
Se Remco Evenepoel è stato il più veloce nella cronometro di domenica scorsa, nell’ultima pagina dei risultati di gara, scendendo fino all’ultima riga, troviamo Jalal Edward, rappresentante del Sud Sudan. Ultimo, ma non ultimo, perché Jalal per il suo Paese è un autentico eroe e anche se si è classificato 54° e ultimo, a 43 minuti e 18 secondi da Remco Evenepoel, per lui la cronometro mondiale è stata la realizzazione di un sogno. Jalal Edward, ha impiegato quasi il doppio del tempo del belga per completare i 40,6 chilometri della cronometro ed è stato superato da 12 corridori partiti tutti dopo di lui.
Ma questa non è stata vista come una sconfitta, ma come una conquista, perché Edward ha fatto vedere i colori del suo Paese in tutto il mondo.
Jalal - che è nato il 10 ottobre del 2000 - non ha gareggiato con una bici da cronometro e non era il solo domenica scorsa che in sella a una bicicletta tradizionale vecchia di oltre dieci anni e neanche tutta in carbonio, ha visto sfrecciare davanti a sé bici che costavano decine di migliaia di euro, una cifra che Jalal e tanti altri non riescono neppure a immaginare.
Questo è uno di quei contrasti che riflette chiaramente il ritardo di molti paesi africani in termini di equipaggiamento, supporto e sviluppo. Ma i Campionati del Mondo in Ruanda servono anche a questo: permettere ai corridori con meno mezzi, di prendere il via in una gara accanto ai migliori corridori del mondo. Ma non c’è solo questo aspetto e tra le analisi, questo confronto serve a rilevare il divario che ancora separa l’Africa dall’Europa o l’America per poi cercare di ridurlo.
Purtroppo, come spesso accade, questo è accompagnato da qualche sarcasmo e anche quella bici vecchia ha suscitato qualche risata tra i partecipanti. Ma Jalal Edward può stare tranquillo, perchè anche Tadej Pogacar è stato superato domenica e questo non gli impedisce di essere il miglior ciclista del mondo.
Guardando le liste di partenza, per la prima volta vediamo tanti corridori africani e se questo mondiale si fosse disputato in qualsiasi altro continente probabilmente molte nazioni non avrebbero avuto la possibilità di partecipare per mancanza di fondi. I Paesi africani in gara sono ospitati quasi tutti insieme e alloggiano a Bugasera, nel centro UCI, dove ci sono tante scuole, sovvenzionate da nazioni europee. La sera i ragazzi si incontrano e raccontano le loro esperienze con gli occhi illuminati e pieni di speranza, perché hanno visto Pogacar ed Evenepoel. Nei piccoli villaggi, i loro parenti vanno nei bar per vedere la gara, con la speranza di riconoscere il proprio figlio o fratello, che ha avuto la possibilità di correre in Ruanda.
Questo è l'aspetto di cui bisogna tener conto: quando vengono intervistati, gli allenatori delle nazioni africane raccontano di un’avventura incredibile, ma allo stesso tempo rivelano come sarebbe bello che qualcuno donasse loro qualche bici, a loro non interessa che sia nuova e qualunque bici usata è sicuramente più recente e sofisticata rispetto al miglior pezzo che hanno portato a Kigali.
Jalal Edward è arrivato ultimo, ma per il suo Sud Sudan quel piazzamento ha lo stesso sapore di una vittoria importante.