STORIA | 23/01/2017 | 07:19 "Non ho detto niente a nessuno e sono partito", dice Daniele Mosna, fotografo professionista, è fresco di rientro da un viaggio di circa due mesi in America Centrale: Messico, Honduras, Belize e Guatemala le tappe principali del suo itinerario in solitaria nel cuore del nuovo mondo.
"Il Messico - continua - in particolare è sempre stato il sogno di una vita e ho sempre voluto approfondire meglio la cultura Maya e lasciarmi conquistare da un tourbillon di colori".
Daniele Mosna, classe 1981, è figlio d'arte e si è appassionato alla fotografia fin da piccolo seguendo le orme paterne di Remo, quindi "ho continuato a studiare il mestiere a scuola e lungo il mio percorso da fotografo freelance ho trovato colleghi come Lucio Tonina, Romano Magrone e Giovanni Cavulli: figure preziose che mi hanno aiutato a migliorare e mi hanno insegnato alcuni trucchi per affinare la tecnica".
Dopo 13 anni ininterrotti sul campo fra eventi sportivi, agenzie nazionali, quotidiani locali e paesaggi di montagna, Mosna ha preso una pausa "per rivitalizzare la carriera, cercare nuovi stimoli e imparare ulteriormente il mestiere. Le storie da raccontare sarebbero tante".
Il Messico, la seconda economia dell'America Latina, si colloca fra i principali esportatori di petrolio, ma la prosperità resta un sogno e il gap socio-economico è forte. Le periferie e le aree rurali soffrono della presenza di baraccopoli e delle rotte della droga. Ha avvertito questa sensazione nel lungo periodo messicano? "Si tratta di un paese dai mille volti, ma in linea generale in America ho visto tanta povertà e tante case fatiscenti costruite in lamiera. Si possono vedere luoghi turistici molto opulenti e allo stesso tempo bambini sfruttati dai genitori per vendere ai turisti acqua, succhi, frutta e galline vive. Se si ha la fortuna di nascere nei pressi di qualche oratorio oppure parrocchia, la vita del bambino può migliorare, altrimenti è in qualche modo segnata alla sopravvivenza. Ho conosciuto inoltre un paese molto religioso e credente. Quasi per caso sono capitato nel periodo del Festival della Madonna: una settimana di processioni senza sosta da mattina a sera, un'esperienza molto bella e allo stesso tempo toccante. Il Messico mi resterà nel cuore: mi sono innamorato in particolare del Chiapas: una regione che ricorda molto il Trentino per le montagne, ma la marcia in più è dettata dall'incredibile contrasto di colori".
Nel frattempo il neo presidente americano si è insediato ufficialmente alla Casa Bianca, come hanno vissuto i messicani questo avvenimento? "La vittoria di Donald Trump ha confuso il Messico e temono effettivamente un cambio di rotta della politica americana: a Merida ho assistito anche allo sciopero dei tassisti per il costo della benzina aumentato a 1 dollaro al gallone. Ho avvertito in questo paese una grande paura verso l'immigrazione e non si può far a meno di notare tanti corpi delle forze armate girare in strada per assicurare e garantire l'ordine. In generale in Messico ho sentito una grande diffidenza verso gli americani: sono visti come arroganti per il loro atteggiamento di superiorità e perché varcano il confine esclusivamente alla ricerca di droga".
Durante il viaggio si è spostato in quattro paesi, ma non sempre è filato tutto liscio. I controlli sono molto stretti e forse noi europei non siamo più abituati e il consiglio è non girare dopo il tramonto. "Confermo, i controlli al confine sono strettissimi e puoi essere fermato alla dogana anche per oltre un'ora. A proposito delle ore notturne, ho vissuto questa sensazione di pericolo soprattutto in Guatemala e Belize. Nel primo paese sono stato scortato direttamente dal pullman all'ostello. Dopo 12 ore di viaggio stavo finalmente raggiungendo il Guatemala nelle ore notturne e il conducente del veicolo mi ha confermato che è davvero pericoloso aggirarsi nelle ore serali in paese e allora, una volta individuato l'ostello, il pullman mi ha accompagnato a passo d'uomo fino a quando non ho superato la soglia della struttura ricettiva, illuminando il tragitto. Un'altra fotografia che ricordo con un misto fra divertimento e preoccupazione è il trasferimento in barca fra il Guatemala e il Belize. Il nostro capitano ha riempito alquante taniche di benzina e quindi siamo partiti alla volta del Belize. Dopo aver navigato qualche miglia, l'imbarcazione si è però fermata mezz'oretta in un porto perché il conducente doveva fare la spesa. I pit-stop non sono terminati: in mare aperto ci ha chiesto i passaporti prima di terminare la tratta e concludere il viaggio. Il Belize, un paradiso per le immersioni, è una ex colonia britannica e sulle banconote si trova ancora l'effige della regina". Il capodanno in Honduras? "In Honduras mi sono fermato molto poco e non sono riuscito a vedere molto. Ricordo che ho ricevuto molti messaggi di auguri di buon anno: ho ringraziato ovviamente tutti, ma personalmente mi trovavo ancora fra l'orario dell'aperitivo e della pennichella dopo pranzo, una sensazione strana".
Ritorniamo in Messico, dove ha conosciuto anche Alex e Lulu, una giovane coppia francese. "Alex e Lulu sono dei ragazzi che si trovano in Messico a metà fra vacanza e lavoro. Sono lì per girare un documentario sui gruppi musicali locali e sono membri di un'associazione culturale francese. Dopo aver scambiato alcune chiacchiere, hanno visto le mie immagini scattate durante il viaggio: mi hanno proposto di organizzare una mostra fotografica in Francia, invito che ho prontamente accettato. Siamo in contatto e il periodo individuato è quello di fine estate oppure inizio autunno".
Luca Andreazza, da ildolomiti.it foto di Daniele Mosna
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