MARIO CIPOLLINI: SAGAN, POZZATO, NIBALI E QUELLE RUOTE
PROFESSIONISTI | 11/10/2016 | 11:30 Se per tre giorni Alessandro Petacchi è stato per gli azzurri di Davide Cassani un grande e prezioso docente in materia, Mario Cipollini è il Magnifico Rettore dell’università del velocismo mondiale. Non potevamo esimerci dal sentirlo, dal contattarlo alla vigilia di una sfida nel deserto che avrebbe solleticato - e anche di molto - la sua fantasia e le sue fibre rosse.
Mario, come va? «Bene, molto bene. Pedalo, vado in giro e progetto le mie biciclette con grande passione: devo dire che la cosa mi piace sempre di più».
Ti sarebbe piaciuto anche correre questo mondiale… «Sarebbe stato adatto alle mie caratteristiche, ma quello che avevo da dare in bicicletta l’ho già dato, non ho più questo tipo di richiamo».
Come vedi questo mondiale nel deserto? «Il caldo non sarà un problema, il vento sì. E noi italiani dobbiamo sperare nel vento, perché solo con una corsa rotta possiamo inventarci qualcosa. Per il resto vedo tanti corridori che si nascondono».
In che senso? «Nessuno si prende la responsabilità. Tutti i più forti velocisti stanno recitando la parte di quelli che non hanno una condizione ottimale. Manca una squadra di riferimento, come è stata la nostra a Zolder. Lì di storie non ce n’erano: la squadra da battere era la nostra e l’uomo da tenere d’occhio ero io».
Chi sono i tuoi favoriti? «Dopo la cronosquadre mi ha impressionato Marcel Kittel. Non si corre a 54 all’ora se non si ha una buona condizione. E lui non ha solo corso ma ha contribuito fattivamente al successo della sua Etixx Quick Step. Ecco, altro aspetto da tenere presente: ma lo sapete che domenica gli Etixx in corsa saranno 13? Se non ho sbagliato i conti saranno un bello squadrone. Tornando ai favoriti, ci metto anche Tom Boonen, che ha esperienza e sa prendere il vento in faccia. E poi quel fenomeno di Peter Sagan: lui può fare tutto, perché è il migliore. Bisogna solo vedere se domenica sarà anche il più forte».
E la nostra Italia? «Una buonissima squadra. Abbiamo gente esperta e forte, da Quinziato a Oss, passando per Bennati e Trentin per arrivare a Sabatini e Colbrelli. Non ho solo capito la convocazione di Pozzato…».
Pozzato non ti piace? «Pozzato è stato un ottimo corridore, è un ragazzo di una simpatia unica e ha tutta la mia considerazione, ma ha fatto il suo tempo. Non penso di offenderlo se dico che il vero Pozzato non c’è più da tempo. Dico una cosa di un’ovvietà disarmante, quindi come riserva avrei portato un ragazzo giovane, per fargli fare esperienza. Tutto qui».
Squadra forte con due punte: Viviani e Nizzolo. «Sono due ottimi corridori, ma non sono pesi massimi. Anche qui non dico nulla di clamoroso: non abbiamo un uomo vincente. Se tutto va secondo logica siamo da quinto posto in giù. Però le corse si corrono perché ognuno può dire la sua. Su chi puntare? Questo spetta a Davide (Cassani, ndr), ma i due si equivalgono. Lo ripeto, se ci fosse vento e la corsa si spezzetta abbiamo diverse armi interessanti, da Trentin a Colbrelli. Ma anche e soprattutto Nizzolo».
Abbiamo forse il treno più forte, ma corriamo il rischio di tirare la volata agli altri… «Questo è chiaro».
Non è meglio puntare nel finale su più soluzioni: Nizzolo, Viviani, Trentin e chi ne ha fa la propria volata sulla ruota degli uomini più accreditati? «No, è un mondiale ed è giusto che Davide dia alla squadra un’immagine forte e coesa. L’Italia non è favorita ma da questa sfida iridata è bene che ne esca con un’immagine di Squadra».
Secondo te chi è stato l’uomo dell’anno? «Peter Sagan: è stato semplicemente fenomenale. Ma se non fosse caduto a Rio, Vincenzo (Nibali, ndr) sarebbe stato in scia dello slovacco. Però certi errori si pagano».
Quali errori? «In verità l’errore è stato uno. Vincenzo ha corso la prova olimpica con un paio di ruote molto belle e performanti, ma diverse da quelle che è solito usare con il suo club di appartenenza. Conosco entrambi i prodotti, buonissimi ma con caratteristiche molto differenti, che richiedono guidabilità diverse. Quella sbandata è frutto di una minore sensibilità nella guida. Capita di commettere degli errori, è umano, ma è stato un vero peccato vederlo a terra a soli 6 km dal traguardo. Vincenzo era il più forte di tutti e l’oro in quel momento della corsa non glielo avrebbe tolto più nessuno».
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