L'ORA DEL PASTO. LE BICI DI VIVIAN

STORIA | 12/09/2017 | 07:21
Palazzi, grattacieli, scantinati. Uomini, donne, bambini. Viali, marciapiedi, vetrine. Senzatetto, turisti, pendolari. Palloncini, fiori, gelati. Marinai, poliziotti, suore. Auto, moto, carrozzine. E bici.

Abitanti della strada. Visti di fronte, di spalle, dall’alto, da vicino e da lontano.
Visti e seguiti, accompagnati e colti, per un attimo, per sempre. Fotografati, ritratti, immortalati. Senza preavviso, senza sorriso. Così com’erano. Amen.

Vivian Maier era una bambinaia, ma per New York e Chicago, dove abitava e lavorava, girava con la macchina fotografica – una Rolleiflex - e scattava. Una coppia di anziani che si tengono per mano, un giornalaio che fa capolino dall’edicola, una prostituta e un pagliaccio a testa in giù fuori da un locale di spogliarello. Una donna con una pelliccia di volpe al collo, una donna con la veletta, una donna con la sigaretta in bocca e una scatola di fiammiferi in mano su una spider. E bambini: un bambino che succhia la Coca-Cola con la cannuccia, una bambina che dà la mano a una donna, forse la mamma, forse un’altra bambinaia, una bambina che fissa l’obiettivo come lanciando una sfida.

Statunitense, nata a New York nel 1926 e morta a Chicago nel 2009, Vivian Maier collezionava figurine di baseball e distintivi dei politici, apribottiglie e calzascarpe, e fotografie. Non era una fotografa di professione, ma delle fotografie faceva il suo diario personale, la sua agenda privata, il suo blog segreto, la sua grammatica muta, la sua mappa umana. Scattava per censire, documentare, ricordare, raccontare. Ritraeva forse anche per guardare, scoprire, studiare, collezionare. Come con le bici: nascoste, spuntano; coperte, emergono; non è detto che quello in secondo piano sia di secondaria importanza; non è detto che il particolare non dia senso al generale.

Centoventi fotografie in bianco e nero degli anni Cinquanta e Sessanta
– più un filmino in 8 millimetri a colori – sono state selezionate per “Una fotografa ritrovata”, la mostra di Vivian Maier al Palazzo Ducale di Genova (fino all’8 ottobre, da martedì a domenica ore 10-19, ingresso 3-5-8-10 euro). E c’è anche lei. Riflessa in una vetrina, in uno specchio, in una lente, perfino negli occhi di un ragazzo nero. Lei così seria, silenziosa, immobile, impenetrabile. Lei che non avrebbe mai immaginato di essere esposta in tutto il pianeta: un archivio di 100 mila foto accatastate in scatoloni e scoperte casualmente. Sempre che il caso esista.
 
Marco Pastonesi
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