IL GIOCO DI SPORT vs SPORT

TUTTOBICI | 26/03/2024 | 08:12
di Gian Paolo Ormezzano

Quanto qualcuno va forse benevolmente a leggere è un giochetto aperto e non facilmente chiudibile, magari un bel po’ delirante: faccio peccato a proporlo?


Domanda d’avvio, comunque: gli sportivi - e intendo specialmente l’élite di essi, i campioni - si stimano fra di loro, voglio dire nel loro interno, nella loro vasta consorteria? O si invidiano? E se si invidiano, è per via delle dif­ferenze di guadagno, delle differenze di popolarità, delle differenze di fatica...? E quanto con­ta, pesa, deforma lo straordinario afflusso allo sport di denaro, specie quello attualissimo, denaro da  petrolio, denaro d’Arabia?


In attesa (infinita?) che si capisca qualcosa di definitivo in questo afflusso, che si individuino e ana­lizzino bene i passaggi e il mo­mento aureo decisamente storico, penso sia divertente, onesto, interessante anche soltanto giocare al gioco dei campioni di uno sport “contro” i campioni di un altro, in un confronto che coinvolga i personaggissimi pubblici ed il loro ruolo di trascinatori di platee e magari anche di popoli, immaginandoli in gara nell’immenso stadio del professionismo, dei guadagni smodati, del flirt con gli arabi. In altre po­verissime parole: i grandi incassi, per sé o per altri, dei calciatori e dei loro collocatori (gli agenti) generano partite speciali, match sul piano della concorrenza in fatto di popolarità, dell’invidia in fatto di guadagni? Pogacar invidia Cristiano Ronaldo? Ma sia­mo sicuri che Cristiano Ronaldo sappia chi è Pogacar? O che sappia dove è la Slovenia? Una volta a Torino seguii e per qualche aspetto anche organizzai un ag­ghiacciante incontro pubblico tra il francese Platini calciatore trionfante della Juventus e il bel­ga Maertens, ciclista al tramonto, ex campione del mondo, un tipo balzano, recuperato e messo sot­to contratto da una firma italiana di giocattoli. I due si annusavano senza amicizia, balbettavano de­primenti luoghi comuni, la co­mune conoscenza del francese proprio non li aiutava, sembravano di due mondi lontanissimi e forse era proprio così. Il loro cortissimo dialogo fu imbarazzato, imbarazzante, quasi penoso.

(Parentesi: pare che il ciclismo quasi tutto, e parlo sempre di professionismo, pure lui si dia adesso al petrolio d’Arabia, nel senso però che “usa” soltanto le strade arabe per squallide gare senza pubblico e allenamenti sen­za pioggia. Ma non c’è proprio niente di meglio sotto altri soli?).

Torno al giochetto di sport vs sport. Vado at random, alla rinfusa (ecché, non posso inglesizzare pure io?). Una curiosità: penso che tutto il mondo dell’atletica, cioè il mondo storicamente più nobile dello sport, spesso capace di aristocraticamente autoesentarsi da confronti sul piano materiale, invidii al ci­clismo soltanto quel fenomeno cul­turale che è il Tour de Fran­ce, non osando e magari non vo­lendo invidiare niente al calcio, troppo distante con le sue stelle, i suoi pianeti, il suo sistema solare.

Da sempre, poi, mi sembra ci sia uno sport che vive di suo, del suo, che ha da tempo individuato certe sue Arabie, e si chiama, questo sport, tennis. ll tennista celebre non mi pare coinvolgibile da nessuna parentela, nessuna affinità, nessuna consorteria e nessuno rivalità con altri campioni. Ha il suo mondo vecchio e aristocratico, se lo gestisce sempre ad alti livelli (la Coppa Davis e ancor più il Grande Slam). Va­do avanti: lo sci, che pure po­trebbe avere ed ha campioni speciali, è operante secondo una geo­grafia limitata quanto ad aree del pianeta e patisce una “vita” di pochi mesi ogni anno.

La stessa Olimpiade, ora appetita organizzativamente dagli arabi (uffa), non è terreno di collegamento fra i campioni di tanti sport, ad onta del teatrino del villaggio olimpico, dove ormai sostano gli atleti, le squadre, le rappresentative che non possono permettersi i grandi alberghi e i posti speciali anche sino all’imminenza della gara. E poi l’Olim­piade patisce nel suo cartellone la presenza limitata, quasi ridicola del calcio, che evita più che può di arricchire con i suoi contributi massimi il mondo dei Giochi, dove manda spesso la sua, diciamo, serie B.

Provo a completare  e comunque ad ampliare questa mia visione dello sport a grandi macchie di grandi leopardi in lotta fra di loro. Il pugilato professionistico ha territori suoi, un po’ come il tennis, poi ci sono sport di genesi e diffusione speciale troppo speciale. Si pensi al cricket che si accaparra quell’immensa India che ha tolto alla Cina il record mondiale di popolazione (ma lo Sri Lanka sua appendice per op­porsi o almeno distinguersi dai possenti vicini crickettari ha buffamente proclamato la pallavolo sport nazionale!), si pensi al ba­se­ball e al basket ora di popolo ora di nicchia, al golf a cui tutti invidiano gli alti guadagni ed il basso tasso di fatica, al football americano che vive quasi di solo Superbowl. Forse mai lo sport è stato così diciamo disunito, sparpagliato, frastagliato e intanto così ricco, diffuso, conosciuto se non praticato. Il ciclismo, che pu­re in una certa Europa sino a pochi anni fa spadroneggiava co­me popolarità, ora patisce eccome il calcio ma conquista tutte le Americhe.

Ecco, mi sembra, nel mio piccolissimo, di avere consegnato ai lettori una patata bollente ma nu­triente, con varie salse. E in chiusura di questa avventura dentro al nuovo sport che magari ingloba sempre più cose ma intanto mi pare sempre meno, come dire?, sportivo nel senso vasto e nobile dell’aggettivo, propongo anche l’apertura di un altro giochetto sul secondo sport di tanti campioni. Sinner era ottimo promettentissimo sciatore alpino, Moser era un velocissimo pattinatore sul ghiaccio, Merckx doveva fare il calciatore sulle orme dell’amico connazionale belga Vam Himst, Pietrangeli era un talentuoso calciatore prima di diventare un tennista fortissimo… E gli sloveni ed i croati dovevano fare gli jugoslavi e nessuno immaginava che, oltre che cestisti e pallanuotisti da urlo e calciatori bravi, potessero essere anche grandi ciclisti.

da tuttoBICI di marzo

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