FROOME. «GIRO E TOUR? SI PUÒ»

PROFESSIONISTI | 31/05/2018 | 17:02
Chris Froome è stato oggi ospite nello studio di Sky Sport24 e ha raccontato le emozioni della sua vittoria all’ultimo Giro d’Italia.
 
Ti rendi conto di quello che hai fatto?
«È ancora difficile, però sì, adesso sto pensando un po’ di più alla vittoria del Giro e delle tre grandi corse del ciclismo».
 
Non avevi iniziato benissimo questo Giro.
«È la verità, dopo la caduta a Gerusalemme sentivo dolore e le mie gambe non andavano più come prima. Ho perso tempo in ogni grande tappa, continuavo ad accumulare ritardo. Nell’ultima settimana, ho iniziato a sentirmi meglio. Dopo l’ultimo giorno di riposo, ho recuperato un po’ e tenuto un po’ di energia, poi c’è stata la cronometro. Poi, il giorno del Colle delle Finestre è stato quello che ha cambiato il Giro d’Italia per me».
 
Cosa è scattato dentro di te per fare un’azione del genere?
«Quando mancavano solo tre giorni di corsa ero a più di quattro minuti di distacco nella classifica generale e ho pensato che non avrei potuto vincere il Giro facendo qualcosa di normale e avrei dovuto fare qualcosa di straordinario. Dovevo attaccare da lontano, non potevo aspettare l’ultima salita. Era un rischio, ma questo è lo sport, questo è il ciclismo».

Che emozioni hai provato sul Colle delle Finestre?
«E’ un giorno speciale che non dimenticherò mai. Nel ciclismo di oggi tutto è calcolato, programmato, è difficile che un corridore si prenda un rischio su una salita come ho al Giro. Per me questa è la cosa più bella di questa vittoria».
 
Ti piace rivedere le immagini delle tue imprese?
«Non guardo tanto indietro, sono sempre proiettato verso il futuro nella mia testa. Ieri ero di nuovo in bici, ho fatto sette ore di allenamento».
 
Fausto Pinarello ha scritto sulla bici rosa una bellissima dedica: “Grazie Chris! CCCCNCI” acronimo di “chi c’è c’è, chi non c’è insegue”.
«E’ bellissima. Fausto è una parte importante della nostra squadra, le sue bici sono davvero le migliori che esistono».
 
Quest’impresa al Giro ti ha reso più umano e meno “robot” agli occhi della gente.
«Sì, penso che alcuni abbiano sbagliato nel pensare che sono un corridore che guarda solo i dati del computer senza fare altro. Ma l’ambiente durante il Giro è stata una sorpresa per me, nel vedere la passione che la gente ha per questa corsa e non solo verso i corridori italiani, ma verso tutti gli atleti che soffrono e lottano per la corsa».
 
Hai interrotto ‘la maledizione del Giro d’Italia’, mai vinto prima d’ora dal Team Sky.
«Noi ci abbiamo provato per nove anni, ma è il giro più difficile da vincere. Il periodo, con il tempo che può cambiare velocemente, come abbiamo visto al Sappada, è un aspetto. In generale, il Giro d’Italia è una corsa più esplosiva, meno prevedibile e nervoso. Per questo è difficile da vincere, non si possono controllare tutte queste cose».
 
Hai mai pensato che fosse impossibile vincere il Giro?
«No, non ho mai pensato di mollare. Ci sono stati dei momenti in cui ho pensato che vincere fosse quasi impossibile, però non ho mai pensato di fermarmi».
 
Ti aspettavi così tanto affetto da parte della gente?
«Non credevo che sarebbe stato così tanto, è un’esperienza troppo incredibile».
 
Si può vincere Giro e Tour nello stesso anno?
«Credo sia possibile, però abbiamo visto tanti corridori che ci hanno provato ma sono arrivati al Tour senza avere poi la giusta gamba, dunque credo sia possibile ma dovremo aspettare per vedere se saprò farlo».
 
È più facile vincere il Tour de France?
«[ride, ndr] forse sì, per me sì».
 
Sei preoccupato di andare al Tour?
«No, quando andiamo al Tour abbiamo sempre pressione, anche perché siamo una squadra inglese».

Si consumano più energie sia mentali che fisiche lì?
«Rispetto al Giro sì, perché si dà ancora più importanza all’ambiente circostante. Però penso che per un atleta, quando sei in una situazione del genere, in cui devi dare tutto, pensi solo a questo e ciò che ti circonda non conta».
 
La passione per il ciclismo dove nasce?
«Sono nato e cresciuto in Africa, dove il ciclismo non è grande, non esistono tanti club dove i giovani possano correre e migliorare. Per me entrare nel mondo del ciclismo è stato molto difficile e per questo voglio incoraggiare tutti quelli che vengono da parti del mondo dove il ciclismo sembra qualcosa d’impossibile da fare. Voglio comunicare a questa gente che se uno ha il desiderio di fare una cosa dentro di se’, deve mettercela tutta per provare a farla. Tutto è possibile!».
 
Quante lingue parli, Chris?
«L’Italiano non lo parlo ancora al 100% [ride, ndr]. Dove sono cresciuto ho imparato lo Swahili come prima lingua, un po’ di Francese, poi un po’ di Africaans e l’Inglese. Poi basta. Quando sono arrivato in Italia, da professionista, sono entrato in una squadra italiana: non capivo niente! Quando uscivo con la bici per allenarmi, mettevo dieci post-it sul manubrio con parole italiane, per impararle. Alla fine di ogni allenamento facevo un test da solo per vedere se mi ricordavo».
 
Che ruolo hanno i tuoi amici e la tua famiglia mentre corri?
«Per me questa è la parte più bella, quando parlo con mio figlio e con mia moglie alla fine di ogni corsa. Però quando sei dentro la corsa è difficile avere tanti contatti. Per me è più facile concentrarmi solo sulla corsa e poi, quando torno a casa, solo sulla famiglia».
 
Qual è la cosa più difficile di questo sport?
«Per me la dieta. Vorrei mangiare di tutto, gelati, pizza, cioccolato… ma il peso è molto importante per noi. È difficile anche essere lontano da casa per 200 giorni all’anno».
 
Chi è il tuo avversario più difficile al Tour?
«Non lo so, tutti gli avversari più forti sono lì con le squadre più forti. Ce ne sono tanti, non riesco a fare solo un nome».
 
Oltre al Tour, c’è anche un Campionato del Mondo… ci stai pensando?
«È un percorso difficile, vediamo dopo il Tour se partecipare o no».
 
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