L'ORA DEL PASTO. LE OBIKE E LA FORZA DELLA NATURA

NEWS | 28/11/2021 | 07:50
di Marco Pastonesi

Dimenticate, abbandonate. Rubate, sequestrate. Vandalizzate, martirizzate. Decapitate, mutilate. Imprigionate a pali e cancelli, gettate in giardini e cassonetti. Annegate nelle acque del Tevere, sepolte in una discarica abusiva.


Che fine hanno fatto le oBike a Roma? Gian Michele Montanaro, in sella a una Graziella (salvata in perfetto stato in un’isola ecologica), piccola fotocamera compatta in mano, poi con gli occhi e il cuore ha girato la città (per la città, con la città) a cercare e ritrovare, documentare e testimoniare le biciclette di quel sistema di condivisione senza stazione, nato a Singapore e arrivato anche in Italia, diffuso a Roma e poi defunto per il fallimento della società originaria e quindi finito a pezzi, a brandelli.


E’ così nato “Sedimentazioni” (Crowdbooks, 80 pagine, 23 euro, la ricerca risale al 2019, la pubblicazione al 2020, il ritrovamento di questa copia in un book crossing nel 2021), un reportage fotografico di 69 scatti a colori, e di tutti i colori, dal Circo Massimo allo Stadio Olimpico, da una cabina telefonica a una stazione della metropolitana, dal Pigneto ai Parioli, dall’Auditorium a Centocelle, dal Quartiere africano alle Mura Aureliane, sotto i ponti e nel fiume. Quelle bici gialle, grige e nere, imparentate. Come sorelle separate, smarrite, sparite. Come sorelle spezzate, sbranate, sbriciolate. Come sorelle macerate, rovinate, terremotate.

Ma “Sedimentazioni” (“di un fallimento facilmente calcolabile”, come aggiunto nel sottotitolo) non è un atto di denuncia, protesta, ribellione. Nasce invece come ricerca della verità, “le bici oBike nascono inadatte, quindi non ‘organologicamente’ mirate a una città come Roma perché frutto di uno dei tanti business della new economy”, “economia su piani internazionali”, “il gioco di sempre del commercio”. Ed è diventato, strade esplorando, “il piacere di difendere la mia città”. L’impressione dello spreco, comunque, rimane. Ma il lieto fine, forse, c’è. E sta nella foto di copertina, la settantesima, o la prima. Una bicicletta catturata dai rampicanti, avvinta dalle erbacce, adottata (e adattata) dalla natura. La forza della natura.

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