
La vittoria di Filippo Conca e lo strapotere degli Swatt Club sono stati come un pugno allo stomaco per tutti. Non è stata una semplice vittoria, non è stata solo l’assegnazione di una maglia tricolore, ma dietro c’è quello che da anni e in questi giorni i ragazzi di Carlo Beretta vanno dicendo: il ciclismo italiano va rifondato, va rivisto radicalmente. Questo format è sorpassato e stantio. Questo l’ha detto il neo campione italiano giù e su dal podio. Questo è stato raccontato da Beretta, Brambilla e Gaffuri sul nostro podcast e non solo.
Gli Swatt club sono un movimento culturale, una “critical mass” ante litteram, che ha messo non solo le mani, ma anche i piedi nel piatto, gridando al mondo la pochezza del nostro movimento professionistico. La reazione delle istituzioni è stata entusiastica. Per la serie: sì, dai, datemi ancora dei ceffoni. Ricopritemi di improperi. Fate di noi quello che volete: siamo degli idioti, ma voi ce lo dite benissimo.
In questa storia c’è tutto: le voci che vogliono Filippo Conca che avrebbe dovuto fare 5 punti per poter correre, ma essendo ex-professionista ha assolutamente diritto di partecipare anche senza punti. Poi c’è il presidente federale che a Claudio Ghisalberti di Malpensa24 dice che per la questione dei punti deve rivolgersi alla Lega, che è vero che ne ha la titolarità organizzativa, ma non quella regolamentare, visto che i punti sono gestiti direttamente dalla Struttura Tecnica Federale.
Insomma, siamo al delirio. Invece di mettersi attorno ad un tavolo, la Federazione ha pensato bene di togliere tavoli e personale (i fratelli Piccolo, assunti dalla federazione da anni e prestati alla Lega) e lasciare Pella con il cerino in mano, ma senza una cucina e nemmeno i fornelli.
Siamo ai dispetti, quando invece ci sarebbe da trovare la forza di fare un passo in avanti, per provare a capire, magari chiamando anche in causa i ragazzi e i dirigenti della Swatt Club per comprendere quello che hanno in mente e valutare con uomini di esperienza e di conclamata capacità (Saronni, Mauro Vegni, Davide Goetz, Luca Guercilena, Fabio Vegni, Stefano Piccolo, Ivan Basso, Antonio Bevilacqua e via elencando) le indicazioni che questi ragazzi domenica hanno dato. Sono solo dei folli esibizionisti e magari anche bari? Questo non lo so, spero di no, perché a rimetterci saremmo tutti, ma di sicuro vanno ascoltati.
Noi in questi giorni lo stiamo facendo e credo che questo andrebbe fatto da tutti, in primis da Cordiano Dagnoni e Roberto Pella, che dovrebbero provare ad avvicinarsi, per comprendere quello che questi ragazzi hanno da dirci e provare poi a fare sintesi, per trovare una via d’uscita, per il bene di tutto il movimento.
Tra le tante interlocuzioni avute in questi giorni, c’è anche chi mi ha chiaramente detto che la colpa è di noi giornalisti, che tacciamo, che non prendiamo posizione, adducendo il fatto che loro – i team - non possono farlo perché altrimenti rischiano di uscire definitamente dal circus. Insomma, il coraggio differito, dato per delega. Noi dobbiamo lottare per la verità, ma qui c’è troppa gente che continua a non raccontarcela giusta.