SABATINI. «TRAFFICO, DIVIETI E AMMINISTRAZIONI INADEMPIENTI: COSI' SI AMMAZZA IL CICLISMO»

PROFESSIONISTI | 08/07/2020 | 07:50
di Stefano Fiori

Come se non bastasse la mazzata della pandemia, altre situazioni negative stanno penalizzando il ciclismo. Ne parliamo con Fabio Sabatini, figlio d'arte - anche papà Loretto è stato un ottimo ciclista - 35enne originario di Monsummano ma che risiede a Margine Coperta di Montecatini Terme. Sono ormai 15 gli anni che Fabio ha trascorso tra i professionisti con il bilancio di tre vittorie, meritando, grazie alle sue non comuni doti di passista, il ruolo di “ultimo uomo” o “pesce pilota” nei “treni” per le volate spesso vincenti, di grossi campioni del calibro di Petacchi, Zabel, Sagan, Cavendish, Boonen, Gaviria, Alaphilippe, Kittel o Gilbert. Nel 2020 Sabatini è stato ingaggiato dal team francese Cofidis, dove ha trovato un grande estimatore come il tecnico Roberto Damiani e un compagno di squadra di supercollaudata amicizia come il veronese Elia Viviani, al quale ha già pilotato gli sprint per sette anni in altre squadre.


Come hai vissuto questa prima metà del tribolatissimo 2020?
«Spesso chiuso in casa a Margine Coperta, utilizzando i rulli e stando vicino ai miei due figli, Jacopo di otto anni e Edoardo di soli quattro mesi».


Due futuri ciclisti?
«Credo proprio di no. A Jacopo avevo già regalato una biciclettina che però è stata rispedita al... mittente con il commento che “si fa troppa fatica a pedalare”».

Hai disputato qualche gara a inizio 2020?
«Sì, avevo partecipato al Tour Down Under in Australia e quindi al Giro dell'Algarve, in Portogallo. Poi è arrivato lo tsunami del coronavirus e. quindi tutti a casa!».

Che idea ti sei fatto di questa situazione?
«Che noi tutti dobbiamo rispettare le regole, consapevoli che se non lo facciamo potremmo causare dei danni non solo a noi stessi, bensì anche ad altre persone, compresi i nostri familiari. Anche quando ho ripreso ad allenarmi ho rispettato la normativa che imponeva di uscire da solo».

Ora a che punto sei?
«Di recente ho partecipato a un ritiro a Nizza, per provare il percorso della prima tappa del Tour de France; poi ci siamo spostati a Laigueglia per la Milano-Sanremo».

Cosa pensi di questo calendario stravolto?
«L'importante era ripartire, altrimenti i danni economici e sportivi per tutto il nostro movimento sarebbero stati enormi. Mi sembra che il Giro d'Italia sia stato molto penalizzato, con la scomoda concomitanza delle Classiche del Nord».

Hai un tuo programma di massima?
«Sì. Farò il Tour, al 100%. Poi si dovrà decidere per il Giro o per le Classiche, ma io, da italiano, opterei volentieri per il Giro».

Con Viviani c'è affiatamento?
«Sarebbe impossibile che non ci fosse, dato che su 15 anni da professionisti, siamo stati compagni di squadra per sette volte».

Hai detto che hai un fastidioso sassolino da toglierti dalla scarpa, a cosa ti riferivi?
«Alla grave situazione che si è creata in alcune parti della Toscana, molto negativa per lo svolgimento dell'attività ciclistica. Ne parlo spesso con i miei compagni d'allenamento, Visconti, Wackermann, Scinto e con i tanti cicloamatori che incontriamo sulle strade dell'Appennino Tosco-Emiliano».

Quali sono i problemi?
«Innanzitutto il traffico. Ogni volta che usciamo per allenarci rischiamo la pelle, ci troviamo di fronte a guidatori aggressivi che sembrano vedere in noi ciclisti degli orsi polari inferociti. Eppure, da professionisti rispettiamo le regole e posso pure capire quando un automobilista si spazientisce, davanti a gruppi numerosi di cicloamatori che occupano quasi tutta la sede stradale. Il fatto di avere ragione però non li autorizza a provocare degli incidenti, spesso mortali».

Altre criticità?
«Ultimamente abbiamo trovato cartelli stradali di divieto di transito per tutti i ciclisti, apposti dal Comune di Pescia, tra il bivio di Vellano e Lanciole, una salita della Svizzera Pesciatina molto frequentata dai ciclisti e un ulteriore divieto assoluto tra La Lima e Prunetta, sulla Montagna Pistoiese, che rende impossibile allenarsi in quella zona».

I motivi?
«Suppongo che sia stata presa questa decisione, dalle amministrazioni competenti, per evitare cause di risarcimento dovute a cadute provocate dal fondo stradale malmesso e dal mancato taglio dell'erba. Forse non ci sono i fondi per far fronte ad eventuali iniziative legali e così, per non avere problemi, si ammazzano i... malati, cioè noi ciclisti, invece di provvedere alla corretta manutenzione delle strade. E dire che da Goraiolo a Prunetta il manto stradale è stato sistemato lo scorso anno e l'asfalto è perfetto, un vero biliardo».

Anche dall'aretino giungono notizie inquietanti per i ciclisti, con nuovi limiti di velocità per le bici portati a 5 chilometri l'ora - il medesimo tempo di percorrenza di un pedone! - e di multe salate a gruppi di ciclisti in giro per i boschi su Mountain Bike: che segnali sono?
«Davvero pessimi, mi sembra che si voglia far morire uno sport che è tuttora il secondo in Italia e che resta il primo al mondo in quanto a livello di visibilità. Oltre a ciò, con queste iniziative deprecabili si affossa ulteriormente - e non ce n'era affatto bisogno dopo il covid-19 - il turismo verde, quello in bici che arriva ogni anno in Toscana da ogni parte del mondo».

da Il Tirreno a firma di Stefano Fiori

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COMMENTI
A poco a poco
9 luglio 2020 06:10 lupin3
finalmente si capisce che il ciclismo su strada é stato condannato . Complimenti a tuttobiciweb che lo evidenzia. Purtroppo é una tendenza ineluttabile

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