CARO NEMICO

TUTTOBICI | 27/09/2019 | 08:00
di Cristiano Gatti

Di tutta questa estate bella piena, mi resta impressa soprattutto una frase, diffusa via social da Djokovic dopo la vittoria a Wimbledon contro Fede­rer: «È stato un match in cui è successo di tutto, una partita che trascende dal nostro sport. Sono eternamente grato di averne fatto parte. Gran­de rispetto per Roger Federer e per la nostra lotta titanica. È stato un grande piacere fare la storia e condividere il campo, ancora una vol­ta, con la leggenda del no­stro sport».


Me la sono copiata-incollata sul computer, perché mi sembra davvero una pagina indimenticabile. Più della stessa finale, che resta a quan­to pare nella suite im­periale delle fa­mose partite del secolo. A mio avviso, è una dichiarazione che tocca un tasto essenziale e primario di tutte le sfide, sportive e non sportive: più è grande l’avversario, più è grande la vittoria. Per questo, al grande ri­vale bisogna essere eternamente grati, altro che in­vidie e rancori.


Strada facendo, sempre in questa strana estate, se n’è andato anche l’amato Gimondi, fa­cen­dosi un bel tuffo nelle acque dello Stretto. E ancora il tema è tornato fuori in tut­ta la sua insondabile portata: Eddy per pri­mo a riconoscerlo, senza il Gim non sa­rebbe mai lo stesso Merckx che ora tutti celebria­mo (lo ripeto ancora una volta, già che siamo in argomento: Eddy è nettamente il più grande di sempre, a dispetto delle arrampicate sofiste di chi dice lui il più forte e Coppi il più grande, o qualcosa del genere, insomma una chiacchiera tanto per fare i patrioti ottusi). Sì, niente Merckx, almeno in questo modo, senza quel Gi­mondi.
E il primo a riconoscerlo, come Djokovic a Wim­ble­don, è proprio Merckx, tra accorate e sincere lacrime.

C’è poco da raccontare: per fare leggendaria una vittoria, per rendere immortale un campionissimo, serve prima di tutto un enorme rivale. Più è grande, più sarà grande poi il piedestallo per chi lo batte. Che cosa può restare di un vincitore che batte pisquani qualunque, ma­gari in competizioni ancora più pisquane? Può numericamente arrivare a mille trionfi, a un milione di trionfi, ma resterà proprio pochino, nei secolo dei secoli. Bastano pochi riferimenti. Pensiamo a Coppi senza Bartali (e vi­ceversa), a Moser senza Sa­ronni, a Indurain senza Bu­gno, ad Armstrong senza Pan­tani, o uscendo dall’orticello nostro a Senna senza Prost, a Messi senza Ro­naldo, eccetera eccetera.

Lo dico senza esagerazioni: il campione dovrebbe essere il primo a te­nersi caro il suo antagonista, a coprirlo di coccole e regali, a te­nerlo sotto una campana di ve­tro, perché è la sua assicurazione personale per una rendita futura di gloria e di mito. L’i­dea che possano e debbano odiarsi fa parte delle co­se: mentre gareggi contro un tizio che ti fa dannare e soffrire, il primo istinto è passare da Leroy Mer­lin per comprare una motosega e poi fare a pezzi il nemico, con gusto sadico e chirurgico. Ma un conto è l’istinto agonistico della lotta all’ultimo respiro, altro è la riflessione che deve seguire a mente fredda.

L’idea che Djokovic e Merckx, in momenti diversi, per motivi diversi, abbiano colto e manifestato alla perfezione questo in­cantesimo della rivalità è molto bella. Così deve essere. Così de­ve finire. L’odio vero di tanti momenti aspri e cattivi, alla fine della partita, alla fine della carriera, riesce a trasformarsi in qualcosa di opposto, impensabile e però tremendamente ro­man­tico: l’odio si rigenera in gratitudine. E alla fine l’ossessione del nemico si scioglie nel­la più poetica delle scoperte: il nemico di­venta per sempre una parte di se stessi, una parte complementare e necessaria senz­a la quale non esisterebbe neppure il campione. Quanto aveva ragione Se­ne­ca: le divinità infliggono ai migliori le sfide più estreme contro gli av­versari più forti, perché solo quelli che superano questi ostacoli sono i migliori davvero. Duemila anni fa. Digli scemo.

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COMMENTI
Verissimo
27 settembre 2019 08:44 59LUIGIB
Questo è il succo dello sport il rispetto degli avversari ed è ancor più vero in questi giorni in cui uno vince la crono ai mondiale dei prof. senza rispetto per i compagni gli avversari i Team e a mio avviso l'intero mondo del ciclismo.

ROGER, EDDY, FAUSTO..
27 settembre 2019 13:50 simo
Bel pezzo, un paio di note a margine.
Djokovic scriveva quelle parole dopo una finale fortunata (..). Sapeva che l'altro (modello irraggiungibile e baobab da abbattere..) la meritava più di lui. Sul confronto tra Coppi e Merckx non sarei così tranchant. Più passa il tempo e meno è realizzabile ciò che fece il Fausto. Che ha inventato il ciclismo dell'altro.. E fece cose mai sfiorate, prima e dopo di lui. Le vittorie si pesano, non solo si contano.

Appunto, le vittorie si pesano...
27 settembre 2019 19:33 seankelly
Caro "simo" le vittorie giustamente si pesano. E allora occorre andare a rileggere cosa ha fatto Merckx e vedrai che, come è stato magnificamente fatto notare da Gatti, non c'è storia, a favore del fiammingo. Il problema è che in Italia siamo i soliti nostalgici poetici: è inutile girarci intorno con frasi ipocrite. L'albo d'oro non è tutto? Bene, allora andiamo a vedere quante vittorie per distacco ha ottenuto Merckx e quante Coppi e troverete che non c'è storia neanche lì, sempre a favore del cannibale (aggiungo in un ciclismo degli anni Sessanta/Settanta, diverso rispetto a quello degli anni Quaranta/Cinquanta). Gli avversari? Tutti di livello eccelso nell'uno e nell'altro periodo. Dunque, finiamola con il romanticismo, ma siamo realisti.

A SEAN KELLY
28 settembre 2019 00:30 simo
Sean, conosco la storia benissimo. Coppi ha fatto 3039 chilometri di fuga solitaria vincente (!) nella sua carriera. Nessuno come lui, prima e dopo. Il Fausto vinse 82 prove d'inseguimento in carriera. Nel '49, oltre a tutto quello che vinse su strada, fu pure iridato su pista.. E lasciate stare la storiella dei cinque monumenti, poiché - in realtà - fino agli anni Cinquanta erano tre. Gli avversari erano tosti per entrambi. Contro Merckx erano meglio i classicomani (soprattutto gli altri belgi, da De Vlaeminck in giù..) Ma bisogna dire che - nelle corse a tappe - il livello non era quello dell'evo del dopoguerra. Avversari come Bartali e Koblet - per esempio - non li ha avuti (il più duro fu Ocana al Tour..). Però, appunto, stiamo paragonando due periodi diversi e due fenomeni diversi, uno figlio dell'altro. Quasi tutte le stagioni record nei plurivittoriosi sono nei Settanta, non solo per il Cannibale: si correva di più e non c'era ancora la specializzazione. E' e rimane - il confronto - un giochino. https://www.gamesformotion.com/en/pf/the-game-eddy-merckx/

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