STORIA | 29/08/2017 | 07:36 C’era una Vuelta una cronoscalata, ma il ciclismo questa volta non c’entra. La salita è quella che conduce al castello di Caravaca, è lunga giusto ottanta metri ma si porta dietro una storia di secoli. A correre sono quattro uomini per volta, corrono di fianco a un cavallo finemente bardato con drappi colorati e ricamati a mano, costosi come gemme preziose. E’ un lampo: cavallo e corridori fendono la folla che si apre all’improvviso per lasciarli passare e di colpo si richiude su se stessa quando tutto è finito. Un lampo che si ripete sessanta volte, tante quanti sono i concorrenti della carrera de los caballos del vino. L’unica vera corsa che stia a cuore agli uomini e alle donne di Caravaca, la città della Murcia da dove questa mattina ripartirà la Vuelta dopo il giorno dedicato al riposo.
La storia della corsa parte da lontano. Raccontano che nel 1231 Abu Zeid, il re musulmano che governava questa terra, chiese ai cristiani prigionieri del castello quale fosse il loro mestiere. Uno di loro disse: sono un prete, il mio lavoro è celebrare la messa, e durante la cerimonia pane e vino si trasformano nel corpo e nel sangue di Cristo. Abu Zeid era curioso, chiese al prete di fargli vedere questo miracolo, però dentro la moschea. Il prete accettò. Mentre stava per cominciare il rito, però, si fermò all’improvviso. Non posso dire messa, confessò al re musulmano, non ho il crocifisso. Intanto pregava Gesù che venisse in suo aiuto. Abu Zeid si sentì preso in giro, e minacciò di uccidere il prete e gli altri prigionieri di Caravaca. Proprio in quel momento da una finestra entrarono due angeli, che tenevano in mano una croce e la posarono delicatamente sull’altare. Commosso dal prodigio a cui aveva avuto il privilegio di assistere, il re musulmano chiese al prete di convertirsi, e tutta la sua corte lo seguì. Per i cristiani fu così un gioco da ragazzi riconquistare la città.
La carrera de los caballos del vino rappresenta quella battaglia, ogni anno al principio di maggio. E per vincerla i quartieri di Caravaca - che oggi si chiama Caravaca de la Cruz ed è una città santa del Cristianesimo - spendono cifre folli, fino a cinquantamila euro per i drappi ricamati di un solo cavallo. Quest’anno la cronoscalata l’ha vinta Ansemil, per la terza volta di seguito, coprendo gli ottanta metri di salita in 8,05 secondi. In fondo alla salita, all’ingresso del castello, c’è la statua in bronzo di un pellegrino che va alla città santa. In bicicletta.
Sacro e profano come sempre si confondono. Secondo la tradizione cristiana, i frammenti della croce di Caravaca sono pezzi della vera croce che Sant’Elena trovò sul Golgota e che divise in tre parti: una la lasciò a Gerusalemme, le altre due le portò a Roma e a Costantinopoli. Da una città santa alle altre, nel 2018 il Giro d’Italia partirà da Gerusalemme per arrivare a Roma, ormai non è più un segreto.
Decima tappa, Caravaca de la Cruz-ElPozo Alimentacion, km 164,8. Se siete lì, assaggiato lo zarangollo, specialità murciana a base di uova e verdure.
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