SOFFI AL CUORE. FAUSTO & VINCENZO, AMORE E SCONFITTA

STORIA | 15/10/2018 | 09:32
di Gian Paolo Porreca

La vittoria di Thibaut Pinot al Lombardia di sabato, ma ancor più il secondo posto malinconicamente dolce di Vincenzo Nibali, ci hanno con naturalezza restituito una emozione doppia, ed un parallelo ciclistico ancora più convinto, perchè neppure enfatizzato dalla cifra tonda.

Pensiamo infatti al successo di Andrè Darrigade, al Lombardia del 1956, ed al suo sprint rovente che fulminò allora la speranza ultima di potere vincere una classica ancora di un Fausto Coppi, al commiato dalla gloria.

Un giovane biondo Andrè Darrigade, con quel bel nome d'arte da cinema, “Dedè”, che correva per giunta in maglia “Bianchi”, la divisa biancoceleste del primo, del primissimo Coppi…

Vittorie e sconfitte analoghe, al di là del particolare di un francese trionfante: non giovane in fondo Vincenzo Nibali, 34 anni a novembre, 37 anni invece compiuti già, il Coppi di quell' autunno infinito.

Eppure ci ha colpito, oltre ogni difformità, una diversa intimità del dispiacere, se non del dolore. La composta serenità nel non dichiararsi felice, di Vincenzo Nibali. E invece le lacrime dirotte, le vecchie immagini di repertorio al 'Vigorelli', ne grondano ancora, di Fausto Coppi. Due italiani straordinari da Lombardia: alla ricerca del terzo successo Vincenzo, ad un soffio dal sesto addirittura - incredibile - Coppi.

Ci è balzata in cuore, ma sbagliamo di certo, una diversa stagione dell'amore, in Vincenzo e in Fausto. Vincenzo, la moglie ed una figlioletta al traguardo, il senso di casa, a trasformare sconfitte in vittorie.
E Fausto, la 'dama bianca' immanente, col foulard e l'antitesi al suo mondo di bici, ad irridere il sacrificio e corrodere la regolarità di una esistenza, dal nonsenso di una berlina decappottabile…
Vincenzo, il suo presente di ciclista ed un futuro di uomo. Fausto, il suo passato di gloria e quel presente sdrucciolevole nel sentimento e incerto - certo, era il 1956 - di un futuro qualsiasi, non più il senso di casa.

Forse non era un caso, ma quel Lombardia del 1956, consegnato ad immagini e lezioni troppo intense per chi scrive e legge oggi, Fausto Coppi lo aveva corso con la inedita “Carpano - Coppi”. Una squadra che dal vermouth, quel pomeriggio, cominciò a raccontare il suo amaro.


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