NOCENTINI. DOPO UNA VITA DA CORRIDORE, ORA METTE IN SELLA GLI ALTRI

INTERVISTA | 01/11/2019 | 07:00
di Giulia De Maio

Nonostante la Sporting Tavira insista per farlo correre ancora qualche mese e per festeggiarlo come si deve in occasione di una corsa importante, per Rinaldo Nocentini è arrivato il momento di appendere la bici al chiodo. Dopo 20 stagioni da professionista, lo scalatore aretino chiude la sua carriera con sedici successi nella massima categoria, otto giorni indimenticabili in maglia gialla al Tour de France 2009 e progetti concreti per il futuro lontano dalle corse. 



Da lunedì 18 novembre avvierà un centro di preparazione, biomeccanica e nutrizione a Civitella in Val di Chiana, località Pieve al Toppo, in provincia di Arezzo e metterà in sella amatori stradisti e bikers di ogni livello ed età, che avranno a disposizione la sua esperienza e quella di professionisti esperti che permetteranno loro di percorrere la strada corretta e personalizzata per raggiungere i traguardi prefissati da ognuno. «Dall’anno nuovo la struttura si amplierà e nascerà anche un centro fisioterapico specializzato per sportivi e non, con la presenza di medici professionisti di Pisa, che conosco bene perché è grazie alle loro cure se nel 2010 e 2014 sono riuscito a riprendermi da brutti infortuni. Avrò al mio fianco uno staff altamente qualificato nel settore e questo è ciò che mi preme di più» racconta orgoglioso il Noce.

Accanto a lui, come sempre, la moglie Manola che oltre a dedicarsi alla sua ben avviata scuola di danza lo aiuterà a lanciare questa nuova avventura. Alla mattina accoglierà i clienti alla reception e al pomeriggio insegnerà ai suoi ragazzi e ragazze. «Pratico ciclismo da quando avevo 6 anni. Mi ha insegnato il sacrificio, a darmi degli obiettivi e a fare del mio meglio per raggiungerli. Anche adesso che non sono più un giovincello la voglia di imparare non mi manca, sono fatto così, per questo sono consapevole che anche per affrontare questa nuova avventura avrò da imparare e migliorarmi strada facendo» continua. E pensando a quanto il ciclismo sia cambiato nel corso della sua lunga carriera, disilluso e sincero ci confida che il ciclismo non gli piace più

«Se ho corso fino a 42 anni è perché l’ultima parte della mia carriera l’ho trascorsa in Portogallo, un ambiente molto più tranquillo e rilassato rispetto ai paesi europei culla del ciclismo, se no avrei smesso sicuramente prima. Quando sono passato con la Mapei nel 1999 il clima era ancora familiare, ma stagione dopo stagione è cambiato tutto e, a mio parere, non in meglio. Fare il corridore oggi è molto più stressante. Una volta pensavi solo ad allenarti, ora dopo aver pedalato devi sbrigare duemila faccende. Non mi riferisco solo alla compilazione dell’Adams, anche se quello incide parecchio perché ti obbliga a stare attento a qualsiasi cosa fai, visto che una dimenticanza può costare molto cara. E poi non si parla più. In squadra prima si usava il telefono ora siamo sommersi da email su email, non senti più nessuno. Anche in hotel non si sta più insieme a scambiare due parole, ma tutti rinchiusi nelle proprie stanze. Questo negli ultimi anni mi è pesato parecchio, a me piace stare in contatto con le persone invece ormai capita che concludi l’anno e non hai nemmeno visto una volta certi tuoi compagni di squadra. Vedo tanti giovani allo sbaraglio e mi dispiace. Da junior io già prendevo regolarmente uno stipendio, ora da dilettante c’è chi corre gratis. Capisco che sia difficile andare avanti. Come fai a farti seguire da un preparatore se sei uno studente e per andare in bici non prendi nulla? Se vuoi arrivare un modo per stringere i denti lo trovi, magari facendoti aiutare dai genitori, ma dai miei primi anni da professionista è proprio cambiato tutto».

Cosa si augura per il futuro? «Che questo nuovo progetto regali soddisfazione a me e a chi ci sta credendo quanto me. Da un certo punto di vista sono come un neoprofessionista, convinto dei propri mezzi e di far parte di una squadra pronta a ben figurare, la strada è lì davanti a me da percorrere. Spero che per questo "giovane" Noce vada tutto per il meglio». 

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COMMENTI
Mi-ti-co
1 novembre 2019 07:43 gravel
Rinaldo, icona del ciclismo toscano fine anni 90.. grazie a te per le emozioni che ci hai dato (ho pianto quando sei stato in giallo al tour)! Sono pienamente d'accordo con tutto ciò che ho detto sul ciclismo moderno. Non smetterò mai di fare il tifo per te.. Anzi probabilmente verrò a trovarti a Pieve al Toppo..

Grande Noce
1 novembre 2019 10:08 9colli
Ti Auguro di avere successo nel nuovo lavoro,così come hai fatto col Ciclismo. Buona Vita

Poche parole ma vere
1 novembre 2019 19:57 FrancoPersico
Con poche parole Noce è riuscito a descrive esattamente cos'è il ciclismo moderno. Cosa dire di lui? CHAPEAU

Giusto, ma...
1 novembre 2019 22:10 AleC
Il ciclismo è sicuramente cambiato, è diventato più stressante perché ci sono tante gare in giro per il mondo e non più racchiuse in pochi Paesi a meno di 2h d'aereo.
Sul rapporto con i compagni, forse Noce dimentica il problema del gap generazionale: capisco che ragazzi che hanno 20 anni in meno di lui siano un po' intimoriti a parlargli, succede a me (1984) a parlare con i miei colleghi di 10 anni più giovani, i riferimenti culturali sono differenti, le nuove generazioni parlano meno faccia a faccia e più tramite social e app.
Non tutto è peggio nel ciclismo odierno e Noce farebbe bene ad ammetterlo.
Lui è entrato nel professionismo praticamente all'indomani dell'affaire Festina, degli anni dell'EPO selvaggia, e ha vissuto nell'era Armstrong: fatico a pensare a qualcosa di peggiore.

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