GIRI SOTTO L'ALBERO

TUTTOBICI | 20/12/2017 | 07:13
Cosa troveremo sotto l’albero? Un altro Giro Baby, più ricco e articolato. Questo è sicuramente il dono più bello che il nostro movimento ha potuto mostrare - o meglio rimostrare - in questo anno che volge al termine. Il merito è della nostra Federciclismo, in particolare però di Davide Cassani, il Ct, il coordinatore delle squadre azzurre, che ricopre questo ruolo non solo di facciata, ma la faccia ce la mette per davvero. Eccome se ce la mette. Voleva riportare alla luce la corsa rosa dedicata ai ragazzi e ci è riuscito con l’aiuto di tutti, di tanti, di molti. Dalla Federazione, appunto, a La Gazzetta dello Sport, per arrivare alla Nuova Ciclistica Placci di Marco Selleri.

Doveva essere un numero zero il Giro Baby della rinascita, invece è partito subito alla grande, da numero uno. Con un buon passo, con grande personalità e importanti sponsor che ne hanno sposato il progetto. Nel 2018 si replica e sotto l’albero troviamo una corsa anche più completa, con due tappe in più rispetto all’edizione di quest’anno vinta dal russo Pavel Sivakov.

Nove dei primi dieci della classifica passeranno professionisti, e ben sette di questi nove sono finiti in formazioni di primo livello, quelle di World Tour. Sivakov alla Sky, Hamilton (2°) alla Orica, Hindley (3°) alla Sunweb, Padun (5°) al Bahrain di Nibali, Poweless (6°) alla Lotto Jumbo, Nicola Conci (7°) alla Trek di Luca Guercilena oltre a Cherkasov (9°) alla Gazprom e Luca Raggio (10°) alla Wilier Selle Italia. Anche Matteo Fabbro, grande protagonista della “corsa rosa” prima di essere costretto al ritiro per una rovinosa caduta, passerà prof con la Katusha.

Insomma, sotto l’albero troviamo una corsa che è già diventata per il mondo del ciclismo - e dico il mondo, viste le richieste di partecipazione che sono arrivate e stanno arrivando -, un punto di riferimento. Un prologo e nove tappe (tre giornate in più di corsa) con partenza giovedì 7 giugno da Forlì con un cronoprologo serale (partenza dal velodromo Servadei) e conclusione sabato 16 giugno in Veneto con una crono di 23 chilometri. La seconda tappa per velocisti: da Riccione a Forlì. Poi da Nonantola (sede della gloriosa Giacobazzi per la quale gareggiarono fior di campioni, da Cassani a Pantani) verso la Lombardia, prima Bergamo e poi Darfo Boario Terme. In questa edizione saranno toccate quattro regioni, con i momenti clou disseminati sulle strade che puntano il cielo di Trentino e Veneto. Nessun giorno di riposo, 1300 i chilometri in programma. 28 squadre al via composte da 6 corridori, delle quali 16 saranno italiane e 12 straniere. Sotto l’albero ritroviamo tante tonalità di rosa, per far crescere il ciclismo azzurro.

LA STRISCIA DI GAZZA. Dal Giro delle speranze al Giro della speranza. La “corsa rosa”, presentata qualche giorno fa a Milano, avrà anche il compito di portare in giro per il mondo un messaggio di pace, di tolleranza e accoglienza. Il Giro è da sempre una manifestazione aggregante e condivisa: quest’anno lo sarà anche di più. Si parte da Gerusalemme, molto probabilmente con il team Israel Cicyling Academy, la prima squadra professionistica d’Israele. Un team che vuol tenere alto il nome di un Paese intero, e cercherà di farlo avvalendosi del contributo di 24 atleti provenienti da 16 nazioni, cinque continenti e quattro religioni. Se l’Academy è la squadra del dialogo, il Giro sarà la corsa della Pace e della memoria. Gino Bartali su tutti, visto che dal 2014 è “Giusto tra le nazioni” per il ruolo avuto e ricoperto nel salvataggio di molti ebrei sotto il nazifascismo.
La corsa rosa andrà a trovarlo, allo Yad Vashem, fino alla collina dove si trova il Memoriale. E non mancherà di fare tappa al museo che racconta la deportazione e l’abisso della Shoah. E poi una sosta davanti al muro dei Giusti, dove spicca anche il nome di Bartali, assieme ad altri uomini di primaria grandezza. Ma sulla nostra corsa sono già arrivate le prime critiche, i primi appelli e probabilmente sarà accompagnata da mille e più problemi.

Sono più di centoventi le organizzazioni per i diritti umani, sindacati, associazioni per il turismo etico, gruppi sportivi e religiosi di oltre 20 Paesi che hanno reso pubblico un appello internazionale che invita gli organizzatori della “corsa rosa” a spostare la sua Grand Depart da Israele a causa delle gravi e crescenti violazioni del diritto internazionale e dei diritti umani dei palestinesi.

Tra questi l’illustre linguista Noam Chomsky, gli eminenti giuristi John Dugard e Richard Falk, lo scrittore e drammaturgo Moni Ovadia, gli europarlamentari Eleonora Forenza e Sergio Cofferati unitamente a Luisa Morgantini, già vice presidente del Parlamento Europeo, sono tra i firmatari dell’appello. L’argomento è certamente delicato e complesso ma lo sport, da sempre, è veicolo di pace e messaggi positivi. Vorrei che questi grandi personaggi della terra non innalzassero muri, ma sfruttassero il ponte di pace che la corsa rosa offre anche in questa occasione. Il Giro è un momento di competizione sportiva e confronto culturale. Basta barriere, basta confini, basta soprusi. La striscia di Gaza rappresenta un territorio palestinese confinante con Israele ed Egitto, popolato in gran parte da rifugiati palestinesi. Ancora oggi è al centro del conflitto israelo-palestinese, e di ripetute guerre. Il Giro nei suoi 100 anni di storia ha fatto molto: unendo e pacificando. L’augurio di chi ha a cuore lo sport, e il ciclismo in particolare, è che la corsa della Gazzetta come una stella cometa possa lasciare dietro di sé una benefica e salubre coda, una sorta di “striscia di Gazza”, che ospita solo pace.

Pier Augusto Stagi, editoriale da tuttoBICI di dicembre
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