L'ORA DEL PASTO. QUELLI DELLA SECONDA VITA

STORIA | 10/09/2018 | 07:55
di Marco Pastonesi

E’ – nel suo genere - una cripta, un santuario, una cappella. E’ – sempre nel suo genere – un pronto soccorso, un ambulatorio, una clinica. E’ – lo sapete già: nel suo genere – un ospizio eppure anche un asilo-nido. E’ – neppure il bisogno di dirlo: nel suo genere – un centro sociale, una casa-famiglia, una nave-scuola.


E’ una ciclofficina, e non a caso è stata battezzata Cicloriparo, dove “riparo” è sia la prima persona singolare del verbo riparare sia il sostantivo sinonimo di difesa, rimedio, protezione, soluzione. Al Porto Antico di Genova, nel Palazzo Verde di via del Molo 65, tra un’area giochi per i bambini, l’aria che sa di mare, il cielo che sa di nostalgia, la strada che sa di traffico, e lì il traffico era anche quello del mercato del pesce.


Cicloriparo è uno di quei luoghi – sociali socializzanti e forse socialisti, socievoli e societari, trattandosi di un gruppo legato un po’ alla Fiab, Federazione italiana amici della bicicletta, un po’ alla Lega Ambiente – dove la vita è rotonda come un paio di ruote appena centrate, è solidale come una borraccia piena di acqua, è ricca come una bici che ha girato il mondo, che ha esplorato la terra, che si è affacciata al mare. Qui si aggiusta e si sostituisce, si smonta e si rimonta, si lubrifica e si semplifica, si esemplifica e si rettifica, si perfeziona e ci si affeziona, forse addirittura ci si innamora, ci si innamora anche di quel sentirsi squadra senza il bisogno di indossare la stessa maglia o lo stesso cognome. Fra i cicloriparatori, anche Giacomo Revelli, autore del testo della graphic novel su Ottavio Bottecchia (Tunué), e Andrea Viola detto “il Barba” (nella foto), il Malabrocca delle corse nei dintorni.

Qui, soprattutto, si regalano una seconda (ma anche una terza, una quarta, una quinta) opportunità, una seconda (ma anche una terza, una quarta, una quinta) possibilità, una seconda (ma anche una terza, una quarta, una quinta) vita. Vecchi cancelli estratti da cantine e solai e – gratuitamente - risorti, resuscitati, restaurati per affrontare una nuova esistenza sterrata o asfaltata, viandante o stradale, solitaria o comunitaria, fuggitiva o inseguitrice. E questi viaggi poi si rivelano, si raccontano, si proiettano. In più: presentazioni di libri, istruzioni per l’uso, lezioni di guida, consigli per l’acquisto, feste di compleanno (a proposito: Cicloriparo ha già compiuto sette anni, celebrati con focaccia e Asinello, l’Asinello si beve, ma è meglio non berlo a stomaco vuoto), vendite all’asta, conferenze di ciclourbanisti, e altro. Fra cui le cicloinvenzioni, tipo “l’antifurbo” (come impedire, o quasi, la sottrazione con destrezza, a costo zero) e “la bicivitamina” (come spremere un’arancia pedalando, tempo un minuto). C’è anche una piccola biblioteca a pedali. E poi si partecipa a bicigrigliate, cicloescursioni e cicloraduni, ciclobivacchi e ciclovacanze.

Così Cicloriparo (aperto il mercoledì dalle 17.30 alle 19, il secondo e il quarto sabato del mese dalle 15.30 alle 19) è anche – nel suo genere – una scuola di sopravvivenza, un corso di resistenza, un gruppo di benemerenza. Per informazioni: cicloriparo@yahoo.it.

 

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