vittorie più nitide, nelle quali sono riuscito ad arrivare sulla linea del traguardo con molta lucidità. Sono stati dei momenti bellissimi che ricordo sempre con grande emozione. Imola è stato l’inizio, non sapevo come sarei arrivato. In Belgio invece è stato diverso: la riconferma è stata cercata e voluta».

C’è un posto in casa in cui conservi i trofei più belli?
«A casa dei miei ho un appendino su cui metto tutte le medaglie».

Com’è nato l’amore per questo sport?
«Ancora adesso lo odio ogni tanto, quindi non è proprio amore (ride ndr). Ho cominciato con una piccola bicicletta che mi hanno regalato i miei nonni: era veramente brutta ma, essendo un loro regalo, per me era bellissima».

Qual è l’immagine più bella delle Olimpiadi di Tokyo?
«Tagliare la linea del traguardo e vedere Marco (Villa ndr) che saltava».

E che ricordo hai?
«I primi tre giri non vedevo la ruota davanti alla mia perché ero leggermente cianotico, poi sul finale sono riuscito a schiarire le idee e a dare tutto me stesso».

C’è qualche corridore a cui ti sei ispirato?
«Ce ne sono stati diversi: da Bradley Wiggins, a Tom Boonen fino a Fabian Cancellara. Adesso però cerco di creare una mia storia».

La strada è maestra?
«Ti insegna tante cose, come la fatica e il sacrificio».

Hai già pensato a cosa farai una volta che il ciclismo non sarà più il tuo allenamento quotidiano?
«Ci penserò quando smetterò, i piani B esistono e magari troverò qualcosa di ancora più divertente da fare. Magari mi trasferirò al mare…».

Qual è la cosa che ti piace di più del ciclismo?
«La gloria quando vinci».

Che cosa ti ha insegnato il ciclismo?
«Che quando superi un ostacolo poi c’è un po’ di discesa, ma che non bisogna cantare vittoria perché subito dopo c’è un’altra salita. Bisogna essere sempre sul pezzo».

Quale consiglio daresti ad un bambino che vuole avvicinarsi a questo sport?
«Cominciamo a tirare via le rotelle e poi... stare attenti sulle strada. Magari consiglierei di divertirsi sulle ciclabili».

Come si fa a conciliare l’attività su strada e quella su pista?
«Bella domanda. Sono anni che lo faccio ma non l’ho ancora capito» ci racconta ridendo.

Hai del tempo libero?
«Ci devo pensare…».

Se ce l'hai, che cosa ti piace fare?
«Recuperare le energie perché fare la doppia attività non è semplice: arrivi a fine giornata, guardi l’orologio e ti rendi conto che ti mancano ancora un sacco di cose da fare e speri di riuscire a farle il giorno dopo».

Chi è per te Marco Villa?
«Un maestro. Grazie a lui sono arrivati tanti risultati importanti e sono riuscito a farmi strada con la multidisciplinarietà».

Una parola per descrivere Marco…
«Silenzioso».

Tre parole per descrivere la bici…
«Fatica, sacrificio e, quando succede qualcosa di bello, gioia».

Quali sono le strade che ti somigliano di più?
«Pianura e discesa».

Il tuo piatto preferito?
«Forse una bella grigliata mista».

Ti piace cucinare?
«Si mi piace, diciamo che riesco a non morire di fame».

Che cosa non deve mai mancare nel tuo frigo?
«Una bibita fresca».

Che musica ascolti prima delle gare?
«Ho diverse playlist con Michele (Scartezzini ndr), tra cui Salmo».

Sei scaramantico?
«Dipende dalle cose: il sale non passarmelo per mano».

Quanti tatuaggi hai?
«Al momento quattro».

Hai dei piercing?
«No».

Come ti piace essere definito?
«Spero una persona solare, poi se ogni tanto ho un po’ il muso non è colpa mia».

Il regalo più bello che ti sei fatto grazie al ciclismo?
«L’ho fatto alla mia famiglia alla quale ho regalato la stufa per la casa».

Mare o montagna?
«Mare per le vacanze, montagna per gli allenamenti».

Qual è il tuo posto preferito?
«Per ora il Madagascar».

Il posto più scomodo in cui hai dormito?
«Prima che mi arrivasse il letto nuovo a Macugnaga».

Il posto più bello che hai visto durante una trasferta?
«La California».

Che cosa ti fa rilassare di più?
«Riuscire a dormire bene, il recupero per noi atleti è fondamentale».

Twitter, Instagram o Facebook?
«Instagram».

Freni classici o freni a disco?
«Per ora solo classici, non so come siano quelli a disco».

Leggi dei libri?
«Ne ho letto uno sugli All Blacks, sulla leadership prima delle Olimpiadi e basta».

Il tuo film preferito?
«The Wolf of Wall Streat».

Qual è la cosa più bella che devi ancora fare nella tua vita, ciclismo a parte?
«Forse il giro del mondo senza bici».

More o bionde?
«Per come sono messo al momento a casa, è meglio dire more” (ride ndr).

Canti sotto la doccia?
«No, però se sono su di morale e sono in camera con i ragazzi mi piace ascoltare la musica ad alto volume».

Qual è la cosa che ti fa più paura?
«Le cadute e farmi male».

La gara più bella del mondo qual è?
«La Milano-Sanremo».

Il più simpatico del gruppo pista chi è?
«Dipende dai momenti. C’è chi ha la battuta pronta come Francesco e chi fa battute senza senso come Liam».

Lo scherzo più divertente tra compagni di squadra?
«Non posso dirlo».

Testa, cuore, gambe in che percentuale?
«Testa più di tutto».

Qual è invece l’eroe sportivo che ti piace di più?
«Michael Jordan: ho visto un suo documentario su Netflix e ti fa capire quanto lui ci tenga alla sua squadra e a far bene».

Alleneresti una squadra di bambini?
«No perché non sono capace».

Che sport ti sarebbe piaciuto fare se non avessi scelto il ciclismo?
«Rugby».

Che cosa ti fa perdere la pazienza?
«Le persone non puntuali, però anche io non sono puntuale e quindi è poco credibile».

Maglia iridata o Olimpiadi?
«Direi entrambe».

C’è qualcuno a cui vorresti dire grazie?
«Ci sono tante persone da ringraziare, ma loro lo sanno. Gliel’ho detto più di una volta».

Hai un sogno nel cassetto?
«Si, smettere sulla cresta dell’onda».

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